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Osteoporosi e rischi cardiovascolari: abaloparatide sicuro

Osteoporosi: abaloparatide sicuro per il cuore

Il trattamento dell’osteoporosi con abaloparatide in donne in post-menopausa non innalza il rischio secondo i risultati di un nuovo studio

Il trattamento dell’osteoporosi con abaloparatide in donne in post-menopausa non innalza il rischio CV. Questi i risultati positivi di un’analisi post-hoc dei dati dello studio registrativo ACTIVE (con relativa fase di estensione -ACTIVEctend), pubblicata su JCEM.

Razionale e disegno dello studio
Abaloparatide, farmaco osteoanabolico, è un analogo sintetico dell’ormone paratiroideo – PTHrP (1-34). A differenza di teriparatide, abaloparatide ha una minore affinità di legame con il recettore per il PTH (che è lo stesso per i due farmaci). Ciò gli conferisce particolari caratteristiche di farmacodinamica, determinando un maggior effetto anabolizzante rispetto al teriparatide senza stimolare il riassorbimento osseo.

Il farmaco è stato approvato dalla Fda statunitense per il trattamento dell’osteoporosi (OP) in post-menopausa di donne a rischio elevato di frattura.

L’efficacia e la sicurezza di abaloparatide sono state determinate sulla base dello studio registrativo ACTIVE (the Abaloparatide Comparator Trial in Vertebral Endpoints), nel corso del quale 18 mesi di trattamento con il farmaco avevano prodotto riduzioni ancora più significative del rischio di nuove fratture vertebrali e non vertebrali rispetto a placebo e a teriparatide.

Nello studio di estensione ACTIVExtend, dove i partecipanti del gruppo abaloparatide e placebo erano stati sottoposti a trattamento con alendronato orale, è stata documentato il mantenimento sia delle riduzioni del rischio di frattura che gli incrementi di densità minerale ossea (DMO).

Nello studio ACTIVE non erano state rilevate differenze di eventi avversi (AE) tra gruppi.

Su richiesta dell’ente regolatorio Usa, è stata effettuata un’analisi post-hoc dei dati relativi allo studio ACTIVE e ACTIVExtend per la valutazione degli eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) e dei MACE con l’aggiunta dello scompenso cardiaco.

L’obiettivo è stato quello di valutare il profilo di rischio CV di abaloparatide considerando la frequenza cardiaca, le misure pressorie e gli AE potenzialmente associati con le variazioni di frequenza cardiaca e di pressione arteriosa nello studio ACTIVE e di determinare la frequenza di MACE dopo conclusione del trattamento con abaloparatide.

I 2.460 partecipanti allo studio ACTIVE erano donne in post-menopausa di età compresa tra i 49 e gli 86 anni, affette da OP; queste erano state randomizzate a trattamento giornaliero sottocute con abaloparatide 80 mcg, 20 mcg sottocute/die di teriparatide in aperto, oppure a trattamento con placebo, secondo uno schema 1:1:1, per 18 mesi.

Dopo un periodo di un mese libero da trattamento, 1.133 donne provenienti dai gruppi abaloparatide o placebo dello studio ACTIVE sono state reclutate nello studio ACTIVExtend, ricevendo una dose settimanale di 70 mg di alendronato in aperto per 24 mesi.

Poiché la frequenza cardiaca era stata valutata solo pre- e post- trattamento nello studio ACTIVE, è stato disegnato, in parallelo, uno studio aggiuntivo sull’impiego di abaloparatide che ha coinvolto 55 volontari sani (32 uomini e 23 donne). Dopo la somministrazione di una dose di abaloparatide o di placebo, il protocollo di questo studio aggiuntivo prevedeva la misurazione della frequenza cardiaca a 15, 30 e 45 minuti, nonché dopo 1, 1,5, 2, 2,5, 4, 6, 8 e 12 ore.

Risultati principali
Nel complesso, gli AE dovuti al trattamento sono risultati in numero maggiore nei gruppi abaloparatide (165, 20,1%) e teriparatide (106, 13%), rispetto a placebo (74, 9%), come pure gli AE che hanno portato alla sospensione del trattamento e che erano associati con le variazioni a carico della frequenza cardiaca o della pressione arteriosa (27 con abaloparatide, 11 con teriparatide e 5 con placebo).

Ciò detto, però, è stato anche osservato che la percentuale di pazienti AE cardiaci seri era simile tra i gruppi in studio (1%, 1% e 0,9%, rispettivamente).

Nel corso del trial ACTIVE, il riscontro di MACE e di insufficienza cardiaca è risultato più frequente nel gruppo placebo (1,7%) rispetto al gruppo abaloparatide (0,5%) o teriparatide (0,6%).

Nel corso di ACTIVExtend, invece, il riscontro di MACE e insufficienza cardiaca è stato, invece, simile nel gruppo abaloparatide/alendronato (1,6%) e nel gruppo placebo/alendronato (1,6%).

In concomitanza con il primo giorno di trattamento, nel corso dello studio ACTIVE, la variazione media della frequenza cardiaca dal pre-trattamento ad un’ora post-trattamento è stata pari a 7,9 bpm, 5,3 bpm e 1,2 bpm per abaloparatide, teriparatide e placebo, rispettivamente  (P < 0,0001 per abaloparatide e teriparatide vs. placebo; P < 0,05 per abaloparatide vs. teriparatide).

Nel corso delle visite successive di controllo sono state rilevate variazioni simili. La media della frequenza cardiaca massima ad un’ora post-dose è stata pari a 80,7 bpm per abaloparatide, 79 bpm for teriparatide, e 73,7 bpm per placebo (P < 0,0001 per abaloparatide e teriparatide vs. placebo; P <0,01 per abaloparatide vs. teriparatide).

Nello studio parallelo condotto su volontati sani, la frequenza cardiaca ha raggiunto il picco a 15 minuti dalla somministrazione del farmaco per poi declinare, risolvendosi dopo 2,5-4 ore.

Dalla pre-dose ad un’ora dalla somministrazione del farmaco, sono state osservate riduzioni di piccola entità ma comunque significative della pressione sistolica e diastolica media in posizione supina tra i gruppi in studi (–2,7/–3,6 mmHg con abaloparatide, –2,0/–3,6 con teriparatide, –1,5/–2,3 con placebo). Nel corso del primo anno dello studio ACTIVE, la riduzione media massimale della pressione dalla pre-dose ad un’ora dalla somministrazione del farmaco è stata leggermente superiore (1-2 mm Hg) nel gruppo abaloparatide e teriparatide, rispetto al gruppo placebo (p<0,05).

Riassumendo
In conclusione, i risultati di questa analisi post-hoc hanno dimostrato che il trattamento con abaloparatide e teriparatide comporta un innalzamento transitorio della frequenza cardiaca e un piccolo decremento pressorio ad un’ora dalla somministrazione del farmaco. Queste variazioni, però, non sono risultate associate ad un innalzamento di AE seri CV (MACE, insufficienza cardiaca) in donne affette da OP post-menopausale.

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