Alzheimer, Biogen deposita all’Fda il dossier registrativo di aducanumab: l’agenzia ha 60 giorni di tempo per accettare di esaminare la domanda o rigettarla
E’ bastato il deposito all’Fda della domanda di registrazione di aducanumab a far balzare del 10 per cento le azioni di Biogen (che poi sono un po’ scese nei giorni successivi). A conferma del fortissimo interesse per questo farmaco e dell’enorme bisogno terapeutico insoddisfatto che esiste per questa patologia degenerativa. L’Fda ha ora 60 giorni di tempo per accettare di esaminare la domanda oppure per rispedirla indietro.
L’azienda americana spera che l’Fda riveda con procedura di urgenza il dossier registrativo il che significherebbe un iter di soli 6 mesi e quindi un’approvazione potenziale per i primi giorni di gennaio 2021.
Il deposito del dossier era atteso per l’inizio dell’anno e il ritardo di diversi mesi aveva creato preoccupazione nella comunità medica e anche in quella finanziaria. L’azienda lo aveva attribuito ai problemi organizzativi creati dal Covid.
Gli esperti del settore hanno convenuto che il farmaco funzioni per eliminare le placche di amiloide nel cervello; tuttavia, una parte dei clinici e dei ricercatori ha espresso dubbi sulla sua approvazione da parte dei regolatori federali, anche se l’Fda potrebbe decidere di approvare il trattamento a causa delle notevoli esigenze non soddisfatte in questo settore della medicina in cui nessun nuovo farmaco è stato approvato negli ultimi 17 anni.
“Per molte persone che convivono con le prime fasi del morbo di Alzheimer, mantenere l’indipendenza il più a lungo possibile è l’obiettivo finale”, ha detto Stephen Salloway, Direttore del Programma di Memoria e Invecchiamento del Butler Hospital della Brown University. “Se riusciamo a rallentare la progressione da una fase all’altra, questo potrebbe preservare l’indipendenza, che, a sua volta, potrebbe avere benefici veramente significativi per le persone che vivono con la malattia e i loro cari. Aducanumab rappresenta un potenziale passo avanti che speriamo possa fornire un punto d’appoggio terapeutico nella lotta contro il morbo di Alzheimer”.
I key opinion leader intervistati dalla società di rircerche di mercato GlobalData sono stati generalmente favorevoli sul potenziale dell’aducanumab e lo hanno identificato come il farmaco più promettente della pipeline di questa patologia, ma il suo percorso di somministrazione – infusione endovenosa – potrebbe essere un problema se i centri di infusione non sono disponibili. Le preoccupazioni relative ai pazienti che sviluppano anomalie di imaging correlate all’amiloide (ARIA) potrebbero rappresentare un’altra barriera all’accettazione di aducanumab. I medici saranno inoltre obbligati a fare regolarmente una risonanza magnetica ai pazienti per vedere se hanno reazioni all’ARIA, il che potrebbe essere un limite, poiché le risonanze magnetiche ripetute rappresentano un ulteriore onere economico. Sono tutti ostacoli superabili, purchè il farmaco venga approvato.
Verrà registrato dall’Fda?
Il dossier registrativo del farmaco presenta diversi elementi di incertezza. Resta il fatto che è il solo che abbia dimostrato di avere un effetto di rallentamento del declino cognitivo, tipico della malattia. Sulla sua possibilità di approvazione i parere sono discordi.
Una parte degli specialisti dell’Alzheimer ritiene che sarebbero necessarie ulteriori conferme. Altri key opinion leader ritengono che qualsiasi nuovo farmaco che modifichi la malattia è una buona notizia e sarà utilizzato in molti pazienti affetti da Alzheimer. E dato l’insolito e stretto rapporto di collaborazione tra la Fda e Biogen, è probabile che l’Fda lo voglia approvare nell’Alzheimer precoce.
Aducanumab è un mAb umano ricombinante che si lega principalmente a forme aggregate di Aβ, compresi gli oligomeri solubili e le fibrille insolubili, ma che, secondo quanto riferito, non lega i monomeri Aβ. L’approvazione potenziale per l’aducanumab non sarà probabilmente il trattamento definitivo per la malattia di Aslzheimer ma potrebbe aprire le porte alla ricerca di combinazioni, ovvero terapie anti-Aβ con terapie anti-tau. La terapia combinata è probabilmente la strada da seguire per la classe di trattamento con inibitori della Aβ, ma la ricerca combinata non può essere esplorata fino a quando un farmaco non sarà approvato. L’approvazione potrebbe anche incoraggiare le aziende con altre terapie a base di amiloide e attirare investitori per raccogliere fondi per la ricerca.
Come agisce aducanumab
Aducanumab è un farmaco sperimentale in fase di sviluppo per il trattamento della malattia di Alzheimer allo stadio precoce. È un anticorpo monoclonale umano ricombinante derivato da una libreria de-identificata di cellule B prelevate da soggetti anziani sani senza segni di deterioramento cognitivo o da soggetti anziani con un declino cognitivo insolitamente lento. E’ stato messo a punto con la piattaforma tecnologica di Neurimmune, chiamata Reverse Translational Medicine (RTM).
Nel 2007 Biogen ha ottenuto aducanumab dalla biotech svizzera Neurimmune nell’ambito di un accordo collaborazione di ricerca e sviluppo. Si ritiene che il farmaco sia in grado di colpire gli aggregati di beta amiloide, compresi gli oligomeri solubili e le fibrille insolubili che si formano nella placca amiloide del cervello dei pazienti affetti da malattia di Alzheimer.
I due studi registrativi
Gli studi EMERGE (1638 pazienti) ed ENGAGE (1647 pazienti) sono i due trial registrativi di fase III che hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di due diversi i dosaggi di aducanumab.
Entrambi sono studi multicentrici, randomizzati, in doppio cieco, controllati con placebo, su gruppi paralleli. Obiettivo primario degli studi era valutare l’efficacia di dosi mensili di aducanumab rispetto a placebo nella riduzione del deterioramento cognitivo e funzionale misurato dalle variazioni del punteggio CDR-SB. Gli obiettivi secondari consistevano nella valutazione dell’effetto sul declino clinico di dosi mensili di aducanumab rispetto a placebo, misurato con le scale MMSE, ADAS-Cog 13 e ADCS-ADL-MCI.
Questi studi sono stati interrotti il 21 marzo 2019 a seguito dei risultati di un’analisi di futilità prestabilita, basata su una base ristretta di dati. L’analisi di futilità infatti prendeva in considerazione dati disponibili al 26 dicembre 2018, ottenuti da 1748 pazienti che avevano completato il periodo di studio di 18 mesi: da questa analisi emergeva che, verosimilmente, entrambi gli studi non avrebbero raggiunto l’endpoint primario.
L’analisi di futilità utilizzano dei modelli statistici per tentare di prevedere l’esito degli studi stessi sulla base di una serie di ipotesi e criteri prestabiliti.
Dopo l’interruzione degli studi EMERGE ed ENGAGE, si è reso disponibile un insieme di dati più ampio proveniente da 3285 pazienti, 2066 dei quali hanno avuto l’opportunità di completare tutti i 18 mesi di trattamento. Tali dati, provenienti da una nuova analisi estesa, hanno mostrato un risultato diverso rispetto a quello ottenuto dall’analisi di futilità.
La nuova analisi ha mostrato che il risultato dell’endpoint primario dello studio EMERGE è statisticamente significativo. Questo non è successo nello studio ENGAGE che non ha raggiunto il suo endpoint primario. Tuttavia, Biogen ritiene che i dati ottenuti da un sottoinsieme di dati di questo trial supportino i risulati emersi dallo studio EMERGE.