Chirurgia bariatrica: benefici a lungo termine per la riduzione degli eventi avversi cardiovascolari maggiori e per l’incidenza di insufficienza cardiaca
La chirurgia bariatrica ha dimostrato significativi benefici a lungo termine per la riduzione degli eventi avversi cardiovascolari (CV) maggiori e per l’incidenza di insufficienza cardiaca (HF), secondo uno studio pubblicato sullo “European Heart Journal”.
In particolare, secondo i ricercatori, la chirurgia bariatrica ha ridotto l’infarto miocardico (IM), l’HF e la mortalità ma non l’ictus ischemico. «Gli eventi CV acuti sono una delle conseguenze più grandi e pericolose dell’obesità» scrivono gli autori, guidati da Osama Moussa, del dipartimento di chirurgia e cancro all’Imperial College di Londra.
Le evidenze emerse dall’analisi
Per questa analisi, 3.701 pazienti (età mediana: 36 anni) sottoposti a chirurgia bariatrica sono stati abbinati a 3.701 controlli in base a età, sesso e indice di massa corporea (IMC).
L’endpoint primario di eventi avversi CV maggiori, definiti come IM fatale o non fatale e ictus ischemico fatale o non fatale, si è verificato meno spesso nel gruppo chirurgia bariatrica rispetto ai controlli (HR = 0,412; IC al 95% 0,274-0,615), riportano Moussa e colleghi.
I ricercatori hanno osservato che l’IM era meno frequente nella coorte chirurgia bariatrica rispetto ai controlli (HR = 0,412; IC al 95% 0,28-0,606). Tuttavia, il rischio di ictus ischemico era simile tra i due gruppi (HR = 0,536; IC al 95% 0,164-1,748).
Inoltre, meno pazienti nel gruppo chirurgia bariatrica hanno avuto una nuova diagnosi di HF durante il follow-up rispetto ai controlli (HR = 0,403; IC al 95% 0,181-0,897).
Anche la mortalità per tutte le cause è stata più bassa nei pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica rispetto a quelli che non hanno effettuato l’intervento (HR = 0,254; IC 95% 0,183-0,353).
«Questi risultati sono stati osservati nonostante la presenza di un maggior numero di classici fattori di rischio tipicamente utilizzati per la predizione del rischio a breve termine di eventi cardiovascolari nel gruppo chirurgia bariatrica al basale» sottolineano i ricercatori.
Riguardo altri risultati, i pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica hanno subito una maggiore perdita di peso durante il follow-up rispetto ai controlli (mediana: –4,22 kg contro 6 kg; P < 0,001). Inoltre, i pazienti con diabete di tipo 2 al basale e sottoposti a chirurgia bariatrica hanno sperimentato tassi maggiori di risoluzione del diabete rispetto ai controlli (HR 3,97; IC al 95% 3,2-4,93).
Una plausibile spiegazione dell’effetto protettivo
In questo studio, il più basso tasso di eventi CV osservato nella coorte chirurgia bariatrica si è verificato insieme a tassi più elevati di risoluzione del diabete di tipo 2 e a un maggior grado di perdita di peso, specificano I ricercatori. I pazienti sottoposti a chirurgia bariatrica tendevano ad avere un peso maggiore al tempo indice, sebbene la variabilità fosse grande; e hanno perso molto più peso durante il periodo di studio ed erano quindi più leggeri alla fine del follow-up, proseguono.
«Ciò implica che l’effetto protettivo osservato può essere mediato da una sostanziale modifica dei fattori di rischio CV» spiegano. «L’effetto protettivo ha infatti mostrato una diversione tardiva e allargata delle curve degli eventi che è diventata più evidente circa 8 anni dopo l’intervento».
«Questo pattern di diversione della curva degli eventi è analogo a quello osservato in altre strategie di modifica del fattore di rischio, come le terapie ipolipemizzanti, che sarebbero coerenti con il noto beneficio della chirurgia bariatrica sul controllo del fattore di rischio metabolico» fanno notare.
«Considerando che attualmente meno dell’1% dei pazienti idonei è sottoposto a chirurgia bariatrica, e considerando la ricchezza di prove emergenti sui benefici di vasta portata di questo intervento – che vanno dalla salute mentale al cancro e al rischio CV – è il momento di indagare, considerare e modificare le barriere che creano questo divario terapeutico al fine di fornire il miglior standard di assistenza e ottimizzare i risultati a lungo termine dei pazienti con obesità» concludono Moussa e colleghi.