Studio italiano: la pet therapy potrebbe rivelarsi utile nell’aiutare i piccoli pazienti affetti da artrite idiopatica giovanile a superare alcuni problemi legati alla patologia
La pet therapy potrebbe rivelarsi utile nell’aiutare i piccoli pazienti affetti da artrite idiopatica giovanile a superare alcuni problemi legati alla patologia (ad esempio la paura delle iniezioni).
E’ quanto dimostrano i risultati preliminari di uno studio, organizzato da A.MA.R Piemonte, presentato in una delle sessioni dedicate del PARE (Federazione Europea delle Associazioni dei Malati Reumatologici) in seno al Congresso EULAR, tenutosi quest’anno in modo virtuale in ragione della pandemia da SARS-CoV-2.
Pet therapy per stemperare paura delle iniezioni ed evitare i problemi psicologici da trattamento
“I bambini affetti da artrite idiopatica giovanile presentano alcuni problemi di aderenza alla terapia per la paura atavica delle iniezioni e per l’insorgenza di nausea e vomito – gli effetti avversi più importanti legati all’impiego di metotressato – spiega il dott. Ugo Viora (Executive Manager di A.MA.R Piemonte), che ha coordinato a livello organizzativo lo studio e lo ha presentato durante il Congresso -. Questo avviene o 2-3 giorni prima dell’assunzione del farmaco o immediatamente dopo la sua somministrazione”.
L’idea alla base di questo studio è stata quella di ricorrere alla pet therapy (utilizzata con successo in altre condizioni cliniche) per aiutare i bambini a stemperare le loro paure e ad evitare le condizioni psicologiche che sono responsabili della maggior frequenza di insorgenza di nausea legata al trattamento.
Lo studio è il primo in Italia (e probabilmente in Europa) ad aver sperimentato questo approccio in bambini affetti da AIG.
Gli obiettivi dello studio, pertanto, sono stati quelli della promozione di uno stato generale di benessere psico-fisico nei bambini e nelle loro famiglie attraverso una migliore gestione della terapia, la riduzione del disagio e dello stato d’ansia causato dall’accesso in strutture ospedaliere, il miglioramento dell’autostima e la risposta allo stress legato all’esecuzione della terapia, nonché il rafforzamento delle attività di comunicazione e socializzazione.
“Prima dell’inizio dello studio – spiega Viora – è stata stipulata una convenzione con un’altra Onlus che si occupa di addestramento animali e del reperimento sia dei conduttori che degli animali per le attività di pet therapy. Dopo l’ottenimento dei permessi sanitari dovuti, prima dell’inizio dello studio vero e proprio, i responsabili della sperimentazione hanno convocato i genitori dei bambini coinvolti, spiegano gli obiettivi della sperimentazione”.
In estrema sintesi, ogni settimana all’interno di un’area equipaggiata ad hoc dell’Azienda Ospedaliera Città della Salute di Torino (si sono utilizzati gli stessi locali dedicati alle visite di routine, opportunamente modificati), si sono svolte sessioni di pet therapy (mediante coinvolgimento di cani e gatti) su alcuni bambini con AIG, accompagnati dai loro genitori.
I reumatologi pediatrici coinvolti nello studio hanno selezionato 2 gruppi di bambini: il primo (5 bambini nello studio pilota) ogni 15 giorni; il secondo (5 bambini) ogni mese. La selezione è stata effettuata sulla base dello schema terapeutico in essere.
Ogni sessione di pet therapy, della durata di un’ora, era organizzata in tre stadi sequenziali:
– un primo stadio di benvenuto e di familiarizzazione con i toolkit appositamente designati per l’intervento, insieme ad attività di narrazione del proprio stato
– un secondo stadio che coinvolgeva i genitori di questi bambini e che prevedeva la preparazione e l’esecuzione dell’iniezione di farmaco ai loro piccoli sotto stretto controllo medico, senza interrompere le attività ludiche legate alla presenza degli animali
– un terzo stadio ludico e di socializzazione, che prevedeva il contatto dei piccoli con gli animali coinvolti nella pet therapy, finalizzato a rimuovere lo stress e il disagio legati alla procedure mediche iniettive
I toolkit dati ai bambini all’inizio della sessione di pet therapy sono serviti ai ricercatori per permettere loro di valutare gli effetti della pet therapy direttamente dai bambini (mediante scala VAS opportunamente adattata alla loro comprensione).
Lo studio, inoltre, ha controllato per la prima volta lo stato di salute animale e monitorato le condizioni di benessere mediante rilevazione di alcuni parametri comportamentali e dei livelli di cortisolo salivare nel corso di ciascuna sessione.
I benefici della pet therapy si sono manifestati sia nei bambini sottoposti a terapia iniettiva, sia nei loro genitori
Il progetto pilota è iniziato a ottobre dello scorso anno e, ad oggi, si sono tenute 12 sessioni di pet therapy, con la partecipazione di due cani (Golden and Labrador Retriever) e un gatto (Devon Rex) per ciascun incontro.
I risultati sono stati entusiasmanti: nessun bambino ha pianto o ha rifiutato la terapia e, a partire dalla terza sessione di pet therapy, nessuno ha avuto nausea prima, durante o dopo l’iniezione.
Anche i genitori hanno tratto beneficio, raggiungendo un certo grado di confidenza con la somministrazione delle terapia e avendo occasione di socializzazione con i genitori di bambini aventi la stessa condizione clinica e gli stessi problemi legati alla terapia.
Inoltre, anche gli animali coinvolti nell’attività di pet therapy sono rimasti in condizioni di benessere durante le sessioni.
“Il progetto – spiega Viora – non è ancora concluso in quanto è stato interrotto dalla pandemia di Covid-19. Su 45 sedute previste, ne sono state effettuate fino ad ora solo 18. Ma siamo fiduciosi di poter riprendere questa attività appena sarà possibile. Quanto al futuro del progetto, pensiamo senz’altro ad un allargamento di questa esperienza e si sta valutando, con alcuni fisiatri, la possibilità di fare in modo che gli animali guidino i bambini a fare degli esercizi di riabilitazione motoria che, difficilmente, possono essere svolti con i canoni standard”.