Fibrillazione atriale caratterizzata dallo Schema 4S: secondo le nuove linee guida il trattamento dei pazienti segue il percorso ABC
Sono state presentate nel corso del Congresso ESC 2020 le nuove linee guida per la diagnosi e il trattamento della fibrillazione atriale (FA) con il percorso ABC realizzate da European Society of Cardiology (ESC)/European Association of Cardio-Thoracic Surgery (EACTS).
Rispetto alla precedente versione del 2016 sono numerose le modifiche: non sono solo state aggiornate con i risultati dei numerosi studi clinici ma rappresentano un vero e proprio cambio di paradigma per la diagnosi, la classificazione e la gestione della malattia, a partire dalla raccomandazione, che potrebbe sembrare per certi versi pleonastica, di posizionare il paziente al centro del percorso.
Le quattro S dei domini della malattia
Queste nuove linee guida propongono l’adozione di un nuovo paradigma che prevede quattro domini, le 4S: la valutazione del rischio di ictus (Stroke risk), la gravità dei sintomi (Symptom severity), l’impatto della malattia (Severity of AF burden) e la compromissione dell’organismo (Substrate severity).
Per ogni dominio di malattia è disponibile un indicatore, in particolare il CHA2DS2-VASc valuta il rischio di ictus, lo score EHRA la gravità dei sintomi, la classificazione della malattia con riferimento alla durata e alla risoluzione spontanea per la gravità, mentre riguardo la compromissione dell’organismo si fa riferimento a età, comorbilità, fibrosi, ecc. Da notare che per la valutazione dei domini possiamo utilizzare tool già disponibili, ma questo non toglie nulla alla possibilità di integrarli o modificarli in futuro con nuovi strumenti.
Semplice come l’ABC
Dopo la diagnosi, che deve essere confermata tramite un ECG a 12 derivazioni o il riscontro di alterazioni del ritmo per almeno 30 secondi e la caratterizzazione tramite lo Schema 4S, il trattamento segue il percorso ABC.
• A come Anticoagulation/Avoid Stroke: identificare i pazienti a basso rischio (con CHA2DS2-VASc pari a 0 nei maschi e 1 nelle femmine) e/o proporre una terapia preventiva in tutti gli altri casi, valutando il rischio emorragico e intervenendo sui fattori di rischio modificabili; utilizzare la terapia anticoagulante (Nao o warfarin, qualora il Ttr sia sotto controllo).
• B come Better symptom control: valutare i sintomi, la qualità della vita e le preferenze del paziente, ottimizzare il controllo della frequenza cardiaca e valutare una strategia di controllo del ritmo cardiaco (cardioversione, utilizzo di farmaci antiaritmici o ablazione).
• C come Comorbidities/cardiovascular risk factor management: valutare le comorbilità e i fattori di rischio cardiovascolare e proporre variazioni degli stili di vita (diminuzione del grado di obesità, esercizio fisico regolare, diminuzione del consumo di alcolici, ecc.); queste nuove linee guida rafforzano la necessità della loro gestione, in quanto è oramai dimostrato che la FA non si presenta mai da sola ma sempre associata ad altre patologie.
Rispetto alle terapie standard, il percorso ABC è associato a una diminuzione della mortalità per tutte le cause, dell’outcome composito di ictus/emorragia maggiore/morte cardiovascolare e prima ospedalizzazione, di un tasso minore di eventi cardiovascolari e dei costi sanitari associati.
I criteri diagnostici e la classificazione
Si è infine osservato che i pazienti con sintomi atipici (assenza di palpitazioni) o asintomatici presentano outcome clinici addirittura peggiori dei pazienti con sintomi tipici; da qui la necessità di identificare questi pazienti. “Questa necessità fornisce il backgroud per la ricerca della FA anche attraverso screening e attraverso diversi tool molto interessanti con buona sensibilità e specificità; lo screening presenta i rischi connessi all’ansia causata dal riscontro di FA ma sono stati osservati molti benefici, come la riduzione degli ictus e la possibilità di iniziare il trattamento con anticoagulanti per diminuire la morbilità e la mortalità” dichiara il Dr Giuseppe Boriani, Divisione di Cardiologia Università di Modena Reggio Emilia, Modena nel corso della presentazione al convegno di queste linee guida. Questo razionale ha portato alla ricerca e allo sviluppo di nuovi sistemi di screening, spesso in mano allo stesso paziente, come applicazioni specifiche per smartphone o i registratori ECG sulle dita o tramite patch.
Le linee guida hanno rivalutato i criteri per la diagnosi, tenendo in considerazione anche queste nuove opzioni, per quanto non sia ancora definito in modo certo quali pazienti sottoporre a screening; la nuova raccomandazione prevede che per la diagnosi di FA sia necessario un ECG a 12 derivazioni o, in caso di ECG a una derivazione, un episodio di durata di almeno 30 secondi che mostri aumentata frequenza cardiaca con onde P non riconoscibili e un intervallo RR irregolare.
Una volta diagnosticata la FA, segnala Boriani, “è necessario classificare l’aritmia in modo appropriato; la classificazione dell’edizione 2020 è identica a quella dell’edizione precedente ma è stato deciso di non utilizzare più alcuni termini, come FA solitaria, valvolare/non valvolare, cronica; questi termini non devono più essere utilizzati in quanto fonte di confusione”.
Cosa fare e cosa non fare: il messaggio delle linee guida
Con un approccio molto pratico, le linee guida direttamente una sintesi delle loro principali raccomandazioni con focus specifici; uno di questi riassume “cosa fare e cosa non fare”.
Come prevedibile, molto numerose sono le raccomandazioni riguardanti il corretto modo di operare, ma meritano una citazione le “cose da non fare”. In particolare non è raccomandato l’utilizzo della sola terapia antiaggregante (monoterapia o acido acetilsalicilico in associazione a clopidogrel) per la prevenzione degli ictus; inoltre la sola valutazione del rischio emorragico, in assenza di controindicazione ai NAO, non deve essere considerato come elemento guida per la scelta di utilizzare i NAO nella prevenzione degli ictus. I pattern clinici della FA (parossistica, di prima diagnosi, persistente, …) non devono infine condizionare le indicazioni alla tromboprofilassi.
Nei pazienti con fibrillazione atriale che si presentano con ictus ischemico acuto, non è consigliata l’anticoagulazione molto precoce (<48 h) utilizzando eparina non frazionata, eparine a basso peso molecolare o antagonisti della vitamina K. I NAO sono controindicati in pazienti con protesi valvolari meccaniche. L’uso dei NAO non è raccomandato in pazienti con FA e stenosi della valvola mitralica moderata-grave.
Per i pazienti con sindrome del seno malato, disturbi della conduzione atrioventricolare o QTc prolungato (> 500 ms), la cardioversione farmacologica non deve essere tentata a meno che non siano stati considerati i rischi di proaritmia e bradicardia.
La terapia antiaritmica non è raccomandata nei pazienti con FA permanente con frequenza cardiaca sotto controllo e nei pazienti con disturbi della conduzione avanzati a meno che non venga fornita la stimolazione antibradicardica. I beta-bloccanti, infine, non devono essere utilizzati di routine per la prevenzione della FA postoperatoria in pazienti sottoposti a chirurgia non cardiaca.
I Key message delle linee guida
Oltre a riassumere cosa fare e non, le stesse linee guida riassumono i 20 punti chiave.
1) La diagnosi di FA deve essere confermata con un ECG a 12 derivazioni o con un episodio confermato di FA dellla durata di almeno 30 secondi.
2) Una caratterizzazione strutturata della FA, che prevede il rischio di ictus, la gravità dei sintomi, la gravità del carico di malattia e il suo substrato servono a migliorare un trattamento personalizzato dei pazienti con FA.
3) I nuovi tool e le tecnologie per lo screening e il rilevamento della FA, come i micro-impianti e i dispositivi indossabili, aumentano in modo sostanziale le possibilità di diagnosi in pazienti a rischio di FA. Tuttavia, non sono ancora definiti chiaramente percorsi di gestione adeguati basati su questi tool.
4) La gestione integrata e olistica dei pazienti con FA è essenziale per il miglioramento degli outcome.
5) Le preferenze del paziente devono essere tenute in considerazione nella formulazione della proposta terapeutica e comprese all’interno del percorso di gestione; una valutazione strutturata degli outcome riferiti dal paziente è un elemento fondamentale per documentare e misurare il successo terapeutico.
6) Il percorso ABC semplifica l’assistenza integrata dei pazienti con fibrillazione atriale a tutti i livelli sanitari e tra diverse specialità.
7) La valutazione strutturata, clinica, basata sulla valutazione del rischio tromboembolico individuale, utilizzando il punteggio CHA2DS2-VASc, dovrebbe essere eseguita come primo passo nella gestione ottimale del rischio tromboembolico nei pazienti con fibrillazione atriale.
8) I pazienti con FA e fattori di rischio per l’ictus devono essere trattati con anticoagulanti per la prevenzione dell’ictus. Nei pazienti ammissibili ai NAO, gli stessi sono da preferire al warfarin.
9) Una valutazione del rischio emorragico basata su un punteggio di rischio strutturato, ad esempio con l’utilizzo dello score HAS-BLED, aiuta a identificare i fattori di rischio emorragico non modificabili e a intervenire sui fattori di rischio di sanguinamento modificabili nei pazienti con FA.
10) Un rischio di sanguinamento elevato non dovrebbe comportare automaticamente la sospensione del NAO nei pazienti con FA e rischio di ictus. Occorre invece intervenire sui fattori di rischio emorragico modificabili e programmare per i pazienti ad alto rischio una rivalutazione clinica e un follow-up più frequenti.
11) Il controllo della frequenza cardiaca è parte integrante della gestione della FA ed è spesso sufficiente per migliorare i sintomi correlati.
12) L’indicazione principale per il controllo del ritmo mediante cardioversione, terapia antiaritmica e/o ablazione transcatetere è la riduzione dei sintomi correlati alla FA e il miglioramento della QoL.
13) La decisione di iniziare una terapia con farmaci antiaritmici a lungo termine deve essere il risultato di un bilancio tra il carico dei sintomi, le possibili reazioni avverse al farmaco, in particolare la proaritmia indotta dal farmaco o gli effetti collaterali extracardiaci, e le preferenze del paziente.
14) L’ablazione transcatetere è un trattamento consolidato per la prevenzione delle recidive di FA. Quando eseguita da operatori adeguatamente formati, l’ablazione transcatetere è un’alternativa sicura e superiore alla terapia farmacologica antiaritmica per il mantenimento del ritmo sinusale e il miglioramento dei sintomi.
15) I principali fattori di rischio per la recidiva della FA dovrebbero essere valutati e considerati nel processo decisionale per un intervento terapeutico.
16) Nei pazienti con FA e frazione di eiezione ventricolare sinistra normale, non è stato dimostrato che l’ablazione transcatetere riduca la mortalità totale o l’ictus. Nei pazienti con FA e cardiomiopatia indotta da tachicardia, l’ablazione transcatetere inverte la disfunzione del ventricolo sinistro nella maggior parte dei casi.
17) La riduzione del peso corporeo, il controllo rigoroso dei fattori di rischio e l’evitare i trigger per la FA sono strategie importanti per migliorare gli outcome relativi al controllo del ritmo.
18) L’identificazione e la gestione dei fattori di rischio e delle comorbilità è parte integrante del trattamento dei pazienti con FA.
19) In pazienti con FA e sindrome coronarica acuta sottoposti a intervento coronarico percutaneo, deve essere tenuta in considerazione la sospensione precoce della terapia con acido acetilsalicilico e lo switch alla doppia terapia con NAO e inibitori della P2Y12.
20) I pazienti con AHRE (atrial high rate episode) devono essere sottoposti a monitoraggio regolare per valutare la progressione verso la FA clinica e le variazioni del rischio tromboembolico individuale (come la variazione del punteggio CHA2DS2-VASc). Nei pazienti con AHRE di lunga durata (soprattutto se superiore alle 24 ore) e un punteggio CHA2DS2-VASc elevato, è ragionevole considerare l’uso di NAO qualora si preveda un beneficio clinico netto positivo dall’introduzione del NAO attraverso un processo decisionale terapeutico condiviso e informato.
Cosa dobbiamo ancora fare? Le lacune nelle evidenze disponibili
Nonostante i numerosi progressi scientifici riportati, nell’elaborazione delle Linee guida sono state identificate numerose aree che ancora oggi non hanno sufficienti evidenze scientifiche. Numerosi sono i temi che ancora necessitano di approfondimento e spaziano dai meccanismi alla base della fibrillazione, a quali tipologie di pazienti sottoporre a screening, a quando è necessario iniziare la terapia anticoagulante, soprattutto in classi di pazienti specifiche quali i pazienti con patologie valvolari cardiache o i pazienti con pregressi episodi di sanguinamento o di ictus, per concludere con le diverse tecniche di ablazione, i relativi outcome e l’identificazione dei pazienti che meno ne beneficiano.
Bibliografia
Hindricks G, et al; ESC Scientific Document Group. 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation developed in collaboration with the European Association of Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J. 2020 Aug 29:ehaa612. doi: 10.1093/eurheartj/ehaa612. leggi