Trombocitopenia immune: l’isolamento sociale è comune nei pazienti adolescenti. Parla l’esperto, il dott. Marco Spinelli
Capita di frequente di discutere con qualcuno che, per spiegare il proprio punto di vista su un argomento, ci inviti a metterci “nei suoi panni”. Immedesimarsi nell’altro non è un’operazione facile, perché richiede l’abbandono delle nostre convinzioni e sicurezze al fine di esplorare una tematica assumendo argomentazioni che non ci sono proprie. Comprendere il punto di vista di un malato risulta ancora più difficile, perché proiettare su noi stessi le conseguenze di una malattia risulta a volte troppo doloroso. Tuttavia, l’emergenza sanitaria in corso, legata alla pandemia di Coronavirus, ha permesso a molte persone di realizzare cosa voglia dire, specialmente per gli adolescenti, essere affetti da trombocitopenia immune (ITP).
“Il periodo del lockdown è stato molto impegnativo per tutti, ma in modo particolare lo è stato per i giovani affetti da trombocitopenia immune, cronica o acuta, che in certi casi sono già costretti a lunghi periodi di ospedalizzazione”, conferma il dott. Marco Spinelli, dell’U.O. di Ematologia Pediatrica presso la Clinica Pediatrica dell’Ospedale San Gerardo di Monza. “La quarantena imposta dal diffondersi del virus SARS-CoV-2 ha fatto capire a tanti ragazzi sani cosa significhi convivere con una patologia come la trombocitopenia immune. Infatti, i giovani affetti da questa malattia si sentono spesso isolati, o tendono ad emarginarsi, a causa dei segni che la patologia porta con sé”.
Epistassi (perdita di sangue dal naso), sanguinamenti delle mucose orali, delle gengive e, in certi casi, anche oculari, sono solo alcuni dei sintomi della ITP, ai quali si aggiungono segni clinici come le ecchimosi o la comparsa di petecchie. L’emorragia, causata dalla carenza di piastrine, è il tratto più comune della malattia e fortunatamente diventa grave solo in casi estremamente rari, manifestandosi a livello cerebrale; tuttavia, la presenza dei segni della ITP sulla pelle e gli episodi di sanguinamento, insieme a una maggiore stanchezza fisica, possono compromettere la vita quotidiana di un adolescente che, ad esempio, come tanti suoi coetanei, desideri partecipare ad attività fisiche o sportive. Tutto ciò concorre a minare alle fondamenta le sicurezze psicologiche di un giovane nella fase di crescita. “Tramite la quarantena, tanti ragazzi hanno compreso cosa voglia dire, per i loro giovani amici con ITP, trovarsi lontani dalle relazioni quotidiane con i compagni”, prosegue Spinelli. “Inoltre, il periodo di isolamento forzato ha permesso ai genitori degli adolescenti con ITP di capire cosa provino i loro figli ad essere esclusi da una quotidianità che loro stessi vivono regolarmente. Molti genitori, che non accettavano le motivazioni psicologiche che inducono i figli a chiudersi e a nascondere le tracce della ITP, mi hanno detto che l’isolamento è stato fondamentale per immedesimarsi in chi vive la malattia e per comprenderne meglio i sentimenti e le emozioni”.
Le uscite con gli amici, lo sport, l’alimentazione o i viaggi sono temi su cui un adolescente sano, al contrario di uno affetto da ITP, normalmente non si sofferma a riflettere. “I giovani che convivono con la trombocitopenia immune sono molto più attenti e sensibili a queste tematiche rispetto agli altri”, sottolinea Spinelli. “Hanno una maggiore ricettività e, nel contesto dell’attuale pandemia, si sono rivelati più bravi dei coetanei a seguire le indicazioni sull’uso dei dispositivi di protezione individuali e sul rispetto delle regole di distanziamento. Insieme a loro, anche i familiari che ne tutelano la salute si sono dimostrati responsabili e scrupolosi, magari rinunciando all’uscita per l’aperitivo o prediligendo il lavoro da remoto, o anche portando la mascherina in casa. Tutto ciò ha avuto un effetto positivo, dal momento che non abbiamo avuto adolescenti con ITP colpiti dal virus SARS-CoV-2 nel nostro Centro”.
“Quello che auspico – prosegue l’esperto – è che il COVID-19 abbia insegnato, prima di tutto, il rispetto delle norme igieniche di base. Lavarsi le mani frequentemente, indossare la mascherina ed evitare di mandare i bambini a scuola con la febbre solo perché i genitori devono lavorare aiuterà a ridurre il rischio d’infezione virale per i pazienti immunodepressi o per coloro che hanno una comorbilità, consentendo a tutti di vivere al meglio la vita quotidiana, senza il timore degli atteggiamenti negligenti delle persone che incontrano. Inoltre – conclude Spinelli – tutto ciò sarà fondamentale per un eventuale rientro a scuola in sicurezza, un momento per il quale la mappatura dei contatti e l’attivazione di un sistema di monitoraggio della temperatura corporea in loco rimangono fondamentali, al fine di isolare da subito i nuovi contagi”.
Per ulteriori informazioni sulla ITP in età infantile e adolescenziale è possibile visitare anche il sito web “My ITP life”.