Quando seguire le mode diventa patologico


Perché ci sono individui portati a seguire le mode e altri no: il dottor Matteo Radavelli spiega cosa accade quando queste dinamiche prendono il sopravvento sull’individuo

Perché ci sono individui portati a seguire le mode e altri no: il dottor Matteo Radavelli spiega cosa accade quando queste dinamiche prendono il sopravvento sull’individuo

La moda esiste da sempre. È parte della cultura e del patrimonio sociale di ogni popolo. Fin dall’antichità gli uomini oltre a seguire il loro istinto per soddisfare i bisogni primari, sentivano la necessità di decorare il proprio corpo e i propri spazi. Quando una creazione aveva successo, nasceva nel gruppo il desiderio di possederla, e si diffondeva nell’intera comunità. In misura maggiore o minore, a tutti noi piace sentirci in linea con ciò che ci circonda.

È importante avere un saldo concetto di sé per poter cambiare esternamente senza dover cambiare interiormente e perdere la propria identità. Insieme al dottor Matteo Radavelli di Guidapsicologi.it, prendiamo in esame ciò che accade quando queste dinamiche prendono il sopravvento sull’individuo.

Perché ci sono individui portati a seguire le mode e altri no

Viviamo costantemente esposti alla pressione sociale e alle norme che vengono esercitate all’interno dei gruppi. Nella vita adulta e soprattutto nell’adolescenza abbiamo bisogno di sentire di appartenere a un gruppo e di ricevere una costante approvazione. Fattori come l’educazione, la cultura e l’autostima influenzano direttamente questo comportamento e quindi è inevitabile che la variabilità faccia sì che ci siano persone con più bisogno di approvazione di altre.

Come spiega il Dottor Radavelli «La motivazione per la quale alcuni individui sono portati a seguire le mode ed altri a disinteressarsi totalmente trova le radici nella modalità con cui viene costruita la propria identità. Siamo inseriti in una società, da cui siamo influenzati e che influenziamo imprescindibilmente con-cui costruiamo chi siamo. L’atto del costruirsi può essere eseguito, ovviamente inconsciamente, attraverso una progressiva omogeneizzazione alla struttura sociale, ai valori, ai costumi, alle idee e ai principi adattandosi ad essi e facendo proprie queste caratteristiche. Allo stesso modo, la costruzione della propria identità può essere eseguita opponendosi, per contrasto, alle stesse caratteristiche elencate. Nel caso in cui un soggetto tenda ad aderire omogeneizzandosi alla società sarà maggiormente predisposto a seguire le mode del momento diversamente da colui o colei che se ne discosta per il\la quale non aderire è sinonimo di rispettare sé stessi.»

Mutevolezza della moda e shopping compulsivo

Una volta immersi nella modalità “seguire la moda”, è difficile smettere. Pertanto, chi soddisfa tali criteri molto probabilmente si troverà a fare shopping per essere sempre concorde alla moda del gruppo. La moda cambia ogni stagione, cioè ogni 4 mesi, e chi ha questa esigenza di accettazione, cambierà con essa. Aggiunge Radavelli «Partendo dal presupposto per cui la propria identità può costituirsi omologandosi ai valori, alle idee, alle ideologie, alle mode e ai costumi del mondo che ci circonda allo stesso modo può assumere per sé stessa la scansione temporale che, il mondo a cui si omogeneizza, propone. Il tempo di ciò a cui ti omogeneizzi diventa anche il tuo tempo, quindi scandito dalle periodiche sfilate. Qualora la propria personalità sia estremamente aderente al mondo della moda, ne dipende, sarà necessario aderirvi anche in maniera concreta acquistando il nuovo appena uscito.

Esistono scale di grigio: pertanto è bene pensare ad una scala che vada dal comune interessarsi alla moda del momento, ad un estremo patologico dello shopping compulsivo. In tal caso, l’identità della persona è totalmente ancorata e cicatrizzata attorno alle copertine e alle sfilate, da cui l’estremo patologico.»

Fashion Victim: seguire la moda può diventare patologico?

«Assolutamente sì, può diventare patologico», afferma il Dottore. «Come accennato, rientrano nella patologia numerose concause estremamente soggettive che predispongono il soggetto al patologico. È bene non banalizzare e chiarire cosa, in questo contesto, potrebbe essere definito patologico. La patologia potrebbe presentarsi quando l’identità del soggetto è completamente eterodeterminata esternamente, pertanto quando la si impasta e si modifica in relazione a ciò che il soggetto pensa e ritiene il suo mondo. Il soggetto non fa, non vive come desidererebbe lui stesso per sé stesso, anzi spesso fatica ad ascoltare i desideri personali, perché l’aderenza a ciò che crede gli altri si aspettano da lui è totalizzante.»

Viviamo in un’epoca in cui tutto è rapido e mutevole. Anche le mode. E l’individuo?

«L’individuo, il singolo – racconta Radavelli – non ha più le capacità di ascoltarsi. Risulta difficilissimo farsi la domanda, ancor più darsi una risposta “Cosa desidero io veramente?”. Farsi questa domanda e saper rispondere onestamente presuppone conoscere il proprio tempo e vivere con il proprio tempo. Oltre a ciò, richiede anche l’abilità di girare il proprio sguardo da una visuale esterna ad una interna quando, comunemente, il messaggio che circola è “guarda come dovresti essere”. L’ottica individuale risulta estremamente difficile quando l’identità è ancorata e determinata da una società che va alla velocità della luce.»

I social network hanno amplificato la dipendenza dalle mode

«Una stima eseguita nel 2019 riferisce che gli Italiani passano di media 6 ore e 4 minuti navigando online, di cui 1 ora e 51 minuti esclusivamente sui social network. Quotidianamente si viene “bersagliati” da pubblicità e contenuti inerenti alla moda, al come “si dovrebbe” apparire e quali sono le caratteristiche modaiole che rispecchiano la stagione del momento. Aumentando le ore di esposizione – conclude Radavelli – non può che aumentare il conformismo di coloro che etero determinano la propria identità aderendo sempre più all’esterno e abbandonando progressivamente l’aspetto più privato della propria personalità. Il social rende ancor più difficile la distinzione tra “chi sono” e “chi ritengo dovrei essere”».