Epatite D: bulevirtide efficace per pazienti affetti anche dalla B


Bulevirtide, a dose elevata, efficace e sicuro nell’arrestare la replicazione del virus epatite D in pazienti coinfetti con virus B

Bulevirtide, a dose elevata, efficace e sicuro nell'arrestare la replicazione del virus epatite D in pazienti coinfetti con virus B

Bulevirtide, una nuova opzione potenziale di trattamento per la coinfezione dai virus epatitici B e D (HBV/HDV) si è dimostrato sicuro ed efficace in uno studio che ha valutato un dosaggio elevato della molecola, presentato in occasione del congresso annuale EASL, tenutosi quest’anno in modalità virtuale.

Nello specifico, bulevirtide, inibitore di entrata first-in-class attualmente in corso di sviluppo clinico, è stato valutato in questo trial di estensione, da solo o in combinazione con interferone pegilato α (PEG-IFNα), dimostrando il conseguimento di un declino lineare e sostenuto (48 settimane) dell’RNA del virus HDV in pazienti coinfetti con HDV e HBV.

Razionale della terapia contro l’epatite D e meccanismo d’azione di bulevirtide

Il virus HDV è un virus difettivo che necessita dell’antigene virale del virus HBV (HBsAg) per la disseminazione.  Può infettare individui con infezione da HBV in corso e si stima che colpisca fino al 5% della popolazione infetta da HBV, tra 15 e 20 milioni di individui.

L’infezione cronica da HDV è considerata una delle tipologie più aggressive di epatite virale, associandosi con un rischio elevato di cirrosi, scompenso epatico e carcinoma epatocellulare.

Ad oggi, la sola opzione di trattamento raccomandata per il trattamento dell’epatite da HDV è rappresentata da PEG-IFNα, per quanto esistano documentazioni in letteratura che attestano l’esistenza di una considerevole varietà di risposta al trattamento, in termini di capacità di mantenimento della soppressione del virus HDV. Non solo: in quasi un paziente su due è possibile osservare il manifestarsi di recidive.

Bulevirtide è la prima rappresentante di una nuova classe di farmaci che sfrutta la dipendenza di HDV da HBV. Legandosi alla proteina NTCP (polipeptide trasportatore di sodio taurocolato) sulla superficie degli epatociti e alterando la sua interazione con HBsAg, bulevirtide previene l’ingresso di entrambi i virus in questione nelle cellule del parenchima epatico.

Obiettivi e disegno dello studio
La molecola è già stata valutata con successo in un trial di fase 2, dimostrandosi in grado di raggiungere tassi elevati di soppressione virale a 48 settimane: nello specifico, bulevirtide, in monoterapia, ha indotto un declino dell’RNA di HDV e migliorato i livelli della transaminasi ALT in pazienti con HDV (studio MYR202). In combinazione con PEG-IFNα, inoltre, bulevirtide (al dosaggio di 2 o 5 mg) ha indotto effetti sinergici.

L’obiettivo di questo studio di estensione del trial summenzionato (indicato con la sigla MYR203) è stato quello di determinare, a 48 settimane e previa randomizzazione dei pazienti, la sicurezza e l’efficacia di una dose elevata di questo farmaco (10 mg, divisi in due dosi giornaliere o in dose unica), somministrata sottocute in associazione con 180 mcg di PEG-IFNα somministrato a cadenza settimanale (n=15 pazienti) o con tenofovir disoproxil fumarato (TDF) per controllare l’infezione sottostante da HBV (n=15 pazienti).

I pazienti sono stati trattati per 48 settimane (come nel trial precedente MYR202). A questa fase è seguita una fase libera da trattamento o con trattamento con TDF della durata di 24 settimane.

L’endpoint primario era rappresentato dalla mancata rilevazione di livelli sierici di RNA di HDV alla 72esima settimana (24 settimane dopo la cessazione della terapia, mentre tra gli endpoint secondari considerati vi erano la mancata rilevazione di livelli sierici di RNA di HDV a 48 settimane, la normalizzazione dei livelli della transaminasi ALT a 48 e a 72 settimane e, last but not least, la mancata rilevazione o il declino dei livelli di HBsAg (riduzione logaritmica decimale >1 in termini di UI/ml) a 48 e a 72 settimane.

Dati di efficacia
Il trattamento monoterapico con bulevirtide per HDV a dosaggio elevato (5 mg bis die) ha determinato un declino continuo lineare dei livelli di RNA di HDV durante le 48 settimane di trattamento previste dal protocollo. Non solo: il mantenimento della mancata rilevazione di livelli sierici di RNA di HDV si è mantenuto nel 33,3% dei pazienti fino a 24 settimane dopo la cessazione del trattamento.

E’ stato anche osservato che la risposta antivirale ottenuta con bulevirtide 5 mg bid era paragonabile a quella osservata con bulevirtide 10 mg qd.

I risultati dello studio hanno documentato anche una riduzione e normalizzazione rapida dei livelli della transaminasi ALT.

Passando al trattamento di combinazione bulevirtide-PEG-IFNα, la mancata rilevazione dei livelli sierici di RNA di HDV è stata osservata nell’80% dei pazienti dopo 48 settimane di trattamento. Inoltre, Solo un paziente (HBsAG negativo) è andato incontro a recidiva infettiva dopo 72 settimane.

Dati di safety
Dai risultati dello studio non sono emersi eventi avversi seri (SAE) nel corso delle 72 settimane dello studio (comprendendo la fase di sospensione del trattamento con bulevirtide della durata di 24 settimane), né sono stati registrati abbandoni del trattamento assegnato dalla randomizzazione legati a bulevirtide.

Nel complesso, sono stati registrati 558 eventi avversi (AE) durante le 72 settimane complessive dello studio:
– 505 AE si sono avuti durante la fase di trattamento e 53 nel corso del follow-up
– Gli AE legati a bulevirtide sono stati 147 (68 nel gruppo trattato anche con PEG-IFNα e 79 nel gruppo trattato anche con TDF
– Gli AE legati a TDF sono stati 40 mentre quelli legati a PEG-IFNα, la maggioranza, sono stati 303
L’AE di più frequente riscontro (totalità dei pazienti) è stato l’innalzamento asintomatico dei sali biliari.

Da ultimo, in 5 pazienti è stata documentata una reazione al sito di iniezione con bulevirtide

Implicazioni dello studio

In conclusione, i risultati di questo studio hanno documentato che il trattamento giornaliero con 10 mg di bulevirtide rappresenta un’opzione di trattamento sicura e promettente per la terapia di mantenimento dell’epatite cronica D.

Le forti risposte antivirali contro HDV hanno confermato risultati di studi precedenti che mostrano una forte sinergia già a basse dosi di bulevirtide in combinazione con PEG-IFNα. Nella riunione di maggio, il Comitato per i medicinali per uso umano (Chmp) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha raccomandato l’approvazione del farmaco di MYR Pharmaceuticals, al dosaggio di 2 mg, per il trattamento dell’infezione cronica da virus delta dell’epatite delta negli adulti con malattia epatica compensata.