Malattia del fegato grasso non alcolica: la cannabis potrebbe rallentare la progressione secondo i risultati di un nuovo studio
Secondo i risultati presentati al meeting annuale virtuale dell’American College of Gastroenterology, il consumo di cannabis sarebbe correlato a una diminuzione della prevalenza e della progressione della steatoepatite tra i pazienti obesi.
La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) descrive una condizione di accumulo patologico di grasso negli epatociti quando non è possibile identificare una causa secondaria (ad es. uso eccessivo di alcol).
Lo spettro di malattie osservate nella NAFLD include il fegato grasso non alcolico (NAFL) e la variante più patologica, la steatoepatite non alcolica (NASH).
Sebbene la NAFL sia più comune, il danno epatocellulare e l’infiammazione che si verificano nella NASH contribuisce in modo significativo all’aumento del rischio di insufficienza epatica, cirrosi e carcinoma epatocellulare nei pazienti con NAFLD.
Gli effetti antinfiammatori della cannabis sono ben descritti nella letteratura sperimentale. Il tetraidrocannabinolo (THC), in particolare, ha dimostrato di avere attività antinfiammatoria ed epatoprotettiva nei miofibroblasti e nelle cellule stellate.
Ln questo studio sono state analizzate le proprietà epatoprotettive della cannabis e come queste influenzano la manifestazione della malattia e l’incidenza della NAFLD con lo scopo di determinare come il consumo di cannabis influenzi la prevalenza e la progressione della NAFLD nei soggetti umani obesi.
Achebe e colleghi hanno utilizzato i dati del 2016 Healthcare Cost and Utilization Project’s National Impatient Sample per identificare 879.952 pazienti obesi.
Il principale risultato dello studio era la prevalenza delle quattro presentazioni di NAFLD: steatosi, steatoepatite, cirrosi e carcinoma epatocellulare.
E’ stata quindi confrontata la prevalenza dello stadio della malattia tra consumatori di cannabis e non consumatori.
Infine, è stato ulteriormente abbinato il gruppo non-cannabis con fattori demografici e altri fattori di confusione relativi ai pazienti.
Rispetto a chi non utilizzava cannabis, 14.236 pazienti (1.6%) che avevano usato cannabis avevano meno steatoepatite (0,4% contro 0,7%) e cirrosi (1,1% contro 1,5%).
Dopo l’analisi della propensione abbinata, l’uso di cannabis è rimasto significativamente associato a una minore steatoepatite (0,4% vs 0,5%, p = 0,035).
Dopo l’abbinamento, non è stata evidenziata alcuna differenza statisticamente significativa nella prevalenza di NAFL, cirrosi e carcinoma epatocellulare.
Il consumo di cannabis è rimasto collegato a una minore steatoepatite (0,4% vs 0,5%; p=0,035) rispetto al non utilizzo dopo l’analisi della propensione abbinata. Nessuna differenza statisticamente significativa è stata osservata nella prevalenza di NAFL, cirrosi e carcinoma epatocellulare durante il post-partita.
Secondo gli autori, i risultati di questo studio suggeriscono che l’uso di cannabis è associato a una ridotta prevalenza e progressione della steatoepatite nei pazienti obesi. Questi risultati potrebbero essere spiegati dall’effetto antinfiammatorio ed epatoprotettivo della cannabis sugli epatociti attraverso il sistema endocannabinoide. Sono necessari ulteriori studi per esplorare ulteriormente questa relazione.