Per una transizione ecologica dell’agricoltura in Italia servono obiettivi più ambiziosi: SAU certificata Bio almeno al 40%
Un ostacolo alla crescita del biologico è il clamoroso ritardo del rinnovo del Piano di Azione nazionale per l’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (PAN pesticidi) che dovrebbe recepire un altro obiettivo della Strategia Farm to Fork, la riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi in agricoltura, e fissare norme a tutela delle produzioni biologiche dalla contaminazione accidentale per la deriva dai terreni confinanti trattati con pesticidi. Il PAN pesticidi italiano è scaduto dal febbraio 2018 e dopo la consultazione pubblica conclusa nel mese di ottobre 2019 il nuovo testo resta nascosto nei meandri dei tre Ministeri competenti (Agricoltura, Ambiente e Salute), nonostante un sollecito della Commissione Europea. Con 27 lettere personalizzate ai Governi nazionali, il commissario dell’Ue per la salute e la sicurezza alimentare, Stella Kyriakides, ha chiesto che i Paesi membri dell’Unione garantiscano nell’attuazione della Direttiva UE pesticidi il rispetto immediato e completo dei requisiti legati alla Strategia Farm to Fork, il cui obiettivo è rendere il sistema alimentare più sostenibile entro il 2030, riducendo l’uso dei pesticidi del 50%. Le lettere della Commissione forniscono a ciascun Paese una serie di avvisi sulla “non conformità” nell’attuazione della Direttiva UE pesticidi e la Commissione ha indicato 82 punti su cui 23 Paesi, tra cui l’Italia, non riescono a soddisfare gli standard comunitari sui pesticidi, nonostante la Direttiva UE risalga al 2009. Le mancanze segnalate vanno proprio dalla necessità di aggiornare i Piani d’Azione nazionali alla necessità di ispezionare le attrezzature per l’irrorazione dei pesticidi.
Per il WWF la crescita del biologico è un obiettivo prioritario se vogliamo promuovere quella transizione ecologica dell’agricolturaindispensabile per affrontare con successo i gravi problemi ambientali globali, dalla perdita della biodiversità ai cambiamenti climatici. Il vero punto debole resta la conversione delle produzioni dal convenzionale al biologico che chiama in causa le scelte delle aziende agricole, ma anche quelle dell’agroindustria. Per il WWF le variabili per spingere gli agricoltori alla necessaria conversione al biologico delle proprie produzioni, se non vogliamo dipendere dall’importazione di materie prime biologiche, sono essenzialmente due: il giusto prezzo che deve essere riconosciuto ai produttori lungo la catena del valore delle filiere agroalimentari e l’utilizzo virtuoso dei sussidi pubblici che dovrebbero premiare maggiormente tutte le esternalità positive del biologico, ad iniziare dai fondi della PAC post 2020 che rappresenta il maggiore portafoglio di fondi pubblici dedicato all’agricoltura, ma anche attraverso una fiscalità nazionale agevolata per i prodotti biologici ed una penalizzazione delle sostanze chimiche di sintesi.
La nuova Legge nazionale sul biologico che dovrebbe essere finalmente approvata dal Senato nelle prossime settimane, dopo oltre 2 anni di stallo, sarà un altro importante strumento per la crescita del biologico nel nostro Paese. La Legge prevede, tra l’altro, un marchio per l’identificazione dei prodotti biologici 100% “Made in Italy” lungo tutta la filiera e con il 40% di SAU certificata bio entro il 2030 il nostro Paese potrebbe garantire prodotti di qualità con filiere agroalimentari biologiche 100% italiane in grado di competere senza rivali nel mercato globale.