Partito il primo Piano nazionale di monitoraggio del Lupo, il Wwf: “Bisogna lavorare di più nelle aree di nuova colonizzazione per favorire la coesistenza”
Istituzioni nazionali, Enti pubblici e Associazioni uniscono le forze per la prima volta per raccogliere informazioni e dati su distribuzione e consistenza della popolazione di lupo (Canis lupus italicus) a livello nazionale. Da ottobre 2020 a marzo 2021 verranno perlustrate, alla ricerca di segni di presenza della specie, circa 1.000 celle di cento chilometri quadrati, distribuite sull’intero territorio nazionale. Per la prima volta il monitoraggio verrà effettuato a livello nazionale, dalle Alpi alla Calabria, utilizzando protocolli di campionamento standardizzati, messi a punto dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA).
Per riuscire in questa sfida ambiziosa, ISPRA ha attivato una collaborazione con Federparchi (per il monitoraggio dell’area peninsulare) e con il progetto LIFE WolfAlps-EU (per il monitoraggio dell’area alpina), e ha coinvolto diverse associazioni nazionali e locali, che possono fornire un importante contributo conoscitivo con la loro estesa rete di volontari.
Il WWF Italia ha risposto positivamente, attivando le proprie sezioni locali e Oasi, consegnando a ISPRA una lista di oltre 150 volontari. Tra questi, 50 saranno direttamente coinvolti in questi primi mesi di attività. Tante persone, provenienti da tutto il territorio nazionale, entusiaste di poter dare un valido contributo nelle attività di raccolta dei dati sul campo, ovviamente nel pieno rispetto delle disposizioni anti-COVID. Il lavoro dei volontari consisterà nella raccolta e registrazione dei segni di presenza di lupo lungo i transetti precedentemente definiti, secondo le direttive tecniche e logistiche che saranno loro fornite dai tecnici incaricati e da ISPRA negli incontri di formazione previsti in queste settimane.
Il WWF contribuirà alla raccolta dati anche tramite il monitoraggio di aree di recente ricolonizzazione del lupo, non coperte dal piano nazionale, grazie ai numerosi volontari che, pur avendo dato la propria disponibilità, non sono stati coinvolti in questa prima fase.
Era il 1970 quando, insieme al Parco Nazionale d’Abruzzo, il WWF Italia lanciò l’Operazione San Francesco, per salvare il lupo da un’estinzione quasi certa (in quegli anni i lupi presenti in Italia erano circa un centinaio). All’epoca era fondamentale, oltre che proteggere i pochi lupi rimasti, ricostruire l’immagine di questa specie, inquinata da favole e leggende, per favorirne l’accettazione sociale e la coesistenza con le attività umane.
Dagli anni ’70 ad oggi lo status di conservazione del lupo è molto migliorato, ma è fondamentale non abbassare la guardia.
“Per questo il WWF Italia è ancora in prima linea per la conservazione di questa specie iconica, consapevole che la conoscenza della consistenza numerica e della distribuzione della popolazione è la fondamentale base conoscitiva, ma da solo non basta a contrastare le minacce, mitigare i conflitti con l’attività zootecnica, favorire la coesistenza tra lupo e uomo, ed aumentare l’accettazione sociale di questa presenza da parte dell’opinione pubblica, in particolare nelle aree di recente colonizzazione”, dichiara Marco Galaverni, direttore scientifico del WWF Italia. “Ricordiamo poi che lo strumento fondamentale rappresentato dal Piano di Conservazione del Lupo in Italia è ancora fermo al palo in conferenza Stato-Regioni: è ora che l’Italia si doti rapidamente di questo strumento, sgombrando il campo da ogni ipotesi di abbattimenti sistematici, ma mettendo in campo tutte le azioni davvero utili a gestire al meglio la coesistenza uomo-lupo”.