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Nuovi dati europei sull’uso degli ipolipemizzanti

Mortalità da malattia coronarica o arteriosa periferica: confermata la superiorità di rivaroxaban più aspirina rispetto alla sola aspirina

Fotografia europea dell’uso degli ipolipemizzanti: insufficiente la riduzione del colesterolo secondo i target raccomandati dalle Linee Guida internazionali

Sono ancora troppo pochi i pazienti che dopo un infarto, un ictus o arteriopatia periferica raggiungono i valori di colesterolo LDL (c-LDL) raccomandati dalle Linee Guida internazionali. Hanno richiamato l’attenzione su questo aspetto fondamentale per la prevenzione delle malattie cardiovascolari i risultati di uno studio presentato al Congresso ESC  2020 (European Society of Cardiology) e in attesa di pubblicazione sul “Journal of Preventive Cardiology”.

Si tratta dello studio Da Vinci, un trial multicentrico europeo che ha coinvolto ospedali di 18 Nazioni inclusa l’Italia e che ha arruolato circa 6.000 pazienti, 300 dei quali italiani» ha spiegato Stefano De Servi, IRCCS Multimedica di Sesto San Giovanni (MI), capofila dei ricercatori italiani che vi hanno partecipato. «Circa la metà dei pazienti arruolati erano in prevenzione primaria, i restanti erano in prevenzione secondaria e tutti erano in terapia ipolipemizzante» ha specificato.


Fig. 1 – Suddivisione dei circa 6.000 pazienti arruolati: 3000 in prevenzione primaria, 2888 in prevenzione secondaria ad alto rischio.

Obiettivo: verificare il raggiungimento dei target indicati dalle Linee Guida
Principale obiettivo dello studio era valutare le modalità con cui erano trattati i pazienti e se la terapia in atto consentisse loro di raggiungere i target indicati dalle Linee Guida.
Lo schema di arruolamento dei pazienti ha consentito di distinguere le necessità farmacologica di trattamento.


Fig.2 – Disegno dello studio DA VINCI.

Focus sui pazienti ad alto rischio
Gli aspetti più importanti emersi dalla ricerca riguardano i pazienti ad alto rischio: «Si trattava di pazienti che avevano avuto un episodio cardiovascolare: un infarto miocardico nel 22% dei casi e un ictus nel 40% circa dei casi, mentre poco meno del 40% era rappresentato da pazienti con un’arteriopatia periferica» ha spiegato il ricercatore. «L’età media era di 68 anni e nel 40% dei casi i pazienti erano anche diabetici. In base ai dati per il calcolo del rischio, l’82% aveva una probabilità superiore al 20% di avere un nuovo evento cardiovascolare entro 10 anni». Il 74% dei pazienti è stato reclutato da centri secondari, il 24% da centri primari.


Fig.3 – Rischio cardiovascolare stimato a 10 anni nei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica e in quelli in prevenzione primaria.

Le differenze-chiave del DA VINCI rispetto ad altri studi erano:
– un numero aggiuntivi di paesi europei;
– la valutazione di pazienti in prevenzione sia primaria che secondaria;
– il coinvolgimento di centri di prevenzione sia primari che secondari con gestione di gruppi meno bene studiati (per es. malattia vascolare periferica e cerebrale);
– valutazione degli obiettivi di C-LDL secondo le linee guida ESC/EAS 2019.

Troppo scarso il ricorso a terapie di combinazione
Nella maggior parte dei casi i pazienti erano in terapia con statine, anche se solo il 37% con statine ad alta intensità, nel 9% dei casi la statina era associata a ezetimibe e una minima percentuale di pazienti, l’1%, assumeva un inibitore del PCSK9. Molto negativi sono risultati I dati relativi alle percentuali di pazienti a target. «Solo il 39% dei pazienti in prevenzione secondaria ha raggiunto il target delle Linee Guida del 2016, vale a dire 70 mg/dl» sottolinea De Servi. «Se poi si considerano le nuove indicazioni del 2019, solo il 18% ha raggiunto un valore inferiore ai 55 mg/dl. i pazienti in terapia con PCSK9 hanno raggiunto i target con maggior frequenza, arrivando al target delle Linee Guida del 2016 nel 67% dei casi e al target 2019 nel 58%, rispetto ai pazienti in terapia con statine più ezetimibe che si sono fermati al 54% rispetto al target di 70 mg/dl e solo al 20% nel caso del target 55 mg/dl».


Fig.4 – Impiego complessivo degli ipocolesterolemizzanti in Europa e raggiungimento dei targeti di C-LDL secondo le linee guida del 2016 raffrontate a quelle del 2019.


Fig. 5 -Uso di ipolipemizzanti nei pazienti con ASCVD accertate e confronto del raggiungimento dell’obiettivo nelle Lineee Guida 2016/2019 con le varie terapie.

Ci si chiede che cosa si possa fare per migliorare questi numeri? «I pazienti dovrebbero avere un rapporto più costante con gli specialisti. Una relazione con il medico che si mantiene nel tempo aiuterebbe i pazienti a comprendere meglio come la continuità terapeutica sia il primo passo per raggiungere i corretti livelli di colesterolo e di conseguenza ridurre il rischio di ricadute in termini di infarti, ictus o altri eventi cardiovascolari» ha suggerito l’esperto. «Se una possibilità di miglioramento è rappresentata da un maggior utilizzo di ezetimibe, vale la pena ricordare che gli inibitori del PCSK9 dovrebbero avere un più ampio impiego».

Conclusioni
Permane un gap tra le linee gudia ESC/EAS e la pratica clinica per la gestione dei lipidi in Europa, con solo il 54% dei pazienti che raggiungono il goal C-LDL basato sul rischio del 2016.
Queste differenze sono aggravate dalle linee guida 2019, con solo il 33% di tutti i pazienti dello studio DA VINCI che ha raggiunto I più bassi obiettivi di C-LDL del 2019.
Una monoterapia con statine di moderata intensità è risultata la terapia ipolipemizzante in tutti I gruppi, inclusi i pazienti ad alto rischio.
L’impiego di terapie di combinazione in pazienti a rischio molto alto è risultato molto basso.
Anche quando le statine erano ottimizzate i livelli di C-LDL rimanevano al di sopra di 2.0 mmol/L.
L’implementazione delle inee guida 2019 richiede un cambio nella pratica, specialmente nei pazienti a rischio molto alto per I quali l’obiettivo di C-LDL <1,4 è raggiunto solo nel 18% dei pazienti.

Dati in linea nei pazienti con arteriopatia periferica
Un sottostudio dello studio DA VINCI si è posto il quesito specifico se I pazienti europei con malattia arteriosa periferica (PAD) ricevessero una terapia ipolipemizzante ottimale e raggiungessero I target C-LDL. Lo schema era quello dello studio principale, l’obiettivo primario era il raggiungimento degli obiettivi 2016 ESC/EAS mentre ricevano una terapia ipolipemizzante stabile (senza cambiamenti in dose o frequenza nei precedenti 28 giorni), oltre alla valutazione del raggiungimento degli obiettivi 2019 ESC/EAS. Questi I risultati principali: a) solo un terzo dei pazienti PAD hanno ricevuto una terapia con statina ad alta intensità; b) meno della metà dei pazienti PAD hanno raggiunto l’obiettivo 2016 ESC/EAS C-LDL di meno di 1,8 mmol/L; c) solo il 19% ha raggiunto l’obiettivo inferiore del 2019 di meno di 1,4 mmol/L. A confronto con la monoterapia statinica, il raggiungimento dell’obiettivo è stato numericamente più alto nel piccolo numero di pazienti che hanno ricevuto una terapia di combinazione con ezetimibie e/o un inibitore della PCSK9.

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