Diabete di tipo 2, ertugliflozin riduce di un terzo i ricoveri per scompenso cardiaco secondo i dati dallo studio VERTIS CV appena presentato
Arrivano dall’80esimo congresso dell’American Diabetes Association i dati dallo studio VERTIS CV (eValuation of ERTugliflozin effIcacy and Safety CardioVascular) che ha valutato l’efficacia e la sicurezza cardiovascolare (CV) di ertugliflozin, nuova opzione terapeutica nella classe degli SGLT2 inibitori.
Lo studio ha coinvolto oltre 8.200 diabetici con malattia cardiovascolare accertata di cui il 23,7% con scompenso cardiaco, il numero più elevato mai arruolato in studi di questo tipo.
I pazienti inclusi nello studio sono stati assegnati a caso per ricevere una volta al giorno ertugliflozin 15 mg, ertugliflozin 5 mg o placebo. In seguito alla randomizzazione, i pazienti sono stati seguiti per un massimo di 6,1 anni per valutare il tempo necessario alla prima comparsa di importanti eventi cardiovascolari avversi. I risultati cardiovascolari di interesse per lo studio hanno incluso la morte cardiovascolare, l’infarto miocardico non fatale o l’ictus non fatale.
Dall’analisi, i risultati hanno indicato che i pazienti che ricevevano ertugliflozin avevano tassi di morte cardiovascolare, infarto cardiaco o ictus simili a quelli che ricevevano placebo. In particolare, l’esito primario si è verificato nel 11,9% dei pazienti del gruppo di ertugliflozina e nel 11,9% del gruppo placebo (P <,001 per la non inferiorità).
E’ sullo scompenso cardiaco che si sono osservati i dati più interessanti. I risultati dello studio Vertis CV hanno dimostrato che ertugliflozin esplica un’azione protettiva in termini di riduzione del rischio relativo di ricovero per scompenso cardiaco, che è diminuito del 30%. Complessivamente, il 2,5% dei pazienti che assumevano ertugliflozin a qualsiasi dose e il 3,6% dei pazienti con placebo hanno sperimentato il ricovero per insufficienza cardiaca, con un rapporto di rischio di 0,70.
Non ci sono state differenze tra i gruppi per quanto riguarda l’endpoint renale composito, ma la valutazione del cambiamento temporale nell’eGFR ha indicato un minor grado di declino nel tempo, con una differenza media a 6 mesi rispetto al placebo di 3,0 mL/min/m2 per i pazienti nel braccio di ertugliflozina da 5 mg, e di 3,05 mL/min/m2 per i pazienti nel braccio di ertugliflozina da 15 mg.
Il profilo di sicurezza osservato di ertugliflozina osservato nello studio era coerente con i rischi noti di altri agenti della classe degli inibitori SGLT2.
Lo Studio Vertis CV fa parte del programma di sviluppo clinico VERTIS – per studiare la sicurezza e l’efficacia di ertugliflozin – che comprende nove studi di fase III per un totale di oltre 13mila pazienti con diabete di tipo 2.
Il parere del diabetologo
«Lo studio Vertis CV è molto importante – spiega Andrea Giaccari, Diabetologo, Professore Associato di Endocrinologia Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma – per alcune particolari caratteristiche: ha arruolato una più elevata percentuale di pazienti con una storia di scompenso cardiaco e ha dimostrato sicuramente l’efficacia di ertugliflozin sui parametri metabolici, con una riduzione significativa di almeno 0.5 punti di emoglobina glicata dopo 18 mesi e che si mantiene nel tempo, per tutto il follow-up di questo studio. Uno degli aspetti fondamentali che lo studio Vertis CV ha dimostrato è la riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco che sappiamo essere una complicanza specifica del diabete, un evento estremamente frequente. Il fatto che anche il diabetologo abbia in mano uno strumento terapeutico per prevenire questa importante complicanza è davvero importante. Avere a disposizione un farmaco che tiene sotto controllo il diabete e allo stesso tempo riduce le ospedalizzazioni per lo scompenso cardiaco è estremamente incoraggiante e questi dati di Vertis CV sono importanti perché c’era un’ampia popolazione arruolata che aveva una storia di scompenso cardiaco. Il Vertis CV è davvero importante nella pratica clinica, soprattutto perché ha dimostrato che questa classe di farmaci, gli SGLT2, è efficace e ha un buon profilo di sicurezza e quindi possiamo come classe medica utilizzare questi farmaci, adesso che li conosciamo bene, con grande tranquillità».
Il parere del cardiologo
«Lo studio Vertis CV che è stato appena presentato all’80esimo Congresso ADA – dice Pasquale Perrone Filardi, Cardiologo, Professore Ordinario di Cardiologia, Università degli Studi di Napoli Federico II e Presidente eletto Società Italiana di Cardiologia – ha dato un’ulteriore, importantissima, conferma dell’effetto sulla riduzione dei ricoveri ospedalieri che rappresenta uno degli elementi più importanti, direi il più importante, dei benefici che questa classe di farmaci oggi conferisce al trattamento del diabete. Lo studio Vertis CV ha utilizzato un inibitore orale degli SGLT2, ertugliflozin, che è una molecola che ha dimostrato in una popolazione diabetica con malattia cardiovascolare ischemica di base, con o senza scompenso cardiaco all’ingresso, una riduzione del 30% dei ricoveri per scompenso cardiaco. Quindi, si tratta di un effetto molto rilevante dal punto di vista clinico che conferma, anche per questa nuova molecola della classe, l’effetto che questi farmaci hanno ampiamente dimostrato in una serie di studi clinici condotti nella popolazione diabetica».
Il parere del nefrologo
« I risultati dello studio Vertis CV, in generale – dice Roberto Pontremoli nefrologo, professore Ordinario di Medicina Interna, Università di Genova – confermano gli effetti di nefroprotezione che già conosciamo nella classe degli SGLT2i. Sebbene l’endpoint composito renale dello studio Vertis CV non sia stato significativo, un’analisi dei soli dati renali consente di confermare che il meccanismo di ertugliflozin è simile, a livello renale, a quello degli altri farmaci glicosurici. Infatti, dopo l’inizio della terapia con ertugliflozin, sia a 5mg che a 15 mg, si ha una piccola riduzione del filtrato glomerulare – all’incirca 4 ml/minuto – e poi nel lungo termine una ripresa del filtrato e una perdita nell’arco di 5 anni che è, circa, di 2ml/minuto. Nel braccio placebo i pazienti non trattati con ertugliflozin perdono in 5 anni 7ml/minuto. Ecco quindi, che quella mancata significatività che si registra nell’endpoint composito renale in ertugliflozin è verosimilmente legata a una questione tecnica di scelta di endpoint e delle caratteristiche dei pazienti che avevano una prevalenza di malattia renale cronica allo stadio III del 20% circa. Nel complesso, credo si possa dire che l’effetto di ertugliflozin sulla funzione renale a lungo termine, l’effetto di nefroprotezione, sia in linea con quello che è stato osservato negli altri grandi trials d’intervento con i farmaci glicosurici».
Disegno dello studio
Lo Studio VERTIS CV (eValuation of ERTugliflozin effIcacy and Safety CardioVascular) è uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco, placebo-controllato, condotto al fine di valutare l’efficacia e la sicurezza cardiovascolare nel lungo termine di ertugliflozin. Lo studio ha coinvolto oltre 8.200 pazienti diabetici con malattia CV accertata, inclusi pazienti di età maggiore o uguale ai 65 anni, con insufficienza renale (in circa il 53% dei casi di grado lieve e nel 22% di grado moderato) e scompenso cardiaco, presente nel 23,7% dei pazienti.
Circa il 19% dei pazienti con dati disponibili sulla frazione di eiezione (278/1433) avevano insufficienza cardiaca con frazione di eiezione ridotta (HFrEF). Si tratta dello studio che ha arruolato il più elevato numero di pazienti diabetici con scompenso cardiaco. Obiettivo primario dello studio è stato quello di documentare la sicurezza CV di ertugliflozin e, in via secondaria, esplorare l’eventuale superiorità su endpoint compositi CV e renali.
I partecipanti sono stati randomizzati a tre diversi bracci di trattamento: placebo, ertugliflozin 5mg o ertugliflozin 15mg somministrati per via orale una volta al giorno.
I pazienti avevano una durata media di DMT2 di circa 13 anni, un’HbA1c al basale dell’8,3% e un indice di massa corporea 32kg/m2. I pazienti erano già in trattamento ipoglicemizzante con metformina nel 76% dei casi, sulfaniluree nel 41%, insulina nel 47%, DPP-4 inibitori 11% e GLP-1 agonisti 3%.
Un’elevata percentuale di pazienti assumeva farmaci per la protezione cardiovascolare ed in particolare, oltre l’80% era in trattamento con ACE inibitori, antiaggreganti piastrinici e statine, mentre più del 40% con diuretici.
La durata media del follow up è stata di 3.5 anni e l’esposizione media al trattamento è stata di 2.9 anni per ertugliflozin e 2.8 anni per il placebo.
I risultati del trial
Lo studio ha raggiunto l’endpoint primario di non inferiorità rispetto al placebo sugli eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE). Complessivamente, l’outcome primario MACE è stato riportato nell’11,9% (n = 653) dei pazienti trattati con ertugliflozin (dosi da 5 mg e 15 mg), rispetto all’11,9% (n = 327) dei pazienti trattati con placebo (HR = 0,97; 95,6% CI [0,85-1,11]; p <0,001 per non inferiorità).
Gli endpoint secondari di superiorità per ertugliflozin rispetto al placebo non sono stati raggiunti. Questi endpoint secondari includevano: a) tempo alla prima insorgenza di morte CV o ricovero per insufficienza cardiaca (HHF), b) tempo alla prima insorgenza di morte CV da sola; c) tempo alla prima insorgenza del composito di morte renale, dialisi/trapianto o raddoppio della creatinina sierica. L’endpoint pre-specificato di HHF, sebbene non facesse parte della sequenza di test gerarchici, ha mostrato una riduzione del 30% del rischio di HHF per ertugliflozin rispetto al placebo (2,5% vs. 3,6%; FC = 0,70; IC al 95% [0,54- 0.90]).
L’ incidenza complessiva di eventi avversi gravi è stata simile per i gruppi ertugliflozin 5 mg (34,9%), ertugliflozin 15 mg (34,1%) e placebo (36,1%). Le infezioni del tratto urinario si sono verificate nel 12,2% e nel 12,0% dei pazienti nei gruppi 5 mg e 15 mg di ertugliflozin, rispettivamente, e nel 10,2% nel gruppo placebo (p <0,05). Le amputazioni si sono verificate nel 2,1% e nel 2,0% dei pazienti nei gruppi 5 mg e 15 mg di ertugliflozin, rispettivamente, e nell’1,6% nel gruppo placebo. La chetoacidosi diabetica si è verificata nello 0,3% e nello 0,4% dei pazienti nei gruppi 5 mg e 15 mg di ertugliflozin, rispettivamente, e nello 0,1% nel gruppo placebo. Non ci sono stati casi di gangrena di Fournier nei pazienti trattati con ertugliflozin o placebo e non vi è stata nessuna differenza nell’incidenza di danno renale acuto, ipovolemia, fratture o ipoglicemia sintomatica.