Tumori: cellule NK più aggressive ed efficaci


Spegnere uno specifico gene per rendere le cellule NK più aggressive ed efficaci contro alcuni tumori. La ricerca preclinica dell’Università della California

Tumori: cellule NK più aggressive ed efficaci

All’inizio della scorsa estate sulle pagine della rivista Cell Stem Cell sono stati pubblicati i risultati di un’interessante ricerca, condotta da un gruppo di ricercatori statunitense che ha avuto come protagoniste le cellule Natural Killer (NK). Queste cellule fanno parte della complessa risposta immunitaria innata e sono in grado, grazie ad un’azione citotossica, di distruggere le cellule bersaglio. Il team guidato da Dan Kaufman, professore di medicina presso la Divisione di Medicina Rigenerativa dell’Università della California, ha scoperto che basta agire su un gene che inibisce l’attività delle NK per rendere queste cellule più “potenti” e “durevoli” contro alcune forme di leucemia.

Si tratta di una scoperta che riporta la mente al ruolo dei checkpoint immunitari, come PD-1 o CTLA-4, che sono molecole espresse dai linfociti T citotossici fondamentali per il mantenimento dell’omeostasi del sistema immunitario. Infatti, con un’ardita similitudine potremmo raffigurare il nostro organismo come Philippe Petit, lo straordinario funambolo francese che nel 1974 coprì lo spazio tra le due torri gemelle del World Trade Center camminando su un filo; questo perché la sua esibizione fu un concentrato di grazia, forza, eleganza e naturalezza ma sarebbe bastato un soffio per farla finire in tragedia. Analogamente, il corpo umano è una meravigliosa macchina che si basa sul delicatissimo equilibrio di una moltitudine di funzioni ma che potrebbe collassare all’insorgere di scompensi. Ogni secondo all’interno del nostro corpo si realizzano centinaia di reazioni biochimiche e molecole come i checkpoint immunitari sono essenziali per bloccare quei processi che potrebbero portare all’autodistruzione dell’organismo. Tuttavia, quando i ricercatori hanno capito che era possibile inibire l’azione di queste molecole hanno intravisto la possibilità di scatenare le potenzialità del sistema immunitario contro le cellule cancerose. Per tornare alla similitudine di Petit, questo passaggio potrebbe essere rappresentato da una corda di sicurezza che arresta la caduta del funambolo (per la cronaca: nel 1974 Petit non la utilizzò e questo rese ancora più spettacolare la sua performance).

Kaufman e la sua squadra si sono concentrati sulle cellule NK, una componente cruciale della risposta immunitaria innata, rapide nel rispondere alle invasioni esterne e anche a quelle interne, come hanno osservato già alcuni ricercatori. Su queste cellule si è già pensato di applicare l’approccio del recettore chimerico per l’antigene (CAR) normalmente usato per i linfociti T. Uno dei vantaggi sarebbe di poter mettere a punto nuove immunoterapie oncologiche basate su cellule allogeniche, ovvero provenienti da un donatore. Tuttavia, uno degli ostacoli più importanti al loro impiego in questo senso è la loro limitata persistenza in vivo: mentre le CAR-T possono arrivare a resistere anche mesi, le NK ingegnerizzate non resistono più di qualche settimana. Quindi, pur potendo essere prodotte più facilmente delle CAR-T autologhe, trovano un limite nella durata dell’effetto benefico. Ecco perché gli scienziati statunitensi hanno cercato un modo per ingegnerizzare le cellule NK rendendole più “potenti” e “durevoli” contro alcune forme di leucemia.

Partendo dalle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) essi hanno ottenuto una popolazione standard di cellule NK e, ricorrendo alla celebre tecnica Crispr-Cas9, hanno eliminato il gene CISH (che codifica per una proteina appartenente alla famiglia dei soppressori del segnale delle citochine). Questa proteina intracellulare – conosciuta come CIS – agisce regolando in maniera negativa la risposta all’interleuchina 15 (IL-15) e si comporta, quindi, come un checkpoint immunitario per le cellule NK. Le citochine sono molecole di segnalazione che indicano alle cellule del sistema immunitario i siti di infezione e infiammazione, i ricercatori hanno ipotizzato che aumentare la sensibilità delle cellule NK all’IL-15 avrebbe potuto rivelarsi il sistema per incrementare la loro attività antitumorale.

Negli studi condotti in laboratorio, i ricercatori hanno potuto studiare come la delezione del gene CISH tolga letteralmente i “freni” alle cellule NK. Uno studio condotto su un modello murino a cui erano state impiantate cellule leucemiche umane ha evidenziato la sopravvivenza dei topi trattati con le cellule NK potenziate (ovvero “senza freni”) e la morte degli esemplari di controllo, trattati con le cellule NK non modificate. Il team di Kaufman ha successivamente osservato che, sotto il profilo immunologico, le cellule NK potenziate erano mature ed esprimevano marker di citotossicità caratteristici, inoltre erano metabolicamente funzionali. La delezione del gene CISH, infatti, migliora l’efficienza delle cellule NK, rimuovendo un importante blocco alla loro funzione e rendendole più efficienti nell’utilizzo dell’energia, aspetto che ne migliora anche la funzione in vivo.

Adesso, con l’avvio di due studi clinici di Fase I rivolti alle malattie ematologiche e ai tumori solidi, l’obiettivo è di poter traslare questi incoraggianti risultati in ambito clinico. Come già accennato, la possibilità di ricorrere alle cellule NK favorirebbe la creazione di terapie basate su linee cellulari facilmente adattabili ai pazienti e più semplici da produrre delle CAR-T.

A ben guardare, è una prospettiva molto più solida di quella offerta da una fune di sicurezza.