Migranti: Sea-Watch attacca il governo su uso Moonbird


Migranti, Sea-Watch attacca il governo Conte: “L’Italia blocca l’aereo di soccorso Moonbird. Da giugno ha avvistato 2.600 persone in pericolo”

Migranti, Sea-Watch attacca il governo Conte: “L’Italia blocca l’aereo di soccorso Moonbird. Da giugno ha avvistato 2.600 persone in pericolo”

Il governo italiano ha chiuso i nostri occhi sul Mediterraneo impedendo a Moonbird di volare“. Cosi’ Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch Italia, in un tweet ha denunciato la decisione dell’Enac di non autorizzare il decollo del velivolo dell’organizzazione umanitaria incaricato di individuare migranti alla deriva nel Mediterraneo centrale.

Secondo quanto ha riferito Linardi, da giugno Moonbird “ha effettuato 47 missioni e avvistato 2.600 persone in pericolo chiedendone il soccorso immediato. Eppure da venerdi’ il nostro velivolo e’ fermo a terra a causa di un divieto imposto al decollo, quindi non puo’ piu’ monitorare quello che sta avvenendo in mare, tra Lampedusa e la Libia”.

La portavoce, spiega la Dire (www.dire.it), ha puntato il dito contro “il governo italiano e l’Unione europea, che vogliono assicurarsi che nessuno conosca la verita’ su quanto accade” in quella porzione di mare. All’origine del divieto a decollare, il fatto che Moonbird “avrebbe trascorso troppe ore di volo sul mare – ha riferito Linardi – per segnalare la presenza di persone che necessitavano interventi immediati di salvataggio, cosi’ come i casi di omissione di soccorso, gli inaccettabili ritardi e i respingimenti illegali dei naufraghi verso la Libia”.

SCOPERTA BANDA DI TRAFFICANTI

Un fermo nei confronti di 14 cittadini stranieri è stato emesso dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo su una associazione a delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Tra le accuse anche l’esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria tramite il cosiddetto metodo ‘hawala’, utilizzato principalmente per il pagamento dei viaggi dei migranti o del prezzo della loro liberazione dalle ‘safe house’ in territorio libico. “Condotte criminali – spiegano gli inquirenti – aggravate dall’aver commesso il fatto avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno stato”. L’indagine, denominata ‘Glauco 4′-Hawalanef’, è stata svolta dalla squadra mobile di Palermo e dal Servizio centrale operativo con il coordinamento del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dell’aggiunto Marzia Sabella e dei sostituti Gery Ferrara, Claudio Camilleri e Giorgia Righi. Il sodalizio criminale poteva contare su cellule operanti in Africa, in diverse aree d’Italia e in altri paesi europei.

L’inchiesta rappresenta la prosecuzione delle operazioni ‘Glauco I’, ‘Glauco II’ e ‘Glauco III’, condotte tra il 2013 e il 2017, che hanno consentito nel tempo di individuare e identificare numerosi trafficanti di esseri umani che operavano sulla rotta del Mediterraneo centrale, molti dei quali già condannati in via definitiva, e i loro referenti in Italia. Nell’inchiesta spicca la figura di Ghermay Ermias, destinatario di diverse misure cautelari e al momento latitante: proprio dallo sviluppo delle indagini finalizzate alla sua ricerca è stata ricostruita l’associazione a delinquere che operava tra il centro Africa (Eritrea, Etiopia e Sudan), i paesi del Maghreb (soprattutto la Libia) e l’Italia: qui l’organizzazione era attiva a Lampedusa, Agrigento Catania, Roma, Udine e Milano. La banda aveva ramificazioni anche in nord Europa: Inghilterra, Danimarca, Olanda, Belgio e Germania. Per gli inquirenti è “accertato” che “sin dal 2017 l’organizzazione ha supportato le attività di traffico sia nel corso del viaggio dei migranti sul continente africano che in occasione del loro concentramento presso i campi di prigionia in Libia”

GLAUCO 4, INDAGATI FAVORIVANO FUGA DA CENTRI ACCOGLIENZA

Tra le attività dei 14 fermati dalla Dda di Palermo nell’operazione ‘Glauco 4’, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina c’era anche l’aiuto alla fuga dei migranti dai centri di accoglienza in Sicilia. Il particolare viene sottolineato dagli inquirenti secondo cui gli indagati sarebbero intervenuti “consentendo” ai migranti di allontanarsi dai centri in cui erano ospitati “nascondendoli in altri luoghi e fornendo loro, in alcuni casi, vitto, alloggio, titoli di viaggio e documenti falsi. In un secondo momento l’organizzazione curava la partenza verso località del centro e nord Italia, da dove poi i migranti raggiungevano il nord Europa e talvolta gli Usa. In altre occasioni, i membri del gruppo hanno contattato direttamente i migranti, già giunti in Italia, per consentire loro la prosecuzione dei loro viaggi verso altri Stati europei o in alcuni casi anche verso gli Stati uniti, gestendo la pericolosa tratta del viaggio attraverso i paesi del sud America. Un lavoro garantito a fronte di pagamenti effettuati dagli stessi migranti o dai loro familiari e amici, spesso residenti all’estero, che inviavano il denaro attraverso il sistema fiduciario ‘hawala’, che consente di trasferire denaro in maniera illecita utilizzando una rete di intermediari (gli ‘hawaladars’) operanti in tutto il mondo.

COLLABORATORE DI GIUSTIZIA SVELA I SEGRETI DELL’ORGANIZZAZIONE

L’organizzazione dedita al traffico di esseri umani dall’Africa all’Europa, scoperta dalla Dda di Palermo con l’inchiesta ‘Glauco 4’ che si è avvalsa anche delle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia, poteva contare su una base operativa in Italia tra Milano e il nord-est. A capo dell’intera organizzazione due cittadini eritrei rimasti latitanti, considerati i vertici internazionali del sodalizio e operanti principalmente all’estero, tra l’Africa, i paesi del Golfo Persico e altri stati extraeuropei. In Italia, invece, la polizia ha individuato Solomon Tekliyes, considerato capo della cellula operante principalmente a Udine, Mussie Ghirmay e Mosie Andemickael, questi ultimi considerati capi della cellula di Milano, città in cui vive una grande comunità di cittadini provenienti dai paesi del Corno d’Africa.

‘CASO DICIOTTI’ TRA SBARCHI  DI MIGRANTI RICONDUCIBILI A BANDA

Alla banda di trafficanti di esseri umani è riconducibile anche l’arrivo di 190 migranti in Italia il 16 agosto 2018poi trasportati a bordo della nave della Marina Militare ‘Diciotti’ che fu al centro di un caso con protagonista l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Il particolare emerge dall’inchiesta ‘Glauco 4’. Secondo la ricostruzione della squadra mobile di Palermo e dello Sco, infatti, al gruppo criminale sono riconducibili alcuni arrivi di migranti in Italia e il loro successivo spostamento dal territorio nazionale verso l’estero. Oltre al ‘caso Diciotti’, gli arrivi individuati dalle forze dell’ordine nell’inchiesta sono quelli del 14 luglio 2017 a Catania, con 1.422 migranti, del 27 novembre del 2017, sempre nel capoluogo etneo, con la nave ‘Acquarius’ che portò 416 persone, e quello del 16 dicembre dello stesso anno ad Augusta (Siracusa): in questa occasione sbarcarono 407 migranti.