I segreti della Fornarina di Raffaello grazie a una scansione macro a fluorescenza a raggi X (MA-XRF): ecco i risultati dell’indagine
Sono stati presentati, alle Gallerie Nazionali di Arte Antica di Palazzo Barberini, i risultati della campagna di indagini sulla Fornarina, capolavoro di Raffaello, realizzata dal 28 al 30 gennaio scorso con tecniche innovative e macchine d’avanguardia, sviluppate tra gli altri anche grazie alla collaborazione dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati del Consiglio nazionale delle ricerche.
In particolare, sulla tavola raffaellesca è stata effettuata una scansione macro a fluorescenza a raggi X (MA-XRF), a cura di Emmebi diagnostica artistica e Ars Mensurae, realizzata grazie agli strumenti messi a punto nell’ambito del Progetto MUSA (Multichannel Scanner for Artworks) finanziato dalla Regione Lazio, e sviluppati in collaborazione con la Sezione di Roma Tre dell’INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, CHNET (Cultural Heritage Network), l’Istituto per i materiali nanoatrutturati del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ismn), il Dipartimento di Scienze dell’Università Roma Tre e il Dipartimento di Scienze di Base e Applicate per l’Ingegneria della Sapienza Università di Roma.
“Lo scanner multi-canale realizzato dall’INFN con il quale abbiamo condotto le analisi sulla Fornarina – spiega Paolo Branchini, ricercatore dell’INFN Roma Tre e coordinatore del progetto MUSA – rappresenta un brillante esempio di come una tecnologia d’avanguardia sviluppata inizialmente per rispondere alle esigenze della ricerca in fisica fondamentale, in particolare per la realizzazione di rivelatori di particelle, possa poi trovare applicazione in ambiti di ricerca anche molto diversi, portando un contributo fondamentale nello studio e nella conservazione dei beni culturali”. “Uno dei punti di forza del nostro strumento è la sua portabilità, che lo rende particolarmente indicato per esaminare anche opere di grandi dimensioni e che non posso essere spostate dalla loro sede”, conclude Branchini.
Grazie alla nuova campagna di imaging è stato possibile mappare con straordinaria accuratezza la distribuzione degli elementi chimici presenti sulla tavola, e risalire così ai pigmenti utilizzati dall’artista e comprendere il processo esecutivo con cui Raffaello li ha applicati sulla tavola.
“Le scansioni XRF hanno permesso di identificare la composizione chimica dei pigmenti utilizzati da Raffaello per la realizzazione della Fornarina e di collocarli spazialmente nell’opera attraverso mappe chimiche con risoluzione sub millimetrica”, spiega Luca Tortora, docente di Chimica dell’Università Roma Tre e ricercatore dell’INFN Roma Tre. “Queste informazioni risultano essere fondamentali per conoscere la tecnica pittorica dell’artista oltre a essere utili a restauratori e conservatori per eventuali interventi sull’opera”, conclude Tortora.
“La campagna di imaging basata sulla scansione macro XRF ha arricchito di nuovi dati la conoscenza della Fornarina – sottolinea Chiara Merucci, responsabile del Laboratorio di Restauro delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini – restituendo la tecnica del pittore, il complesso intreccio di forme e pigmenti, dosati anche in termini di spessore, per offrire una tridimensionalità altrimenti non del tutto apprezzabile”, conclude Merucci.
In dettaglio, le immagini della distribuzione del ferro e del piombo, hanno confermato l’impostazione di una sotto-stesura di base chiaroscurata, una pratica diffusa ai primi del Cinquecento e presente anche in altri dipinti raffaelleschi. La distribuzione del mercurio, che indica l’impiego di cinabro, ha ribadito l’importante modifica del fondo, già individuata dalle radiografie eseguite nel 1983, che ha comportato un riassetto chiaroscurale della figura. La lettura delle immagini della distribuzione del rame, del ferro, del calcio e del manganese hanno restituito un’inedita visione del fondo di vegetazione, evidenziandone tutta la complessità. Stesure a base di terre (ferro) o di terra d’ombra (ferro e manganese) sono emerse per le foglie più ampie, mentre i rami del mirto risultano essere a base di un verde di rame e probabilmente nero d’ossa.
“La Fornarina, nonostante sia stata oggetto di accurate indagini e studiata da lungo tempo, rappresenta un mistero ancora aperto”, spiega Alessandro Cosma, conservatore delle Gallerie Nazionali Barberini Corsini. “Vi sono nella sua storia vicende note e accertate: dalla prima citazione del 1595 nella collezione della contessa Caterina Sforza di Santafiora fino all’ingresso dell’opera nella collezione delle Gallerie Nazionali. Ma vi sono anche aspetti tuttora dubbi e problematici sul significato dell’opera, sulla sua realizzazione – forse più lunga di quanto si è immaginato – e sulla sua destinazione originaria. Questioni che si intrecciano strettamente con la progressiva identificazione della donna ritratta come quella amata da Raffaello e con la “nascita” – tutta ottocentesca – della Fornarina come Margherita Luti”, conclude Cosma.
Il nuovo sistema XRF scanner multicanale
La tecnica dell’esame di opere d’arte, utilizzando il fenomeno della fluorescenza tramite eccitazione nella banda X dello spettro luminoso, viene potenziata da un sistema di acquisizione dati molto più veloce che in passato, che consente di acquisire più rivelatori simultaneamente velocizzandone l’utilizzo e permettendo di esaminare anche “grandi aree”. Inoltre, il sistema è trasportabile rendendo possibile l’esame in situ delle opere. Questa tecnica è ideale per determinare la composizione elementale dei prodotti utilizzati dall’artista per la creazione del capolavoro in esame e ha un potere risolutivo inferiore al mm2. La tecnica analitica è assolutamente non distruttiva e per questo ideale a scopi di conservazione e restauro. Nello sviluppo dello strumento è stato anche coinvolto il laboratorio LASR3 Laboratorio Analisi Superfici Roma Tre che ha partecipato con la sua strumentazione di altissimo livello alla calibrazione dello scanner.