Alessandro D’Avenia in libreria con “L’appello”, un nuovo romanzo di riscoperta e maturazione. Lo scrittore torna ad occuparsi di scuola
“Quello che vedete non è solo un romanzo, ma una chiamata alle armi. Chi lo prende diventa parte di una guerra che non può più essere rimandata”: Alessandro D’Avenia annuncia così il suo nuovo libro, ‘L’appello’, uscito in tutte le librerie e negli store online.
“La guerra di cui parlo è quella da fare al proprio egoismo”, spiega poi con un post su Facebook. Il romanzo, racconta la Dire Giovani (www.diregiovani.it), si apre con una classe di ragazzi che hanno perso la loro insegnante di scienze pochi giorni prima dell’inizio dell’anno. A sostituirla viene chiamato un professore che si scopre essere cieco a causa di una malattia che lo ha privato della vista in pochissimo tempo. Perciò ora deve capire se può ancora dedicarsi al suo mestiere: “Cosa può fare se non fare bene l’appello?”. Questo appello è però singolare: dopo che gli alunni hanno enunciato il proprio nome e cognome, il docente chiede che ciascuno racconti un pezzo di sé. “E grazie a questo accade che i ragazzi prendono coscienza della loro storia e si rendono conto di quanto questa storia sia grande e la mettono in comunicazione con quella degli altri”. Infine, viene loro domandato di avvicinarsi, così che l’insegnante possa mettere le sue mani sul loro volto per alcuni secondi.
“Questa immagine per me è la sintesi di che cosa succede quando si entra in classe, simbolicamente, metaforicamente, non fisicamente, tu devi essere pronto a mettere le tue mani su quel volto”, dice lo scrittore. “È una chiamata alle armi perché è un dire ‘diventa ciò che sei’. Per farlo però hai bisogno che qualcuno ti chiami. È una chiamata a una resistenza che è un modo di esistere”.
Questo singolare professore di quarantacinque anni si chiama Omero, che in greco significa “colui che non vede”: era destinato già nel nome. Invece il cognome, Romeo, riporta a una dimensione moderna rispetto all’antichità classica. La classe, formata da dieci discenti, è anch’essa una scommessa impegnativa: è una classe-ghetto, in cui sono stati raggruppati i casi disperati della scuola. Tra gli studenti ci sono una ragazza che ha difficoltà ad elaborare il lutto del padre, una che nasconde, dietro un’apparente allegria, un disturbo alimentare, un rapper che vive in una casa famiglia, un nerd che socializza solo attraverso uno schermo, una figlia abbandonata, un aspirante pugile che fa incontri clandestini per guadagnare un po’ di soldi, un ragazzo che soffre per la separazione dei genitori: giovani che smettono di essere invisibili proprio grazie a un professore che non vede. Attraverso la relazione reciproca di apprendimento tra le due figure di maestro e discepolo viene pertanto a realizzarsi una maturazione a più livelli.
Anche la copertina del libro ha una sua storia: realizzata dalla sorella dello scrittore, la fotografa Marta D’Avenia, raffigura, su una lavagna, un vaso da cui i fiori erompono all’esterno perché lanciati nella vita, “pronti a mettere radici e a far fiorire il deserto là fuori”: allo stesso modo è la scuola.
Alessandro D’Avenia, già autore di ‘Bianca come il latte, rossa come il sangue’ (Mondadori, 2010), ‘Cose che nessuno sa’ (Mondadori, 2011), ‘Ciò che inferno non è’ (Mondadori, 2014), ‘L’arte di essere fragili: come Leopardi può salvarti la vita’ (Mondadori, 2016) e ‘Ogni storia è una storia d’amore’ (Mondadori, 2017), molto popolari tra il pubblico degli adolescenti, torna ad occuparsi di scuola, lui che la vive in prima persona, essendo, come il suo nuovo protagonista, lui stesso insegnante. Il 6 dicembre 2012, D’Avenia ha ricevuto il Premio Internazionale padre Pino Puglisi per “l’impegno mostrato a favore dei giovani”.