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Prevenzione cardiovascolare: il ruolo della niacina

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Prevenzione secondaria cardiovascolare: una nuova meta-analisi invita a riconsiderare un’indicazione residua per la monoterapia con niacina

Già relegata alla periferia della pratica clinica, una nuova meta-analisi – pubblicata su “JAMA Network Open” – invita un comitato federale USA a riconsiderare un’indicazione residua per la monoterapia con niacina (vitamina B3) a rilascio prolungato in prevenzione secondaria cardiovascolare (CV).

1) LA META-ANALISI
a) Beneficio marginale ridotto dall’uso di altri farmaci
L’analisi non ha mostrato alcuna associazione preventiva per la niacina con la malattia cardiovascolare (CVD) in 35.760 pazienti con malattia coronarica accertata, aterosclerosi o dislipidemia in 17 studi randomizzati condotti fino al 2017.

Tra coloro che non assumevano statine, tuttavia, la monoterapia con niacina era associata a un minor rischio di sindrome coronarica acuta (rapporto di rischio [RR] 0,74, IC al 95% 0,58 – 0,96), ictus (RR 0,74, IC al 95% 0,59 – 0,94) e rivascolarizzazione (RR 0,51, IC al 95% 0,37 – 0,72).

I risultati suggeriscono che la niacina possa essere una «scelta clinica ragionevole» nei pazienti intolleranti alle statine o che vogliono evitare potenziali interazioni tra farmaci, ma sono basati su una popolazione target che potrebbe non essere generalizzabile ai pazienti di oggi, dicono gli autori. guidati da Elvira D’Andrea, del Brigham and Women’s Hospital di Boston.

I risultati sono stati tratti da due studi condotti decenni fa – il Coronary Drug Project del 1975, che è stato il principale riferimento nell’etichettatura per la niacina in monoterapia nella prevenzione secondaria negli Stati Uniti, e lo Stockholm Ischaemic Heart Disease Secondary Prevention Study del 1988.

L’uso sempre più diffuso negli anni successivi di aspirina (ASA), terapia antiaggregante, beta-bloccanti e inibitori del sistema renina-angiotensina dopo un infarto miocardico (IM) potrebbe aver cambiato il rischio CV sottostante, anche tra i pazienti che non assumono statine, e «ha ridotto il beneficio marginale che la niacina potrebbe fornire ai pazienti contemporanei» rilevano gli autori.

b) Richiesta di revisione dell’indicazione alla FDA
Pertanto, l’US Food and Drug Administration (FDA) dovrebbe «convocare un comitato consultivo per riconsiderare questa indicazione approvata per i prodotti a base di niacina, portando a un nuovo trial, forse finanziato dal ‘National, Heart, Lung, and Blood Institute’, per confermare che resta pertinente» scrivono D’Andrea e colleghi nella loro meta-analisi.

«I nostri risultati aggiungono ulteriori prove contro l’ipotesi clinica che l’aumento dei livelli di HDL-C possa svolgere un ruolo chiave nella modifica del rischio CV» aggiungono.

«Con la nostra analisi stratificata, siamo stati in grado di dimostrare che quando il livello di LDL-C viene corretto usando le statine, non ci sono prove che l’aggiunta di niacina fornisca un beneficio clinico incrementale, che in uno scenario clinico dovrebbe essere principalmente dovuto alla sua capacità di aumentare livelli di HDL-C» precisano.

Inoltre, la meta-regressione condotta utilizzando i dati di 14 dei 17 studi inclusi ha mostrato che il cambiamento dei livelli di HDL-C non era associato al rapporto di rischio log per gli outcome CV primari di CVD e mortalità per malattia coronarica, sindrome coronarica acuta, ictus, rivascolarizzazione, o eventi avversi cardiaci maggiori.

D’Andrea e colleghi suggeriscono che l’uso over-the-counter della niacina per la cardioprotezione è un’ulteriore preoccupazione, poiché «qualsiasi beneficio incrementale della niacina come monoterapia diventa ancora più indeterminato», specialmente perché il dosaggio è sostanzialmente inferiore rispetto a quello somministrato negli studi clinici analizzati.

«Questo uso inappropriato potrebbe anche essere associato a un aumento del rischio di eventi avversi senza un miglioramento dei risultati» scrivono.

2) COMMENTI FAVOREVOLI E CONTRARI ALLA TESI
a) Il ruolo svolto dai difetti di progettazione nei trial più recenti
La questione rimane peraltro controversa. William Boden, capo ricercatore dello studio AIM-HIGH e professore di medicina alla Boston University School of Medicine, ammette che la meta-analisi di D’Andrea e colleghi è molto ben fatta ma contesta i ‘continui attacchi’ alla niacina e cita difetti di progettazione nei più recenti trial AIM-HIGH del 2011 e HPS2-THRIVE del 2014.

La mancanza di efficacia clinica osservata nei due studi – sostiene Boden – ha spostato il ruolo della niacina nella pratica clinica e, nella meta-analisi, ha spinto un’associazione preventiva per la niacina con risultati CV verso il nulla dal 2011.

Tuttavia, fa notare, nello studio AIM-HIGH il 75% dei pazienti che ricevevano trattamenti in cieco stavano assumendo statine o altri agenti ipolipemizzanti da 3 a 5 anni e le compresse placebo contenevano una piccola dose da 50 mg di niacina a rilascio immediato.

Inoltre, l’HPS2-THRIVE ha arruolato pazienti con normale colesterolo lipoproteico ad alta densità (HDL-C) e la preparazione a base di niacina a rilascio prolungato comprendeva l’inibitore della prostaglandina laropiprant, che può avere avuto un effetto neutralizzante sulla niacina.

b) Il rischio degli effetti collaterali associati
Invece, secondo Jane Armitage, capo ricercatore di HPS2-THRIVE e professore di studi clinici ed epidemiologia all’Università di Oxford, Regno Unito, «non esiste un ruolo terapeutico per la niacina nella pratica clinica corrente».

«Nel trial HPS2-THRIVE, non siamo riusciti a trovare un gruppo di pazienti per i quali i possibili benefici fossero superiori ai rischi» afferma. «Per i pazienti che hanno bisogno di farmaci ipolipemizzanti e che non assumono o non possono assumere una statina, ci sono farmaci alternativi più sicuri e più efficaci, come gli inibitori di ezetimibe e PCSK9».

Armitage sottolinea che, se non ci sono prove di benefici da niacina nei pazienti di oggi che sono in trattamento con statine, ci sono al contrario buone evidenze di danni, quali «aumenti sostanziali e altamente significativi del rischio di diabete, infezioni e sanguinamento. Per queste ragioni credo che la FDA debba riconsiderare le indicazioni per la niacina, come è stato fatto in Europa» conclude.

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