Roche si rafforza nell’area della ricerca rivolta agli inflammasomi e compra la biotech Inflazome: affare da 380 milioni di euro
Inflazome, società biotech con sede a Dublino, Irlanda, e a Cambridge nel Regno Unito, ha annunciato che Roche ha accettato di acquistarla per 380 milioni di euro in cash più pagamenti successivi per le milestones concordate, segnalando l’ingresso del gigante svizzero in un’area di ricerca rivolta agli inflammasomi.
Questi ultimi sono recettori del sistema immunitario innato, veri e propri sensori, che giocano ruoli chiave in una serie di disturbi infiammatori così come malattie metaboliche e neurodegenerative, tra cui asma, malattia di Parkinson (PD), malattia di Alzheimer (AD), malattia infiammatoria intestinale, artrite, malattie cardiovascolari, NASH, diabete di tipo 2, sclerosi multipla e malattie renali croniche.
Inflazome è nata nel 2016 da due ricercatori, Luke O’Neill del Trinity College di Dublino e Matt Cooper della University of Queensland in Australia. Da allora, la società biotecnologica ha raccolto circa 65 milioni di dollari dal ramo venture di Novartis e da altri investitori attraverso due diversi cicli di finanziamento.
Gli inflammasomi sono stati scoperti nel 2002 dallo studioso Jürg Tschopp e Coll. nel Dipartimento di Biochimica all’Università di Losanna. Sono complessi multiproteici intracellulari che si assemblano in risposta a patterns molecolari associati ad agenti patogenidenominati PAMPs (Pathogen Associated Molecular Patterns), o a un danno cellulare, o tissutale di varia natura denominato DAMPs (Danger Associated Molecular Patterns) in grado di indurre la reazione infiammatoria. I processi attivati dagli inflammasomi hanno grande importanza non solo come risposta antimicrobica, ma anche nel regolare vie metaboliche e reazioni immunitarie.
Gli infiammasomi regolano l’attivazione di un enzima chiamato caspasi-1, una proteasi del complesso infiammatorio che, attraverso la sua attività legante, rilascia le proteine proinfiammatorie IL-1ß e IL-18.
Uno degli infiammasomi più caratterizzati è la proteina del recettore 3 (NLRP3) che agisce come “sensore di pericolo” nell’organismo per rilasciare le suddette citochine pro-infiammatorie e indurre la morte incontrollata delle cellule litiche (disintegrazione della cellula attraverso la rottura della parete cellulare o della membrana).
L’attivazione del NLRP3 è implicata nel diabete e nell’aterosclerosi, per esempio, insieme a disturbi neurodegenerativi debilitanti come il morbo di Alzheimer e il Parkinson e anche condizioni intestinali come le malattie infiammatorie intestinali.
Il farmaco di punta di Inflazome è inzomelide, una piccola molecola che agisce come inibitore di NLRP3, disponibile per via orale e capace di penetrante la barriera emato encefalica.
Nel mese di marzo, la società ha annunciato risultati incoraggianti da un paziente con la sindrome periodica associata alla criopirina (CAPS), un raro disturbo infiammatorio ereditario, che stava vivendo un brillamento di malattia e ha ricevuto inzomelide. Il paziente è migliorato rapidamente in poche ore ed è andato in remissione in pochi giorni. Uno studio di fase 2 è prossimo, anche se l’interesse a lungo termine è rivolto alla malattia di Parkinson e all’Alzheimer.
L’azienda irlandese sta sviluppando un altro inibitore NLRP3 chiamato somalix per il trattamento di disturbi infiammatori in altre parti (non cerebrali) del corpo.
L’accordo sfrutta l’esperienza di Roche in questa area clinica. Nel 2018, Genentech ha acquistato Jecure Therapeutics, un altro sviluppatore di inibitori di NLRP3. Tra gli altri attori figurano Bristol Myers Squibb, che ha acquisito gli asset del NLRP3 attraverso l’acquisizione di IFM Therapeutics nel 2017, poi ci sono NodThera, Olatec Therapeutics e ZyVersa Therapeutics.