In libreria “Lettere da un paese chiuso”: Toni Capuozzo racconta i mesi dell’emergenza Covid-19 e il lockdown nel nostro Paese
Da esperienza intima e personale a cronaca quotidiana, da diario di sensazioni, ricordi e annotazioni a ‘Lettere da un Paese chiuso’. Si chiama cosi’ l’ultimo libro del giornalista Toni Capuozzo, un racconto da leggere, ma anche da ascoltare e condividere grazie alla multimedialita’.
Edito da Signs books, ‘Lettere da un Paese chiuso. Storie dall’Italia del Coronavirus’ è stato presentato di recente all’aeroporto Costa Smeralda di Olbia.
“Come tutti, i primi giorni del lockdown sono rimasto totalmente sorpreso- racconta Capuozzo all’agenzia Dire (www.dire.it) – e ho iniziato a usare i social, che sono la forma di comunicazione piu’ diffusa. Dopo poco mi sono accorto che scrivere non teneva compagnia soltanto a me stesso, ma a tante altre persone che interagivano con me. È nata cosi’ una specie di diario pubblico in forma di dialogo che ho deciso di rendere fruibile anche nel libro stampato tramite QR code”.
Ai suoi pensieri affidati a Facebook, Capuozzo riceveva anche quattromila commenti al giorno, segno di una volonta’ di condividere quell’esperienza nuova e in realta’ personalissima. Impossibile non pensare alla sua lunga carriera da inviato di guerra. Che effetto fa scrivere e raccontare da casa un lockdown dopo anni passati sul campo?
“‘Lettere da un Paese chiuso’ e’ il mondo visto dalla serratura della porta di casa. Ho riportato molti conflitti in giro per il mondo, ma non mi sarei mai aspettato di raccontare una situazione emergenziale in cui anche io, come tutti, sono stato protagonista. Anche durante l’assedio di Sarajevo si usciva solo per prendere acqua e cibo- ricorda- ma il nemico era visibile, concreto, era l’assediante. In questo caso invece e’ impalpabile e invisibile. In un teatro di guerra abbracciarsi e’ importante per resistere, noi invece ci siamo trovati a doverci fare compagnia restando distanziati, che e’ un ossimoro”.
Una cesura per Capuozzo, uno spartiacque destinato a dividere per sempre un prima e un dopo, al di la’ di quello che succedera’ nei prossimi mesi. E anche in questo caso il rapporto con la guerra e’ inevitabile.
“Siamo di fronte a un cambiamento epocale e senza ritorno. In attesa del vaccino certe forme di aggregazione saranno difficili, anche laddove gli interessi economici sono fortissimi, come il mondo del calcio. A Sarajevo dicevano ‘torneremo come prima’, ma non e’ mai cosi’. Ci sono delle cicatrici che restano, e anche con un vaccino contro il Covid, tutti abbiamo preso coscienza che questo, come diceva Bill Gates qualche anno fa, e’ un fenomeno destinato inevitabilmente a crescere”.
“Ho fatto vaccini di tutti i tipi- dice infine il giornalista- ma normalmente si tratta di malattie legate a luoghi tropicali o malsani. Oggi con la globalizzazione tutto e’ piu vicino. Ricordiamo tutti l’11 settembre. Come in quel caso, credo che anche il Covid condizionera’ a lungo le nostre vite“.