La nuova emergenza Covid mette a rischio la vita di un milione di italiani over 65, affetti da patologie dovute al deterioramento delle valvole cardiache
Blocco dei ricoveri programmati, differimento degli interventi in elezione, allungamento delle liste d’attesa, saturazione delle terapie intensive, riconversione dei reparti e anche, di nuovo, la paura del contagio in ospedale. Questo lo scenario che con la seconda ondata di Covid-19 mette a rischio la vita di un milione di italiani over 65, affetti da patologie strutturali dovute al deterioramento delle valvole cardiache.
La denuncia arriva dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica che nel 41° Congresso Nazionale (edizione virtuale da oggi fino al 30 ottobre), presenta il suo Manifesto per la tutela del paziente cardiovascolare. “Lanciamo quattro proposte concrete volte a garantire un adeguato e tempestivo accesso alle cure per le persone cardiopatiche in era Covid-19 e per ridurne i tempi di ospedalizzazione – annuncia il Presidente del GISE Giuseppe Tarantini -. Ripartiamo da un Piano Nazionale Cardiologico che favorisca una visione complessiva, pragmatica e prospettica per assicurare una gestione tempestiva e appropriata delle patologie coronariche e strutturali cardiache, sempre più priorità di politica sanitaria. Mettiamo in campo un modello organizzativo organico in grado di affrontare la situazione conseguente all’emergenza: investire per riportare alla normalità i tempi delle liste d’attesa, potenziando la struttura dei reparti e rivedendo le modalità di accesso alle strutture sanitarie, con percorsi dedicati ai pazienti cardiopatici. Destiniamo risorse alla tecnologia e all’innovazione, sfruttando in maniera appropriata le opzioni diagnostico-terapeutiche non invasive oggi disponibili, riportando a casa un paziente più sano e in tempi più brevi. Infine impegniamoci per un accesso equo alle tecnologie/terapie più avanzate per tutti i pazienti che potrebbero trarne beneficio, dando vita a un Fondo per l’Innovazione tecnologica (in analogia con quanto fatto per i farmaci innovativi) che ne sostenga l’adozione nella pratica clinica e riduca le disomogeneità di accesso tuttora esistenti”.
“Una nostra survey su 130 Emodinamiche italiane che svolgono procedure di interventistica strutturale – riferisce Tarantini – confermava a metà ottobre una ripresa delle attività comunque sotto il 50% rispetto al periodo di pre-lockdown. Anche sul fronte delle angioplastiche nei mesi della “ripartenza” dopo la prima ondata di Covid-19 rispetto al periodo “pre-Covid” c’è stata un’analoga contrazione, tra il 50 e 75% per il 40% dei centri. Le barriere che hanno impedito la ripresa delle attività sono, per il 45% dei centri, organizzative (disponibilità di posti letto e del personale), per circa il 30% legate alla gestione delle liste di attesa, il 35% ha evidenziato anche un minore flusso di pazienti derivante da restrittive indicazioni di accesso in ospedale, infine circa il 30% ha segnalato la paura di un contagio ospedaliero da parte dei malati. Una ripresa dunque, già fortemente parziale rispetto alla normale routine, ma oggi comunque bruciata dalla saturazione di molte terapie intensive, dalla conseguente riconversione dei reparti e dai nuovi più recenti provvedimenti di blocco dei ricoveri. Tutto questo con effetti potenzialmente disastrosi su un segmento di una popolazione tanto considerevole quanto fragile. Ricordiamo infatti che tra chi ha più di 75 anni sono 200.000 le persone colpite da stenosi aortica e circa 600.000 quelle alle prese con insufficienza della valvola mitrale”.
“I pazienti con malattie cardiache pregresse – spiega il Presidente eletto del GISE Giovanni Esposito – nel caso di infezione da Covid-19 sono esposti ad un maggior rischio di complicanze cardiovascolari e di ricovero in terapia intensiva, e a una probabilità di decesso più che doppia (da 2 a 4 volte maggiore) rispetto a chi non ha problemi di cuore. Tra le co-morbidità riscontrate nei pazienti morti in Europa per Covid-19, le malattie cardiovascolari risultano al primo posto. Parliamo di patologie che portano a una riduzione marcata dell’aspettativa di vita, spesso a una disabilità anche con perdita dell’autosufficienza. Senza trattamento, circa la metà dei pazienti con stenosi valvolare aortica severa sintomatica muore entro 2 anni dalla diagnosi. I pazienti affetti da rigurgito mitralico severo, se non trattato, vanno incontro ad un rischio di mortalità del 57% a un anno. Le procedure percutanee che sostituiscono o riparano con tecniche mini-invasive le valvole cardiache danneggiate in tempo di Covid-19 sono pertanto strategiche: non solo impattano positivamente sulla mortalità e la morbilità, ma rispetto agli interventi che richiedono intubazione ed ecocardiografia trans-esofagea, presentano un rischio minore di infezione da Covid-19 per il paziente e per gli operatori, riducono i tempi di ospedalizzazione e il rischio di complicanze, migliorano considerevolmente la qualità della vita del paziente. Per tali ragioni è fondamentale che i centri di Emodinamica siano messi in grado di erogare queste prestazioni in maniera continuativa”.
“In questa seconda ondata di Covid-19 – dichiara il Segretario Generale di Cittadinanzattiva Antonio Gaudioso – stiamo ricevendo moltissime segnalazioni relative ai timori di blocco delle prestazioni in ambito cardiologico. Dobbiamo intervenire con tempestività e appropriatezza su tutto il processo, in fase di prevenzione, diagnosi e cura. Solo così potremo trattare la maggior parte delle patologie cardiovascolari cambiandone il decorso naturale e ripristinando la naturale aspettativa di vita delle persone. Pertanto affianchiamo con forza la Società Italiana di Cardiologia Interventistica per chiedere alle istituzioni sanitarie regionali, ai direttori generali di aziende sanitarie e ospedali, di individuare le strategie prioritarie e urgenti per abbattere le barriere che si ripresenteranno drammaticamente nei prossimi mesi. Investiamo nelle procedure salvavita, per evitare ai pazienti con patologie cardiovascolari di trascorrere più del necessario nelle rianimazioni e di dover dedicarsi a lungo alla riabilitazione. Contribuiamo anche così alla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale, già provata da questa epidemia”.