Tumori: la stanchezza o fatigue da chemioterapia colpisce il 65% dei pazienti. Approvate dall’Esmo le prime linee guida europee
La stanchezza o “fatigue” colpisce il 65% dei pazienti oncologici. Anche dopo anni, una volta guariti dai tumori, due ‘ex’ pazienti su 10 soffrono di ‘fatigue’. La principale responsabile della comparsa del disturbo è la chemioterapia, seguita dalla terapia ormonale e dall’immunoterapia. Dopo 20 anni di studio, sono state approvate dall’Esmo, la European Society of Medical Oncology, le prime “Linee Guida Europee sulla diagnosi e il trattamento della Fatigue”.
Il primo autore del documento è Alessandra Fabi, responsabile dell’Unità di fase 1 e Medicina di precisione dell’Istituto nazionale tumori Regina Elena di Roma. Il testo aiuta i clinici a comprendere e ad affrontare il sintomo. Ad oggi non c’è alcun farmaco specifico in grado di lottare contro la stanchezza. Le linee guida però raccomandano l’esercizio fisico aerobico, le tecniche di mindfulness, lo yoga ed interventi psicosociali. Gli steroidi sono indicati solo in pazienti selezionati, mentre molto insoddisfacenti, fino ad ora, si sono dimostrati l’utilizzo di farmaci psicostimolanti ed antidepressivi.
“Rimuovere la fatigue durante la terapia vuol dire migliorare l’aderenza alle cure – commenta Alessandra Fabi -. Esserne liberi una volta terminate le terapie oncologiche, dà modo di riprendere in mano la vita in maniera totalizzante “.
“È molto importante che le indicazioni fornite nello studio scientifico pubblicato alcuni mesi fa su ‘Annals of Oncology’ da parte di un gruppo di ricercatori europei, concernenti la fatigue nei pazienti oncologici, siano state recepite dalla Società europea di Oncologia Medica in forma di linea guida – spiega il prof. Francesco Cognetti, Direttore Oncologia Medica Regina Elena di Roma e Presidente Fondazione Insieme contro il Cancro -. La fatigue è un sintomo che interessa circa due terzi delle persone colpite da tumore, si manifesta nel 40% dei casi già al momento della diagnosi e nell’80% dei pazienti in trattamento chemioterapico o radioterapico. La comunità degli oncologi, pur essendo consapevole del fenomeno, non possedeva finora meccanismi certi per la sua individuazione, rendendosi necessaria anche la diagnosi differenziale rispetto ad altre condizioni che possono far insorgere la fatigue, e soprattutto non aveva sufficiente conoscenza dei mezzi terapeutici con cui questa condizione può essere affrontata adeguatamente. Il lavoro è opera di due brillanti ricercatrici del nostro Paese, la dott.ssa Alessandra Fabi del Regina Elena di Roma e la dott.ssa Carla Ida Ripamonti dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano”.