Dolore: cambia la definizione scientifica


Dopo 41 anni cambia la definizione universalmente accettata di dolore: ora comprende anche aspetti soggettivi psico-sociali-esperienziali

Dopo 41 anni cambia la definizione universalmente accettata di dolore: ora comprende anche aspetti soggettivi psico-sociali-esperienziali

La definizione di dolore elaborata nel 1979, universalmente accettata e utilizzata, è stata per la prima volta riformulata come annunciato nel sito dell’AISD (Associazione Italiana per lo Studio del Dolore), dopo un percorso di analisi e valutazione di due anni, grazie al lavoro della Task Force IASP presieduta da Srinivasa N. Raja, Department of Anesthesiology and Critical Care Medicine, Johns Hopkins University, School of Medicine, Baltimora, con la collaborazione di 13 esperti internazionali. La nuova definizione, che ora comprende anche aspetti soggettivi psico-sociali-esperienziali, e tutto il lavoro degli esperti è stata pubblicata sulla rivista Pain oltre a un commento a cura di Judith A. Turner e Lars Arendt-Nielsen, past president e attuale presidente IASP.

«La Task Force che ha elaborato la definizione – ha dichiarato Srinivasa N. Raja – ha lavorato con l’intento di descrivere meglio le sfumature e la complessità del dolore, nella speranza che la nuova definizione possa portare a una migliore valutazione e gestione del dolore – Il dolore non è semplicemente una sensazione, o si può limitare a segnali che a causa di danni ai tessuti viaggiano attraverso il sistema nervoso. Con una migliore comprensione dell’esperienza del dolore del paziente potremmo essere in grado, attraverso un approccio interdisciplinare, di aggiungere una varietà di terapie per personalizzare il trattamento del dolore».

La Task Force si è avvalsa anche del contributo di tutte le potenziali parti interessate, inclusi i pazienti e chi li assiste nella vita quotidiana.

Cosa cambia?
La definizione di dolore IASP del 1979 è stata accettata a livello globale dagli operatori sanitari e dai ricercatori nel campo del dolore ed è stata adottata da molti professionisti, da organizzazioni governative e non, compresa l’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Sebbene nel corso degli anni ci siano stati successivi aggiornamenti e revisioni alla terminologia del dolore, la definizione IASP di dolore in sé è rimasta invariata. Negli ultimi anni, molti esperti si sono pronunciati nel sostenere che i progressi nella comprensione del dolore nel suo senso più ampio legittimavano una rivalutazione della definizione.

«Sicuramente un passo avanti importante, per dare rilevanza e rappresentare la complessa realtà del paziente con dolore cronico» – ha commentato il professor Stefano Coaccioli, professore associato di Medicina Interna, Università di Perugia, presidente AISD.

La prof.ssa Maria Caterina Pace, professore ordinario di Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e Terapia del dolore, Università della Campania “Vanvitelli”, presidente eletto AISD sottolinea anche l’attenzione riservata ai pazienti non verbalizzanti e all’impatto sulla vita quotidiana che la convivenza con un dolore non adeguatamente curato può avere, e si augura che da questa revisione nasca una ulteriore presa di coscienza sull’importanza di una disciplina, la medicina del dolore, non ancora adeguatamente riconosciuta nei percorsi formativi universitari.

La definizione del dolore come “esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole associata o simile a quella associata a un danno tissutale reale o potenziale” è ampliata dall’aggiunta di sei note importanti e dall’etimologia della parola dolore, per un ulteriore prezioso inquadramento del problema:

  • Il dolore è sempre un’esperienza personale influenzata a vari livelli da fattori biologici, psicologici e sociali.
  • Il dolore e la nocicezione sono fenomeni diversi. Il dolore non può essere dedotto solo dall’attività neurosensoriale.
  • Le persone apprendono il concetto di dolore attraverso le loro esperienze di vita.
  • Il racconto di un’esperienza come dolorosa dovrebbe essere rispettato.
  • Sebbene il dolore di solito abbia un ruolo adattativo, può avere effetti negativi sulla funzionalità e il benessere sociale e psicologico.
  • La descrizione verbale è solo uno dei numerosi modi per esprimere il dolore; l’incapacità di comunicare non nega la possibilità che un essere umano o un animale provi dolore.

Etimologia di “pain”: Middle English, dal latino poena (pena, punizione), a sua volta dal ποινή  greco (pagamento, penalità, ricompensa).
«Abbiamo incluso l’etimologia della parola dolore perché inquadra il nostro intero punto di riferimento; la parola inglese “pain” deriva da una radice greca che significa pena o punizione – ha dichiarato Dan Carr, Program in Public Health and Community Medicine, Department of Anesthesiology and Perioperative Medicine, Tufts University School of Medicine, Boston. – Altre parole nell’uso quotidiano degli antichi greci hanno sottolineato la sede del dolore o l’angoscia che può causare. Faremmo bene a tornare a pensare al dolore nella sua multidimensionalità, in modo da poterlo valutare e curare in modo più olistico. ”

Come spiega Jeffrey Mogil, Alan Edwards Center for Research on Pain, McGill University, Montréal «Un cambiamento importante, rispetto alla definizione del 1979, consiste nel sostituire la terminologia che si basava sulla capacità di una persona di descrivere l’esperienza per qualificarla come dolore. Ci si è resi conto di come questa formulazione escludesse neonati, anziani e altri – persino gli animali – che non sono in grado di esprimere verbalmente il loro dolore».

«I sei punti che compongono le Note sottolineano le tre dimensioni interconnesse dell’esperienza del dolore: biologica, psicologica, e sociale e la natura personale appresa di quell’esperienza» – sottolinea Milton Cohen, St. Vincent’s Clinical School, UNSW Medicine, Sydney.

«Evidenziano come il dolore può avere effetti negativi sulla funzionalità e sul benessere sociale e psicologico. Un risultato delle Note inserite può essere che il modo standard in cui una persona descrive il dolore – usando una scala da 0 a 10 – può essere aggiornato, includendo anche la domanda se il dolore interferisce con il lavoro, con il mantenimento di relazioni sociali sane, con la vita quotidiana e includendo quindi altre misurazioni psicologiche e sociali» – aggiunge Bonnie Stevens, Lawrence S Bloomberg Faculty of Nursing, Università di Toronto.