Gonartrosi, nuove conferme di efficacia dei bisfosfonati


L’impiego di bisfosfonati potrebbe prevenire la progressione radiografica di gonartrosi in donne che presentano fattori di rischio

Gonartrosi, bisfosfonati efficaci per ridurre la malattia

L’impiego di bisfosfonati (BSF) potrebbe prevenire la progressione radiografica di gonartrosi in donne che presentano fattori di rischio di gonartrosi. E’ quanto sostengono i risultati di uno studio recentemente pubblicato su the Journal of Bone and Mineral Research.

Razionale e disegno dello studio
L’impiego dei farmaci anti-riassorbiltivi è già stato oggetto di studio nel trattamento della gonartrosi, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Tuttavia, ancora oggi risultano molto limitati i dati disponibili sugli effetti dei BSF contenenti gruppi azoto relativamente alla progressione radiografica di malattia in pazienti con gonartrosi di severità diversa, soprattutto in quelli non sovrappeso.

L’obiettivo di questo studio, pertanto, è stato quello di valutare l’effetto dei BSF sulla progressione radiografica di gonartrosi nei partecipanti allo studio OAI (the Osteoarthrtitis Initiative) sulla malattia.

Nello specifico, i ricercatori hanno condotto un’analisi retrospettiva dei dati di una coorte OAI, incrociati in base alla tecnica del propensity-matching, per esaminare gli effetti dell’impiego di BSF sulla progressione radiografica di gonartrosi a 2 anni.

Su 1.977 donne di età >50 anni per le quali erano disponibili dati, 346 avevano riferito l’impiego di BSF, tra il quali alendronato (69%), risedronato (19%) o altri BSF (12%) al basale.
I ricercatori hanno incrociato, grazie alla tecnica del propensity score, i dati relativi a 344 donne (su 346) che erano state trattate con BSF con quelli relativi a 344 donne non trattate con farmaci antiriassorbitivi.

Risultati principali
I ricercatori hanno registrato una progressione radiografica di malattia, definita da un incremento uguale o superiore ad uno della scala Kellgren and Lawrence (KL) in 95 partecipanti allo studio (13,8%) nell’arco di tempo di un biennio. Di queste, 27 avevano un punteggio KL <2  (n=10 utilizzatrici di BSF) mentre 68 avevano un punteggio KL ≥2 (n=35 utilizzatrici di BSF).

L’analisi statistica ha mostrato che il rischio di progressione di malattia a 2 anni era pari, rispettivamente, al 10,5% nelle donne non utilizzatrici di BSF e al 5,9% in quelle utilizzatrici di farmaci antiriassorbitivi, con un grado KL al basale pari a zero o a uno.

Tale rischio era pari, invece, al 23% e al 23,5%, rispettivamente, nelle donne con grado KL al basale pari a 2 o 3, suggestivo di maggiore gravità di malattia.

L’uso di BSF non ha avuto un effetto significativo sulla progressione di OA nelle donne con evidenza iniziale di gonartrosi radiografica (grado KL  ≥2).

Tuttavia, nelle donne con danno radiografico iniziale e grado KL al basale <2, è stato osservato che il rischio di progressione radiografica di malattia era significativamente più basso nelle pazienti trattate con BSF rispetto alle altre (HR: 0,53; IC95%=0,35-0,79).

Non solo: l’effetto protettivo dei BSF è risultato più significativo negli individui non in sovrappreso (BMI<25 kg/m2) e allo stadio iniziale di malattia (grado KL <2) patients (HR= 0,49; IC95%: 0,26-0,92; n=166 utilizzatrici di BSF). Infine, nelle pazienti con BMI più elevato, i BSF non hanno mostrato un effetto significativo.

Limiti e implicazioni dello studio
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso l’esistenza di alcuni limiti metodologici intrinseci del loro lavoro, quali la ridotta numerosità del campione di pazienti, la possibile esistenza di bias di selezione, la possibile classificazione erronea dei risultati degli outcome radiografici secondari alla variazione del singolo radiologo, nonché il riscontro di dati mancanti sui possibili fattori confondenti.

Ciò premesso “…il trattamento  tempestivo di individui con gonartrosi e fattori di rischio di osteoporosi potrebbe mitigare alcuni effetti strutturali negativi a carico del ginocchio e andrebbe tenuto in considerazione soprattutto quando si hanno di fronte pazienti non in sovrappeso”.