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Trapianto di rene: everolimus riduce le infezioni

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Everolimus in associazione a una ridotta esposizione all’inibitore della calcineurina (CNI) riduce le infezioni virali dopo trapianto di rene

Nuovi dati di fase IV confermano l’elevata efficacia del regime a base di everolimus nei pazienti sottoposti a trapianto di rene, in associazione a una ridotta  esposizione all’inibitore della calcineurina (CNI). I dati pongono a confronto everolimus in associazione a una esposizione ridotta di CNI verso l’acido micofenolico (MPA, mycophenolic acid) con esposizione standard al CNI.

I CNI sono noti per il loro potenziale nefrotossico e possono determinare nel lungo termine complicanze cardiovascolari o lo sviluppo di neoplasie maligne. I dati clinici dimostrano che, a causa delle complicanze dovute ai CNI, solo il 50% dei pazienti sottoposti a trapianto renale sopravvive più di 10 anni dopo l’intervento.

Lo studio TRANSFORM ha valutato l’evoluzione della funzionalità renale nel tempo, dimostrando che il regime basato su everolimus, in associazione a una esposizione ridotta di CNI, non solo mantiene la funzionalità renale, ma riduce anche in modo significativo le infezioni virali, come quelle da citomegalovirus (3,5% con everolimus vs 12,5% con MPA) e da BK virus (3,9% con everolimus vs 7,2% con MPA).

Lo studio TRANSFORM ha raggiunto il suo endpoint primario al dodicesimo mese, dimostrando che il tasso di incidenza del rigetto acuto trattato e comprovato da biopsia (tBPAR, treated biopsy-proven acute rejection) è risultato simile nei due gruppi di trattamento, così come la percentuale di pazienti con funzionalità del trapianto, calcolata sulla base della filtrazione glomerulare (eGFR), inferiore a 50 ml/min. Lo studio ha raggiunto anche il suo endpoint secondario di non inferiorità dell’endpoint composito di tBPAR, perdita dell’organo e morte. Nel complesso, nel regime con everolimus si è osservata una tendenza a una migliore sopravvivenza del paziente (98,4% con everolimus vs 97,4% con MPA).

Lo studio TRANSFORM – il più vasto studio interventistico de novo mai condotto nel trapianto renale – ha incluso oltre 2000 pazienti sottoposti a trapianto di rene, arruolati in 195 centri in 42 Paesi. È la prima volta che uno studio combina l’esito del rigetto (tBPAR) con un eGFR in un unico endpoint primario composito clinicamente rilevante.

Lo studio TRANSFORM
TRANSFORM (Advancing renal TRANSplant eFficacy and safety Outcomes with an eveRoliMus-based regimen) è il più vasto studio interventistico de novo mai condotto nel trapianto renale. TRANSFORM (NCT01950819) è uno studio di 24 mesi multicentrico, randomizzato, condotto in aperto, che ha coinvolto 2037 pazienti con trapianto di rene arruolati in 195 centri in 42 Paesi. Lo studio ha raggiunto il suo endpoint primario al dodicesimo mese. TRANSFORM continuerà a studiare le funzionalità a lungo termine dell’organo trapiantato e le morbidità complessive dei pazienti.

L’obiettivo primario di TRANSFORM è quello di valutare i risultati complessivi, ai fini del trapianto, di un regime con everolimus associato a livelli ridotti di CNI rispetto allo standard terapeutico attuale – cioè MPA in associazione a dosaggio standard di CNI – utilizzando un nuovo endpoint composito binario di eGFR.

L’endpoint secondario è quello di valutare everolimus con esposizione ridotta al CNI rispetto a MPA più esposizione standard al CNI a 12 e 24 mesi dopo il trapianto rispetto all’endpoint regolatorio convenzionale, cioè il tasso composito di compromissione dell’efficacia (rigetto acuto trattato comprovato da biopsia [tBPAR], perdita dell’organo e morte).

TRANSFORM valuta anche l’evoluzione della funzionalità renale nel tempo, esamina l’incidenza degli anticorpi specifici del donatore (DSA, donor-specific antibodies) e lo sviluppo di nefropatia cronica del trapianto/fibrosi interstiziale-atrofia tubolare (CAN/IFTA , Chronic Allograft Nephropathy/Interstitial Fibrosis-Tubular Atrophy).

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