Il trattamento con chemioterapia citotossica entro 35 giorni dalla diagnosi di Covid nei pazienti oncologici non è associato ad un rischio maggiore di infezione
In uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Oncology, Justin Jee del Dipartimento di Medicina del Memorial Sloan Kettering Cancer Center (MSK, New York) e colleghi hanno scoperto che il trattamento con chemioterapia citotossica entro 35 giorni dalla diagnosi di COVID-19 nei pazienti oncologici non è associato ad un rischio maggiore di infezione da COVID-19 grave o critica; hanno inoltre identificato numerosi fattori associati a infezione grave.1
Lo studio
Lo studio comprende una revisione delle caratteristiche cliniche e dei risultati di 309 pazienti con tumore e infezione da COVID-19 al Memorial Sloan Kattering al 31 marzo 2020, con un follow-up relativo agli endpoint clinici al 13 aprile 2020. Enpoint primario dello studio era costituito da un evento COVID-19 grave o critico definito in uno o più modi che seguono: ipossiemia documentata (saturazione di ossigeno con pulsossimetria ≤ 93%), tachipnea (frequenza respiratoria ≥ 30 respiri/minuto), insufficienza respiratoria (rapporto pressione parziale arteriosa ossigeno / frazione di ossigeno inspirato <300), ricovero in unità di terapia intensiva per intubazione o morte per tutte le cause. L’ipotesi principale era che la chemioterapia citotossica somministrata entro 35 giorni dalla diagnosi di COVID-19 fosse associata a un aumento del rischio di COVID-19 grave o critico.
I risultati sono stati valutati anche in una coorte di 917 pazienti con cancro che sono risultati negativi per SARS-CoV-2 durante il periodo di studio, utilizzando gli stessi componenti compositi di endpoint.
I valori di base di laboratorio erano quelli più recenti ottenuti entro un periodo tra 14 a 90 giorni prima della data della diagnosi di COVID-19. I valori peri – COVID-19 erano i valori più recenti del test SARS-CoV-2 entro 3 giorni da un test positivo.
Risultati nei pazienti affetti da COVID-19
Dei 309 pazienti nella coorte COVID-19, 147 (47.6%) sono stati ricoverati in ospedale, 31 (10.0%) sono morti e 120 (38.8%) hanno sviluppato una infezione da COVID-19 grave o critica (endpoint primario).
All’analisi univariata, tra i 102 pazienti (33.0%) trattati con chemioterapia citotossica entro 35 giorni dalla diagnosi di COVID-19 (hazard ratio [HR] = 1.10, 95% intervallo di confidenza [CI] = 0.73–1.60, P = .74) non è stato osservato un maggior rischio di infezione grave o critica da COVID-19. I pazienti affetti da neoplasia maligna che erano stati trattati con chemioterapia entro 35 giorni dalla diagnosi non hanno mostrato un aumento del rischio di esiti avversi da COVID-19 (HR = 0.87, 95% CI = 0.57–1.30). Nessun rischio di infezione grave o critica da COVID-19 è risultato nel gruppo relativamente piccolo di pazienti (n = 18) in trattamento con la sola immunoterapia entro 35 giorni dalla diagnosi (HR = 1.80, 95% CI = 0.89–3.50, P = .11).
In una analisi di sensibilità, il trattamento con la sola terapia target (n = 49) entro 35 giorni dalla diagnosi era associato ad un trend di maggior rischio di ricovero in terapia intensiva o di morte dopo la diagnosi (HR = 2.2, 95% CI = 1.1–4, P = .02).
La diagnosi di neoplasia ematologica (n = 74) era associata a infezione da COVID-19 grave o critica (HR = 1.90, 95% CI = 1.30–2.80, P < .01). Questo risultato era determinato dallo sviluppo di malattia critica in 7 (87.5%) su 8 pazienti (10.8% del gruppo totale) con leucemia mieloide acuta (AML).
Il tumore del polmone (n = 29) era associato a un maggior rischio di infezione da COVID-19 grave o critica (HR = 2.00, 95% CI = 1.20–3.30, P = .01). Nessun aumento di rischio è stato osservato tra i pazienti con metastasi polmonari (n = 50; HR = 1.30, 95% CI = 0.81–2.10, P = .27).
La remissione del tumore (n = 88) era associata ad un trend di risultati migliori rispetto alla malattia attiva (HR = 0.63, 95% CI = 0.41–0.98, P = .04).
Key Points
Il trattamento con chemioterapia citotossica entro 35 giorni dalla diagnosi di COVID-19 non era associato a infezione grave o critica da COVID-19. I fattori associati a malattia critica comprendevano neoplasie ematologiche, tumore del polmone, peri-diagnosi di linfopenia e neutropenia al basale.
La linfopenia alla peri-diagnosi di COVID-19, ma non al basale, era associata a un più alto rischio di risultato peggiore (HR = 2.10, 95% CI = 1.50–3.10, P < .01). La neutropenia al basale, presente in 4 pazienti, era associata ad un risultato scadente (HR = 4.20, 95% CI =1.70–11.00, P < .01); dei 4 pazienti, tre avevano la leucemia mieloide acuta (AML) e uno un linfoma primario del sistema nervoso centrale. La neutropenia peri–COVID-19 non era associata in modo significativo ad un risultato scadente (HR = 1.70, 95% CI = 0.85–3.60, P = .13). I risultati delle analisi univariate sono rimasti costanti nell’analisi multivariata e nelle analisi di sensibilità.
Risultati nei pazienti non affetti da COVID-19
Nella coorte di 917 pazienti risultati negativi a SARS-CoV-2, 303 (33%) sono stati ricoverati in ospedale, 57 (6,2%) sono morti e 154 (17%) hanno raggiunto l’endpoint composito. 314 pazienti (34,2%) hanno ricevuto chemioterapia citotossica entro 35 giorni dal test. Di questi, 48 (15,3%) hanno sviluppato l’endpoint composito, con un’incidenza simile a quella della intera coorte di pazienti non affetti da COVID-19. Gli autori hanno concluso: “Il trattamento recente con chemioterapia citotossica non era associato a eventi avversi da COVID-19. I pazienti con neoplasie ematologica o polmonare attive, linfopenia peri–COVID-19 o neutropenia al basale mostravano risultati peggiori. Le interazioni fra terapie antineoplastiche, tipo di tumore e COVID-19 sono complesse e meritano ulteriori indagini.”
Bibliografia
- Jee J, Foote MB, Lumish M, et al: Chemotherapy and COVID-19 outcomes in patients with cancer. J Clin Oncol. August 14, 2020.