Ritorno a scuola, l’appello della SIMA: adeguata ventilazione in aula o la prevenzione del Covid-19 si rivelerà inefficace
In vista della riapertura delle scuole italiane, la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) pone alcuni quesiti pratici ai decisori nazionali e regionali, offrendo al contempo un contributo di idee perché quello di settembre sia una vera “ripartenza” all’insegna della promozione della salute dei nostri bambini e ragazzi.
“È necessario affrontare la questione della qualità dell’aria indoor delle nostre aule scolastiche, argomento su cui SIMA ha recentemente proposto delle specifiche raccomandazioni condivise dalla Cattedra UNESCO per l’Educazione alla Salute e lo Sviluppo Sostenibile (link: http://hpp.tbzmed.ac.ir/Files/Inpress/hpp-32165.pdf). Avere quantomeno provato ad affrontare il sovraffollamento delle aule risolve – inquadra Alessandro Miani, presidente SIMA – solo in parte il problema della cattiva qualità dell’aria che generalmente caratterizza le scuole italiane, ammesso che il buon proposito del dimezzamento delle cosiddette classi-pollaio trovi attuazione e non si limiti a quelle da 28 alunni giacché almeno il 10% delle classi ne ha tra 23 e 26 pur non raggiungendo l’insostenibile limite massimo fissato ai tempi degli accorpamenti di massa. Ma se da un lato – continua – è impensabile la prospettiva che non si riprendano le lezioni in presenza, viene da chiedersi se sia realistico aspettarsi che centinaia di migliaia di bambini e ragazzini di età compresa tra 6 e 13 anni riusciranno a mantenere sul viso una mascherina quantomeno chirurgica – se vogliamo attenderci una qualche protezione almeno per le esalazioni in uscita – per 5 o 6 ore ancorché da 45 minuti. Come spesso accade, quel che è semplice teorizzare come misure di prevenzione da parte di esperti indubbiamente qualificati e certamente riuniti in teleconferenza potrebbe risultare più complicato nella vita reale”.
“Spiegamici meglio”, prosegue il Prof. Miani: “L’esperienza comune degli adulti, ad esempio liturgica domenicale, è di innegabile insofferenza al permanere un’ora o poco più con la mascherina indosso negli ambienti chiusi, nonostante le ampie volte delle nostre chiese. È ipotizzabile che dopo la prima ora con la mascherina, molti studenti accusino quantomeno sensazioni di fastidio, se non veri e propri sintomi legati a una certa difficoltà respiratoria e di concentrazione in classe. Se non vogliamo essere ipocriti dovremmo confessare apertamente quel che molti iniziano a pensare e cioè che l’uso ubiquitario e permanente delle mascherine in aula da parte dei giovanissimi potrebbe essere problematico proprio come accade anche all’aperto in questa estate 2020. È importante ammetterlo altrimenti si rischia di confidare in misure di prevenzione teoricamente efficaci ma che potrebbero non dare i risultati sperati per difficoltà pratiche e dunque esporci a dei rischi che abbiamo solo e consapevolmente finto di ignorare”.
A chi chiede quali alternative ci sarebbero, Miani risponde: “Importantissima è la ventilazione: ad ogni cambio d’ora bisogna garantire il ricambio completo dell’aria in aula, anche facendo uscire ordinatamente gli alunni se reso necessario dalle basse temperature invernali. È poi sotto gli occhi di tutti che il COVID ha fatto venire al pettine tutti i nodi pluridecennali legati alle problematiche di ogni tipo che affliggono la scuola italiana. Stiamo giustamente investendo le risorse economiche disponibili per interventi di base legati alla disponibilità di spazi adeguati per consentire il distanziamento inter-personale, all’aumento dei docenti necessari a garantire un rapporto ottimale con un numero di studenti più basso o per l’acquisto dei banchi. Queste risorse non potranno quindi essere utilizzate ad esempio per installare termostati che consentano di vigilare sulla temperatura e grado di umidità dell’aria indoor, ma nemmeno per l’installazione di filtri certificati per la decontaminazione dell’aria, in grado di eliminare microrganismi e virus fino a 0.1 micron di diametro e già utilizzati in contesti sanitari. Vanno infine nella giusta direzione, purché attuati fin da subito in maniera efficace, il preannunciato inserimento di medici e psicologi a scuola, con la previsione di un vasto programma di test sierologici di valenza epidemiologica. È solo l’insieme delle misure preventive e degli approcci anche tecnologici che ci consentirà di far rientrare in aula in totale sicurezza i nostri figli”.
C’è poi la questione dei corsi universitari, visto che nei fatti moltissimi atenei italiani continueranno a svolgere la gran parte dell’attività didattica online per carenza di aule e spazi idonei. Insomma, i diversi gradi del sistema di istruzione italiano pongono problematiche molto diverse e che vanno comunque affrontate in chiave post-COVID.
È ancora Miani a precisare che “L’editoriale estivo di apertura del numero di Luglio del prestigioso mensile scientifico The Lancet Public Health partiva proprio da un nostro recente contributo ospitato sulla stessa rivista (https://www.thelancet.com/journals/lanpub/onlineFirst) per evidenziare come la scuola sia nella grande maggioranza dei casi un’opportunità poco e male utilizzata per promuovere la salute e il benessere degli studenti, che in ultima analisi si dimostra capace di influenzare positivamente anche il rendimento scolastico. Questo tema è stato ripreso nelle ultime settimane dal Ministero dell’’Istruzione col documento programmatico sulle scuole promotrici di salute”.