Melanoma metastatico: la combinazione di pembrolizumab e tavokinogene telseplasmid fa ben sperare nei casi refrattari agli anti-PD-1
La strategia di aggiungere tavokinogene telseplasmid (pIL-12-EP), un plasmide sintetico codificante per l’interleuchina-12 (IL-12), all’anti-PD-1 pembrolizumab si è associata a un tasso di risposta complessivo (ORR) promettente – 30% – nei primi 54 pazienti con melanoma avanzato refrattario agli inibitori di PD-1 e in rapida progressione arruolati nello studio di fase 2b KEYNOTE-695. Questo risultato arriva da un’analisi ad interim del trial, appena presentata al congresso annuale della Society for Immunotherapy of Cancer (SITC).
«Lo studio è molto interessante perché valuta la combinazione di pembrolizumab con tavokinogene telseplasmid, un plasmide che contiene il gene dell’IL-12 e quando viene iniettato a livello locoregionale entra grazie all’elettroporazione nelle cellule, si integra nel DNA e permette a queste cellule di produrre IL-12, che ha un effetto sul sistema immunitario sia innato sia adattivo» ha spiegato ai nostri microfoni Paolo A. Ascierto, Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell’Istituto Fondazione G. Pascale di Napoli, che è tra gli autori dello studio. «L’altro aspetto di interesse è legato al fatto che il trial è stato condotto su pazienti che erano già stati trattati con un anti-PD-1, ma erano risultati resistenti e quindi erano andati in progressione».
«Al di là della facilità d’impiego di tavokinogene telseplasmid, i dati riportati al congresso ne dimostrano il potenziale in combinazione con pembrolizumab come terapia intratumorale a base di IL-12 di nuova generazione che può indurre la regressione non solo delle lesioni cutanee, ma anche di quelle viscerali e a distanza, trattate localmente o non trattate, con risposte che si sono dimostrate durature» ha aggiunto Ascierto.
Da notare che l’ORR stimato da quest’analisi ad interim e valutato dagli sperimentatori è risultato molto superiore all’endpoint primario di efficacia stabilito nel protocollo per questo studio, cioè un ORR del 20%, determinato da revisori indipendenti in cieco.
Lo studio KEYNOTE-695
Lo studio KEYNOTE-695 (NCT03132675) ha arruolato pazienti con melanoma non resecabile o metastatico in rapida progressione che erano stati trattati con un anti-PD-1, da solo o in combinazione con un altro agente, per 12 settimane prima dell’ingresso nello studio.
I pazienti dovevano essere in progressione confermata secondo i criteri RECIST v1.1 e non essere in trattamento prima di entrare nello studio, nonché avere una malattia misurabile secondo i criteri RECIST v1.1.
L’intervallo mediano tra l’ultima dose di anti-PD-1 ricevuta e la somministrazione del trattamento sperimentale è risultato di 1,2 mesi.
Pembrolizumab è stato somministrato alla dose di 200 mg tramite infusione endovenosa ogni 3 settimane, mentre tavokinogene telseplasmid è stato somministrato in almeno una lesione accessibile nei giorni 1, 5 e 8, ogni 6 settimane.
L’endpoint primario dello studio è l’ORR valutato da revisori indipendenti in cieco, mentre gli endpoint secondari dello studio includono la durata della risposta (DOR), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la PFS immunitaria (iPFS), l’ORR immunitario e la sopravvivenza globale (OS).
Al congresso SITC sono stati presentati i dati relativi ai primi 54 pazienti inseriti nel trial, ma gli autori puntano ad arruolare fino a 100 pazienti con malattia refrattaria agli anti-PD-1, localmente avanzata non resecabile o metastatica, in progressione dopo un ciclo completo di trattamento con gli anti-PD-1 pembrolizumab o nivolumab.
Le caratteristiche dei pazienti
La popolazione finora analizzata era prevalentemente maschile (55,4%) e aveva con un’età mediana di 66 anni (range: 30-86). La maggior parte dei pazienti (62,5%) presentava un performance status ECOG pari a 0 al basale e il 21,4% di essi presentava mutazioni del gene BRAF.
Inoltre, la maggior parte dei pazienti era in stadio IVa e b (53,6%) o in stadio IVc e d (30,4%). Il numero medio di lesioni target era pari a 8,9 (range, 1-169) e il numero mediano di terapie a cui i partecipanti erano già stati sottoposti era pari a 2,9 (range, 1-17).
Tassi di risposta molto incoraggianti
Il tasso di risposta completa è risultato del 6% e tutte le risposte sono state confermate da scansioni effettuate non prima di 6 mesi dall’ingresso nello studio. Il tasso di risposta parziale è risultato del 24% e il 19% dei pazienti ha mostrato una stabilizzazione della malattia,
«Raggiungere un tasso di risposta complessivo del 30%, con diverse risposte complete e nessun evento avverso grave è estremamente incoraggiante per i pazienti con melanoma metastatico resistente agli inibitori dei checkpoint, che attualmente si affidano alla somministrazione sistemica di farmaci immunostimolanti gravati da una tossicità severa» ha sottolineato Ascierto.
L’ORR è stato valutato anche nel sottogruppo di 17 pazienti con malattia in stadio IV M1c/M1d, nei quali è risultato del 35%. Inoltre, i 15 pazienti trattati in precedenza con ipilimumab hanno mostrato un ORR ancora più alto, pari al 40%, mentre il 9% dei pazienti ha ottenuto una riduzione del 100% delle lesioni target.
«L’elevato tasso di risposta osservato nel sottogruppo con malattia metastatica M1c/M1d è davvero notevole, perché i pazienti arrivati a questo stadio in genere hanno una prognosi sfavorevole e spesso non rispondono ai trattamenti attuali» ha commentato l’autore principale dello studio, Adil Daud, professore di medicina presso l’Università della California di San Francisco UCSF) e direttore dell’Unità di Ricerca Clinica sul Melanoma dello UCSF Helen Diller Family Comprehensive Cancer Center.
Effetto sistemico del trattamento e risposte durature
Secondo l’oncologo, i dati dimostrano che quest’approccio terapeutico basato sulla somministrazione intratumorale di tavokinogene telseplasmid associata al trattamento con pembrolizumab produce un effetto sistemico e sull’intero organismo, dal momento che si sono osservate risposte tumorali nelle lesioni viscerali e a distanza.
Sulla base delle risposte osservate al trattamento con la combinazione tavokinogene telseplasmid più pembrolizumab si è visto che nell’82% dei casi le lesioni trattate erano lesioni cutanee/sottocutanee, mentre nel restante 18% lesioni linfonodali locali e regionali. Le lesioni non trattate erano principalmente quelle riscontrate nei reni, nel fegato e nei polmoni, e altre metastasi viscerali (45%). Tuttavia, la combinazione ha lasciato non trattate anche il 25% delle lesioni linfonodali e il 15% delle lesioni linfonodali a distanza.
Le risposte sono apparse durature, con una durata della risposta mediana che è attualmente di 12,2 mesi (IC al 95% da 5,6 mesi a non valutabile), con un follow-up mediano dello studio di 13,5 mesi.
Profilo di sicurezza «senza precedenti»
Per quanto riguarda la sicurezza, i ricercatori hanno osservato un profilo di sicurezza promettente per questo approccio di trattamento intratumorale. Infatti, la maggior parte degli eventi avversi è stata di grado 1 e 2 e l’incidenza degli eventi avversi correlati al trattamento di grado 3 è risultata solo del 5,4%, mentre non si è registrato nessun evento avverso di grado 4 o 5 correlato al trattamento.
I più comuni eventi avversi di qualsiasi grado manifestati durante il trattamento sono stati affaticamento (26,8%), dolore procedurale (23,2%) e diarrea (19,6%), mentre quelli di grado 3 includevano cellulite, enterite e lichen planus (in un paziente ciascuno).
Daud ha descritto il profilo di sicurezza di tavokinogene telseplasmid più pembrolizumab come «senza precedenti rispetto agli attuali standard di cura». Infatti, ha aggiunto il professore «grazie all’approccio unico di rilascio intratumorale del DNA plasmidico tramite l’elettroporazione, si osserva un aumento dei livelli di IL-12 immunostimolante nel tumore senza aumentare i livelli di IL-12 nel sangue o altrove, evitando effetti tossici sistemici».
Le analisi sui biomarcatori
I ricercatori hanno valutato anche il profilo dei biomarcatori durante il trattamento, che ha dimostrato la capacità della combinazione di far sì che tumori immunologicamente quiescenti ottengano risposte immunitarie locali e sistemiche.
In particolare, i pazienti che hanno risposto al trattamento hanno mostrato di avere un numero significativamente maggiore di linfociti T infiltranti il tumore CD8+ rispetto a quelli che non hanno risposto dopo solo un ciclo di trattamento.
I responder a tavokinogene telseplasmid più pembrolizumab hanno mostrato anche la presenza di più cloni del recettore delle cellule T significativamente mirati contro il tumore rispetto ai non responder dopo il trattamento.
Inoltre, i responder hanno mostrato un aumento delle cellule effettrici a vita breve e un minor numero di cellule soppressori di derivazione mieloide, nonché una maggiore abbondanza di Cloistridiales nel microbiota, rispetto a coloro che non hanno risposto al trattamento.
I vantaggi della terapia intratumorale
I risultati ottenuti nello studio KEYNOTE-695 giustificano un ulteriore sviluppo della combinazione tavokinogene telseplasmid-pembrolizumab in uno studio più ampio di fase 3, ha osservato Ascierto, e suggeriscono un possibile utilizzo di combinazioni simili in futuro come trattamento per i pazienti con melanoma avanzato, ha aggiunto Daud.
«Riteniamo che la terapia intratumorale sarà portata avanti nel trattamento dei pazienti grazie al suo profilo di sicurezza, alla comodità per il paziente e alla facilità d’impiego, in quanto è pratica e patient-friendly» ha detto Daud.
«Il prodotto è prontamente disponibile al momento del bisogno e si caratterizza per la facilità di somministrazione a lesioni accessibili in media entro 10 minuti, in ambiente ambulatoriale. I pazienti non richiedono l’osservazione dopo il trattamento, come accade, invece, con i farmaci somministrati per via infusionale. Inoltre, non richiede una gestione speciale dei livelli di glicemia elevati, come con talimogene laherparepvec» ha concluso l’autore.
Tavokinogene telseplasmid
Sviluppato dalla biotech OncoSec, tavokinogene telseplasmid è un plasmide a DNA codificante per l’interleuchina-12 (IL-12), introdotto all’interno del tumore mediante elettroporazione, in modo da ottenere la produzione endogena nel microambiente tumorale di IL-12, che permette al sistema immunitario di riconoscere e attaccare i tumori in tutto il l’organismo.
«Il sistema di somministrazione mediante elettroporazione agisce ottimizzando l’assorbimento cellulare del plasmide nel microambiente tumorale, che porta a una produzione locale e sostenuta di IL-12 nel tumore, dove è importante, con un’esposizione sistemica trascurabile. Ciò recluta e innesca le cellule immunitarie che combattono il tumore, portando a risposte immunitarie sistemiche senza tossicità sistemica» ha spiegato Daud.
Tavokinogene telseplasmid ha dimostrato di indurre una risposta antitumorale locale e sistemica in diversi studi clinici, tra cui lo studio registrativo KEYNOTE-695 su pazienti con melanoma metastatico e lo studio di fase 2 KEYNOTE-895 su pazienti con carcinoma mammario triplo negativo (TNBC).
Il prodotto non è ancora stato approvato da nessuna agenzia regolatoria, ma ha ricevuto dalla Food and Drug Administration la designazione di farmaco orfano e la designazione Fast-Track per il trattamento del melanoma metastatico andato incontro a progressione dopo il trattamento con pembrolizuamab o nivolumab.