Fibromialgia: cannabinoidi possibile terapia


Fibromialgia poco compresa e con scarse opzioni terapeutiche: nuove prospettive di cura con i cannabinoidi secondo un’analisi pubblicata su Pain Research & Management

Ipovitaminosi D e dolore cronico: secondo un nuovo studio può essere associata alla gravità dei sintomi della fibromialgia e dei disturbi dell'umore

La sindrome fibromialgica è una condizione complessa ancora poco compresa. Le terapie approvate sono poche e danno risultati modesti, pertanto sono ancora molte le esigenze insoddisfatte dei pazienti. La ricerca si sta concentrando sui meccanismi fisiopatologici cerebrali e sull’identificazione di nuovi agenti farmacologici in grado di dare sollievo ai pazienti, in particolare i cannabinoidi. È la sintesi di una disamina dello stato dell’arte della sindrome pubblicata sulla rivista Pain Research & Management.

La fibromialgia un disturbo caratterizzato da dolore cronico generalizzato, con una prevalenza stimata nella popolazione dell’1-5%. È anche associata a una varietà di disturbi somatici e psicologici, tra cui affaticamento, disturbi del sonno, rigidità, ansia e disfunzione cognitiva. La sua esatta patogenesi non è ancora chiara, ma sono coinvolte la sovra-sensibilizzazione neurale e la ridotta modulazione del dolore condizionata (CPM), combinate con disfunzione cognitiva, compromissione della memoria e alterata elaborazione delle informazioni. Nella sindrome risulta alterata la connettività tra aree le cerebrali coinvolte nell’elaborazione del dolore, vigilanza e cognizione, il che rende complessa la sua terapia farmacologica.

Pochi farmaci e poco efficaci
«Negli ultimi due decenni sono stati dedicati molti sforzi per sviluppare soluzioni farmacologiche per alleviare la sintomatologia, che hanno portato all’approvazione da parte della Fda di tre farmaci con l’indicazione per la fibromialgia, pregabalin, duloxetina e milnacipran. Tuttavia queste terapie hanno portato a risultati modesti» hanno precisato gli autori dello studio. «I dati di real life pubblicati negli ultimi anni, insieme all’esperienza clinica dei medici che si occupano di questa popolazione di pazienti, indicano che solo una minoranza di pazienti con fibromialgia continua ad assumere farmaci per più di un breve periodo di tempo a causa di una mancanza di efficacia, effetti collaterali o entrambi».

Le attuali linee guida pubblicate sul trattamento della fibromialgia sostengono all’unanimità un approccio multidisciplinare, che combina il trattamento farmacologico con modalità complementari come la terapia cognitivo-comportamentale l’allenamento aerobico di rafforzamento fisico e le terapie di movimento meditativo.

I progressi sorprendentemente modesti in questo campo –hanno aggiunto- attestano la grande complessità dei meccanismi del dolore cronico all’interno del sistema nervoso centrale. Nonostante la loro crescente comprensione grazie alla neuroimaging funzionale, nella neuroscienza del dolore siamo ancora all’inizio. Sembra che sarà necessaria una comprensione molto più grande prima che una soluzione farmacologica veramente razionale ed efficace per la fibromialgia (e condizioni simili) possa essere resa disponibile.

Prospettive future per lo sviluppo di terapie
Il dolore cronico in generale e la fibromialgia in particolare continuano a rappresentare una sfida. Se negli ultimi anni sono stati compiuti grandi progressi nel campo della reumatologia nel controllo delle malattie infiammatorie e autoimmuni, le condizioni legate all’amplificazione del dolore nel sistema nervoso centrale come la fibromialgia continuano a confondere clinici e ricercatori a causa della loro complessità.

La svolta nel campo della fibromialgia richiederà un approccio realmente eclettico e multidisciplinare, hanno dichiarato gli autori. Anche se in futuro potranno esserci ancora progressi nello sviluppo di nuovi agenti appartenenti alle famiglie attualmente in uso, come nuovi inibitori della ricaptazione della serotonina-norepinefrina (SNRI) o gabapentinoidi, non sembra probabile che possano rappresentare importanti progressi. Le future intuizioni nei campi della ricerca sui cannabinoidi e gli oppioidi, nonché un approccio integrativo che incorpori la genetica e l’imaging funzionale insieme allo studio dei disturbi complessi del sistema nervoso centrale, condurranno probabilmente a nuove terapie “su misura” per questi pazienti.

NYX-2925 è un nuovo modulatore del recettore NMDA in grado di influenzarne la plasticità sinaptica, che si suppone possa essere efficace nei disturbi del SNC ad esso associati. La molecola ha dimostrato di indurre un’efficiente analgesia nei modelli murini di dolore neuropatico. Il primo studio di fase I ne ha verificato sicurezza, tollerabilità e farmacocinetica in 84 volontari sani. NYX-2925 si è rivelato sicuro, ben tollerato e in grado di attraversare la barriera emato-encefalica. Questi risultati promettenti supportano l’ulteriore sviluppo clinico del farmaco come agente per il trattamento di condizioni di dolore cronico, come la neuropatia diabetica e la fibromialgia.

Cannabinoidi e oppioidi
Un’ area finora ancora molto poco studiata e che sembrerebbe avere grandi potenzialità per il trattamento della fibromialgia è il sistema endocannabinoide, con tutte le sue diverse ramificazioni. «Una volta che inizieremo a comprendere l’impatto di questi agenti sui modelli di connettività neuronale, avremo davvero aperto la strada per un utilizzo razionale dei cannabinoidi per il trattamento della fibromialgia» hanno scritto gli autori. «Lo sviluppo clinico di farmaci di alta qualità basati su quantità misurate di agenti cannabinoidi come il THC e il CBD (per inalazione o altro), così come una maggiore familiarità da parte dei medici con queste sostanze, sono prerequisiti essenziali per i futuri progressi in questo campo».

Un’area emergente riguarda la neuroinfiammazione. Se l’uso indiscriminato di oppioidi è molto più un problema che una soluzione per il dolore cronico, diventerà sempre più cruciale capire il ruolo dei recettori degli oppioidi, così come gli oppioidi endogeni, nel mantenimento del dolore cronico e nell’iperalgesia indotta da oppioidi, nonché nell’interazione con la neuroinfiammazione (es. attivazione delle cellule gliali). I trattamenti futuri potrebbero beneficiare dello sviluppo di antagonisti più specifici o attraverso nuovi agenti antinfiammatori.

«Infine è sempre importante affermare che la gestione della fibromialgia non riguarda solo la terapia farmacologica. Come molti pazienti e medici hanno compreso, e come riportato nelle linee guida attuali, il trattamento della fibromialgia molto probabilmente continuerà a combinare la farmacoterapia con approcci non farmacologici, che vanno dall’esercizio al neurofeedback» hanno concluso gli autori.