Dieta vegana, la pediatra: “Fino ai 2 anni rischio scarsa crescita”. Gli esperti Sip consigliano di fare una scelta di questo tipo dopo i 6 anni
“Nei bambini dai 6 mesi ai 2 anni la dieta vegana è associata ad un alto rischio di scarsa crescita staturo-ponderale in considerazione del ridotto apporto calorico di frutta e verdura, rispetto alle proteine di origine animale”. A dirlo è Anna Maria Staiano, vicepresidente della Società italiana di pediatria (Sip), a partire dalla recente notizia di una coppia australiana condannata dal tribunale per avere provocato alla propria bambina in fasce gravi danni neurologici sottoponendola a un regime alimentare interamente vegano.
La pediatra ricorda che “le linee guida della Società europea di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Espghan) sullo svezzamento raccomandano che le diete vegane siano utilizzate solo sotto stretta supervisione medica e nutrizionale, e dopo aver adeguatamente informato la famiglia delle gravi conseguenze correlate alla mancata osservanza dei consigli in merito ad una adeguata integrazione dietetica”. E’ opportuno, quindi, “che il medico suggerisca ai genitori che vogliono avviare il proprio lattante alla dieta vegana di posticipare questa scelta almeno all’età scolare. Tuttavia- precisa la vicepresidente Sip- considerato che il ruolo del pediatra è quello di supportare le famiglie di fronte alla ferma decisione di alimentare il bambino con dieta vegana, non bisogna lasciare i genitori da soli, ma aiutarli a pianificare al meglio l’alimentazione fornendo tutti i consigli necessari (supplementazione di vitamina B12, acido folico, ferro, acidi grassi Omega3 e Omega6, vitamina D e calcio, se necessario) per una dieta quanto più possibile priva di rischi per la salute”.
La scelta alimentare vegana prevede l’eliminazione completa di tutti i prodotti di origine animale (carne, pesce, uova, latte e derivati) consentendo esclusivamente l’assunzione di cereali integrali o semi-integrali, legumi, verdure, frutta, frutta secca e oli vegetali. “I sostenitori di questo tipo di dieta la ritengono salutare e maggiormente sostenibile dal punto di vista ambientale- spiega Staiano-. Tuttavia, tale regime dietetico non è privo di pericoli. Infatti la mancata assunzione di proteine animali espone in primis alla carenza di vitamina B12, fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso centrale. Inoltre- sottolinea la pediatra- sono state dimostrate carenze di numerosi micronutrienti, quali ferro, zinco, calcio e vitamina A. In aggiunta, l’eccessivo apporto di fibre alimentari secondario al massivo consumo di frutta e verdura può ridurre ulteriormente l’assorbimento di alcune vitamine e micronutrienti”.
La dieta vegana, spiega la Dire (www.dire.it), prevede anche il frequente utilizzo di latti vegetali come il latte di riso, d’avena, di cocco o di mandorla, in sostituzione del latte vaccino e dei suoi derivati. A questo proposito Staiano ricorda che ad agosto “la Società nordamericana di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica (Naspghan), ha pubblicato un Position Paper proprio sui ‘latti di origine vegetale’, nel quale si afferma che la maggior parte di queste bevande vegetali non presentano un adeguato equilibrio nutrizionale se comparati con il latte vaccino. Quest’ultimo, infatti- precisa la pediatra- rappresenta una fonte di importanti nutrienti, quali proteine ad alto valore biologico e minerali importantissimi come il calcio, lo zinco, il selenio, la vitamina A e le vitamine del gruppo B, inclusa la B12”. Bisogna ricordare che “gli effetti negativi di un uso improprio di alcune bevande vegetali sono ben documentati e includono: scarsa crescita stauro-ponderale, malnutrizione proteico-energetica, disturbi elettrolitici, calcoli renali, anemia da carenza di ferro, rachitismo e scorbuto”, conclude Staiano.