Basalioma localmente avanzato: cemiplimab promettente in alcune tipologie di casi secondo i nuovi dati di uno studio di fase 2
L’anticorpo monclonale anti-PD-1 cemiplimab ha mostrato un’attività clinica incoraggiante nei pazienti con carcinoma basocellulare (o basalioma) localmente avanzato, in progressione nonostante un trattamento con inibitori di hedgehog o risultati intolleranti a questi farmaci, indipendentemente dall’espressione del marcatore PD-L1. È quanto emerge dai risultati della coorte principale di uno studio di fase 2 (NCT03132636), presentati durante il congresso virtuale ESMO 2020.
Con un follow-up mediano di 15 mesi, il tasso di risposta obiettiva (ORR) nei pazienti con BCC localmente avanzato trattati con cemiplimab, valutato da revisori indipendenti in modo centralizzato, è risultato del 31% (IC al 95%, 21,3%-42,0%), con il 6% di risposte complete e il 25% di risposte parziali.
I dati aggiornati, dunque, mostrano un aumento dell’ORR rispetto al 29% comunicato nel maggio scorso, quando erano stati diffusi i risultati topline dello studio, e rispetto all’analisi iniziale sono state confermate due risposte aggiuntive.
«Cemiplimab è la prima terapia sistemica a mostrare benefici clinici in pazienti con carcinoma basocellulare localmente avanzato già trattati con inibitori di hedgehog» ha detto l’autore principale dello studio, Alexander Stratigos, dell’Università di Atene. «Questi risultati forniscono una forte razionale per cemiplimab come opzione di trattamento per i pazienti con BCC localmente avanzato che altrimenti non hanno opzioni dopo il fallimento dell’inibitore di hedgehog».
Un razionale per l’immunoterapia
Attualmente, non sono disponibili opzioni terapeutiche approvate per i pazienti con BCC localmente avanzato già trattati con inibitori di hedgehog.
Cemiplimab è attualmente approvato in Europa come trattamento per i i pazienti adulti con carcinoma cutaneo a cellule squamose (CSCC) metastatico o localmente avanzato non candidabili all’intervento chirurgico curativo o alla radioterapia curativa.
Sia il BCC il CSCC sono definiti come tumori cheratinocitici che hanno un elevato carico mutazionale a causa della mutagenesi indotta dai raggi ultravioletti; vi è quindi un razionale perché rispondano all’immunoterapia.
Lo studio
Lo studio presentato al congresso europeo prevede due coorti: una costituita da pazienti adulti con BCC metastatico (metastasi linfonodale e a distanza) e una da pazienti adulti con BCC localmente avanzato.
Nella seconda coorte, quella di cui sono stati presentati i dati al congresso, 84 pazienti con BCC localmente avanzato sono stati trattati con cemiplimab 350 mg somministrati per via endovenosa ogni 3 settimane per un massimo di 93 settimane o fino alla progressione della malattia.
Le valutazioni del tumore sono state effettuate ogni 9 settimane nei cicli da 1 a 5 e poi ogni 12 settimane per i cicli dal 6 al 9. La risposta tumorale è stata valutata secondo i criteri RECIST v1.1 e/o i criteri dell’Organizzazione mondiale della sanità modificati.
Pazienti progrediti o intolleranti agli inibitori di hedgehog
Per essere idonei all’arruolamento, i pazienti dovevano avere avuto una diagnosi confermata istologicamente di BCC invasivo, essere in progressione dopo un trattamento con inibitori di hedgehog o essere intolleranti a questi farmaci o avere ottenuto al massimo una stabilizzazione della malattia dopo essere stati in terapia con inibitori di hedgehog per 9 mesi. Inoltre, i pazienti dovevano anche avere almeno una lesione misurabile al basale e un performance status ECOG pari a 0 o 1.
Invece, non potevano partecipare al trial i pazienti con una malattia autoimmune in corso o recente che richiedeva un’immunosoppressione sistemica, quelli già trattati in precedenza con un anti-PD-1 o un anti-PD-L1 e quelli che avevano un altro tumore maligno concomitante, oltre al BCC. Inoltre, erano esclusi dall’arruolamento i pazienti che avevano avuto un altro tumore maligno diverso dal BCC nei 3 anni precedenti la prima somministrazione pianificata di cemiplimab, ad eccezione dei tumori con un rischio di metastasi o decesso trascurabile.
Complessivamente, il 66,7% dei pazienti era di sesso maschile e l’età mediana era di 70 anni (range: 42-89). Più della metà dei pazienti (60,7%) aveva un performance status ECOG pari a 0 e la sede primaria del tumore nella maggior parte dei casi (89,3%) era la testa o il collo. Inoltre, il 71,4% dei pazienti aveva interrotto la precedente terapia con l’inibitore di hedgehog a causa della progressione della malattia, il 38,1% era risultato intollerante a vismodegib, il 4,8% intollerante a sonidegib e l’8,3% non aveva ottenuto niente di più di una stabilizzazione della malattia dopo 9 mesi di trattamento con un inibitore di hedghog.
L’endpoint primario dello studio era l’ORR valutato in modo centralizzato da revisori indipendenti, mentre gli endpoint secondari comprendevano sicurezza e tollerabilità, durata della risposta (DOR), sopravvivenza libera da progressione (PFS), sopravvivenza globale (OS) e tasso di risposta completa.
PFS mediana non ancora raggiunta
Le analisi della risposta hanno mostrato che il 48,8% dei pazienti ha ottenuto una stabilizzazione della malattia, mentre nel 10,7% dei casi il tumore ha progredito e il 9,5% non è risultato valutabile.
La DOR mediana stimata secondo Kaplan Meier dai revisori indipendenti non è stata ancora raggiunta. Tuttavia, i ricercatori hanno calcolato una probabilità stimata di DOR a 6 mesi del 90,9% (IC al 95% 68,3%-97,6%) e a 12 mesi dell’85,2% (IC al 95% 60,5%-95,0%).
La PFS mediana stimata è risultata di 19,3 mesi (IC al 95% 8,6-non stimabile [NE]) con una probabilità stimata di sopravvivenza libera da eventi a 12 mesi del 56,5% (IC al 95% 44,3%-67,0%). L’OS mediana stimata non è stata raggiunta (IC al 95% NE-NE), con una probabilità stimata di OS a 12 mesi del 92,3% (IC al 95%83,6%-96,5%).
Risposte indipendenti dall’espressione di PD-L1
Le risposte sono state osservate indipendentemente dai livelli di espressione di PD-L1.
Per i pazienti con PD-L1 valutabile inferiore all’1% (35), l’ORR è risultato del 26% (IC al 95% 13%-43%), con due risposte complete, sette risposte parziali e 18 stabilizzazioni della malattia; cinque pazienti sono andati incontro a progressione e tre non sono risultati valutabili.
Nel sottogruppo di pazienti con PD-L1 valutabile pari all’1% o superiore (15), l’ORR è risultato del 27% (IC al 95% 8% -55%), con due risposte complete, due risposte parziali e 9 stabilizzazioni della malattia, un caso di progressione e un paziente non valutabile.
Infine, nei pazienti in cui l’espressione di PD-L1 non era valutabile (34), l’ORR è risultato del 38% (IC al 95%, 22% -56%), con una risposta completa, 12 risposte parziali ,14 stabilizzazioni della malattia, tre pazienti in progressione e quattro non valutabili.
Il tasso di controllo della malattia è risultato del 77% nei pazienti con un’espressione di PD-L1 inferiore all’1%, 87% in quelli con un’espressione di PD-L1 pari o superiore all’1% e 79% in quelli in cui l’espressione di PD-L1 non era valutabile.
Sicurezza ed eventi avversi
Per quanto riguarda la sicurezza, gli effetti avversi più comuni di qualsiasi grado manifestati durante il trattamento sono stati affaticamento (30%), diarrea (24%), prurito (21%) e astenia (20%), mentre quelli di grado 3 o superiore sono stati ipertensione (5%), affaticamento (4%), infezione del tratto urinario (4%) e astenia, anemia, diminuzione dell’appetito, mal di testa e nausea (riscontrati in un paziente ciascuno).
Gli effetti avversi correlati al trattamento più comuni di qualsiasi grado sono stati affaticamento (25%), prurito (14%) e astenia (14%), mentre quelli di grado 3 o superiore sono stati colite (in quattro pazienti), affaticamento (in due pazienti) e insufficienza surrenalica (in due pazienti). Inoltre, si sono manifestati effetti avversi immuno-correlati (colite e insufficienza surrenalica) di qualsiasi grado e di grado 3 o superiore rispettivamente nel 25% e nel 10% dei pazienti, ma non sono stati riportati effetti avversi immuno-correlati di grado 4/5. Gli effetti avversi immuno-correlati di qualsiasi grado più comuni sono risultati l’ipotiroidismo (10%) e la colite (6%).
Effetti avversi seri di qualsiasi grado e grado 3 o superiore si sono verificati rispettivamente nel 35% e nel 26% dei pazienti. Il 17% dei pazienti ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi e quattro eventi avversi manifestati durante il trattamento si sono associati al decesso del paziente.
Tuttavia, ha concluso Stratigos, «non ci sono stati decessi correlati al trattamento e il profilo di sicurezza complessivo è risultato coerente quello già riportato per cemiplimab».
Riferimenti
A.J. Stratigos, et al. Primary analysis of phase II results for cemiplimab in patients (pts) with locally advanced basal cell carcinoma (laBCC) who progress on or are intolerant to hedgehog inhibitors (HHIs). Annals of Oncology (2020) 31 (suppl_4): S1142-S1215. 10.1016/annonc/annonc325.
leggi