Reumatologia, Anmar: sentenza Tar Piemonte iniqua


Reumatologia, Anmar critica la sentenza del Tar Piemonte: la pronuncia costringe i malati a recarsi dal medico per la modifica del piano di cura

Reumatologia, Anmar critica la sentenza del Tar Piemonte: la pronuncia costringe i malati a recarsi dal medico per la modifica del piano di cura

“La sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte lede i diritti di salute, di continuità terapeutica e di personalizzazione delle cure di migliaia di pazienti reumatici e mina l’autonomia decisionale del medico. Di fatto, questa decisione è iniqua e apre le porte alla sostituibilità automatica dei farmaci biologici con i biosimilari, assolutamente vietata dal nostro ordinamento giuridico e non auspicata da molte società scientifiche. Si crea un pericoloso precedente, che deve essere corretto quanto prima”.

È forte la preoccupazione dell’Associazione Nazionale Malati Reumatici (ANMAR Onlus) e dell’Osservatorio CAPIRE per la sentenza del TAR Piemonte pubblicata lo scorso 14 luglio (sentenza n. 465/20 del TAR Piemonte, SEZ. I), che ha ritenuto legittime le regole stabilite dalla Società di Committenza (SCR) Piemonte in relazione alla “Gara europea per la fornitura di medicinali a base di adalimumab”, sia per le Aziende sanitarie del Piemonte che per quelle della Valle D’Aosta e del Lazio.

“La pronuncia dei giudici amministrativi ha gettato migliaia di pazienti nello sconforto – afferma Silvia Tonolo, presidente ANMAR -, perché pone a rischio la continuità terapeutica, comportando il divieto per le Aziende sanitarie di queste Regioni di acquistare medicinali a base di adalimumab diversi da quelli classificati nei primi tre posti della graduatoria. In queste Regioni, pazienti in cura con il farmaco biologico non aggiudicatario di gara ed a maggior costo, senza alcuna distinzione tra originator e biosimilare, verranno invitati dal farmacista a recarsi dal proprio specialista per la modifica del Piano Terapeutico, salvo che il malato non sia disponibile ad acquistare il farmaco in uso con spesa a proprio carico. Qualora, invece, il paziente, privo di risorse economiche che gli consentano l’acquisto, optasse per rivolgersi al medico per ‘l’obbligata’ modifica del Piano Terapeutico, con tutte le complicazioni dovute ai tempi di attesa per la fissazione della visita, metterebbe, di fatto, il professionista nella condizione, non clinicamente suggerita o scelta, di prescrivere uno dei tre farmaci biosimilari, a minor costo, aggiudicatari di gara”.

“A nulla vale la precisazione dei giudici amministrativi per cui il medico resta libero di confermare la terapia in corso, ma, si badi bene, senza oneri aggiuntivi a carico del Servizio Sanitario Nazionale – spiega Silvia Tonolo -. Il che equivale a dire che il prescrittore è obbligato a sostituire il farmaco biologico in uso, per ragioni evidentemente non cliniche. Nessun provvedimento della giustizia amministrativa si era spinto fino al punto da ritenere legittima una regola, stabilita da un ente della Pubblica Amministrazione, che escludesse totalmente l’approvvigionamento del farmaco biologico non aggiudicatario di gara, se non con costi a carico del paziente”.

In pratica si è aggirato l’ostacolo del divieto sancito dalla Legge ordinaria, obbligando i clinici a procedere alla modifica dei Piani Terapeutici per tentare di mantenere una cura mediante terapie farmacologiche che il medico aveva, a monte, scartato poiché non adatte alle caratteristiche del paziente.

“La sentenza – sottolinea la Presidente ANMAR – ha dunque privilegiato il criterio dell’uso appropriato delle risorse e della sostenibilità del sistema rispetto al principio della scelta ‘clinica’ appropriata in scienza, coscienza e responsabilità del medico. È un approccio ripetutamente ritenuto deprecabile dalle più recenti decisioni della Corte Costituzionale. Non a caso, i giudici amministrativi, a conforto del loro indirizzo interpretativo, hanno richiamato pronunce della Consulta che appartengono ad un vecchio orientamento degli anni ’90, ormai ampiamente superato. Una decisione che lede inoltre la garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), tra i quali rientra indubbiamente la cura delle malattie reumatologiche”.

“Il Legislatore nello stabilire, attraverso le Leggi di Bilancio, l’ammontare delle risorse necessarie a coprire il fabbisogno di cura che rientra tra i Livelli Essenziali di Assistenza opera una previsione a monte che non può essere limitata o messa in crisi da provvedimenti regionali o di altri enti della Pubblica Amministrazione, che di fatto restringono l’erogazione dei LEA – conclude Silvia Tonolo -. La pronuncia, crea, pertanto, un pericoloso precedente, che auspichiamo possa essere presto corretto in accoglimento delle legittime garanzie di salute che reclamano a gran voce i pazienti colpiti da malattie reumatologiche”.