L’osservazione di un lampo radio veloce spiega l’origine di questi fenomeni enigmatici legata ai resti di stelle morte dagli intensi campi magnetici
Durano solo qualche millesimo di secondo ma stanno crucciando gli astronomi da oltre un decennio: sono i lampi radio veloci (in inglese fast radio bursts, o Frb), intensi e brevissimi bagliori osservati in banda radio e provenienti da galassie lontanissime. Ed è proprio la lontananza a rendere difficile la ricerca dell’origine di questi fenomeni, poiché di nessun lampo era stato possibile identificare la sorgente – fino allo scorso 28 aprile.
Quel giorno, l’osservatorio canadese Chime (Canadian Hydrogen Intensity Mapping Experiment) e quello statunitense Stare2 (Survey for Transient Astronomical Radio Emission 2) hanno rivelato un lampo radio veloce diverso dal solito: 30 volte meno brillante del Frb extra-galattico più noto, questo lampo proveniva dalla nostra galassia, la Via Lattea. Allo stesso tempo, diversi telescopi spaziali alle alte energie – tra cui l’europeo Integral, il cinese Hxmt e l’italiano Agile – avevano osservato un lampo all’estremo opposto dello spettro elettromagnetico, permettendo di localizzarne la sorgente d’origine: una magnetar, ovvero una stella di neutroni dal campo magnetico estremamente intenso, scoperta alcuni anni prima.
La connessione tra questo lampo, battezzato Frb 200428, e la magnetar Sgr 1935+2154, già annunciata qualche mese fa sulla base dell’analisi dei dati alle alte energie (si veda anche un’intervista sull’argomento a Marco Tavani, presidente dell’Inaf e principal investigator di Agile), viene ora confermata dall’analisi delle osservazioni radio, presentata in una serie di articoli pubblicati oggi su Nature. Uno degli articoli descrive le osservazioni effettuate con Chime, un altro quelle di Stare2, un terzo articolo analizza le osservazioni effettuate con il radio telescopio cinese Fast (Five-hundred-meter Aperture Spherical radio Telescope), che precedono la manifestazione di questo lampo, e infine un articolo di review discute le implicazioni della scoperta.
«Le magnetar erano uno dei principali sospetti per l’emissione di Frb e quindi questa scoperta è stata anche una conferma delle nostre teorie», racconta a Media Inaf Daniele Michilli, ricercatore al McGill Space Institute di Montreal, in Canada, membro della Chime/Frb Collaboration e co-autore di uno degli articoli.
Cercare qualcosa vicino casa ha i suoi vantaggi, ma anche le sue difficoltà. Ogni giorno, migliaia di lampi radio veloci avvengono nel cielo, ma considerando l’enorme numero di galassie nell’universo, la probabilità che ne avvenga uno in una singola galassia non è alta. E così, anche a causa delle molte incertezze sul numero esatto, i ricercatori non erano sicuri di poterne osservare in breve tempo uno nella nostra galassia.
«Noi vediamo una piccolissima parte di tutti i Frb perché i radio telescopi normalmente guardano una piccolissima porzione del cielo in un dato istante», prosegue Michilli. «Per questo motivo abbiamo costruito telescopi come Chime che, grazie a un campo di vista molto più grande del normale, riescono a vedere una porzione di cielo più ampia e a osservare un numero maggiore di Frb. Stare2, che ha osservato lo stesso Frb, è stato costruito con la specifica idea di cercare Frb dalla nostra galassia: guardare una grande porzione di cielo cercando Frb incredibilmente brillanti, che quindi devono essere stati emessi relativamente vicino a noi».
I dati in banda radio confermano che il lampo è risultato essere migliaia di volte più luminoso dei più potenti outburst mai osservati provenire da una magnetar nella nostra galassia. Se la sua sorgente si fosse trovata in un’altra galassia, sarebbe apparso come uno dei tanti Frb osservati finora, rinvigorendo l’ipotesi che le magnetar possano spiegare l’origine almeno di alcuni lampi radio veloci – se non di tutti.
«Tuttavia, dati i grandi divari energetici e di attività tra le sorgenti di Frb più luminose e più attive e ciò che si osserva per le magnetar, forse sono necessarie magnetar più giovani, più energiche e attive per spiegare tutte le osservazioni di Frb», spiega Paul Scholz del Dunlap Institute of Astronomy and Astrophysics all’Università di Toronto, tra i co-autori dell’articolo basato sui dati della collaborazione Chime/Frb.
Per una prova schiacciante del legame tra Frb e magnetar bisognerà aspettare la scoperta simultanea di un lampo radio e ai raggi X di provenienza extra-galattica. «Questo richiede una precisa localizzazione di Frb in galassie vicine», aggiunge Michilli, «e stiamo migliorando i nostri radio telescopi per localizzare un numero di Frb sempre maggiore. Nel frattempo, stiamo già studiando i dati ottici di Frb vicini che sono già stati localizzati e sono sicuro che otterremo i primi risultati già nelle prossime settimane».
E anche nel caso dell’ipotesi magnetar, occorreranno ulteriori studi sul fronte della modellistica per comprendere il meccanismo fisico che genera questi lampi. In futuro, un confronto tra lavori teorici e osservazioni potrà aiutare i ricercatori a distinguere fra le due classi di modelli sviluppate finora, secondo cui un Frb potrebbe originarsi direttamente nell’ambiente magnetico immediatamente prossimo alla stella (la magnetosfera), o alternativamente in una regione di plasma a maggiore distanza dalla sua superficie.
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Per saperne di più:
- Leggi su Nature l’articolo “A bright millisecond-duration radio burst from a Galactic magnetar” di Chime/Frb Collaboration (B. C. Andersen, K. M. Bandura, M. Bhardwaj, A. Bij, M. M. Boyce, P. J. Boyle, C. Brar, T. Cassanelli, P. Chawla, T. Chen, J.-F. Cliche, A. Cook, D. Cubranic, A. P. Curtin, N. T. Denman, M. Dobbs, F. Q. Dong, M. Fandino, E. Fonseca, B. M. Gaensler, U. Giri, D. C. Good, M. Halpern, A. S. Hill, G. F. Hinshaw, C. Höfer, A. Josephy, J. W. Kania, V. M. Kaspi, T. L. Landecker, C. Leung, D. Z. Li, H.-H. Lin, K. W. Masui, R. Mckinven, J. Mena-Parra, M. Merryfield, B. W. Meyers, D. Michilli, N. Milutinovic, A. Mirhosseini, M. Münchmeyer, A. Naidu, L. B. Newburgh, C. Ng, C. Patel, U.-L. Pen, T. Pinsonneault-Marotte, Z. Pleunis, B. M. Quine, M. Rafiei-Ravandi, M. Rahman, S. M. Ransom, A. Renard, P. Sanghavi, P. Scholz, J. R. Shaw, K. Shin, S. R. Siegel, S. Singh, R. J. Smegal, K. M. Smith, I. H. Stairs, C. M. Tan, S. P. Tendulkar, I. Tretyakov, K. Vanderlinde, H. Wang, D. Wulf e A. V. Zwaniga)
- Leggi su Nature l’articolo “A fast radio burst associated with a Galactic magnetar” di C. D. Bochenek, V. Ravi, K. V. Belov, G. Hallinan, J. Kocz, S. R. Kulkarni e D. L. McKenna
- Leggi su Nature l’articolo “No pulsed radio emission during a bursting phase of a Galactic magnetar” di L. Lin, C. F. Zhang, P. Wang, H. Gao, X. Guan, J. L. Han, J. C. Jiang, P. Jiang, K. J. Lee, D. Li, Y. P. Men, C. C. Miao, C. H. Niu, J. R. Niu, C. Sun, B. J. Wang, Z. L. Wang, H. Xu, J. L. Xu, J. W. Xu, Y. H. Yang, Y. P. Yang, W. Yu, B. Zhang, B.-B. Zhang, D. J. Zhou, W. W. Zhu, A. J. Castro-Tirado, Z. G. Dai, M. Y. Ge, Y. D. Hu, C. K. Li, Y. Li, Z. Li, E. W. Liang, S. M. Jia, R. Querel, L. Shao, F. Y. Wang, X. G. Wang, X. F. Wu, S. L. Xiong, R. X. Xu, Y.-S. Yang, G. Q. Zhang, S. N. Zhang, T. C. Zheng e J.-H. Zou
- Leggi su Nature l’articolo “The physical mechanisms of fast radio bursts” di Bing Zhang