Per il Prof. Saverio Fortunato, Rettore dell’Istituto Italiano di Criminologia di Vibo Valentia, la scuola sta formando generazioni di cretino-intelligenti: in futuro si dovrà andare dallo specialista per ottenere un ragionamento intelligente
La stupidità di oggi si diffonde camuffata da intelligenza, grazie al suo lessico, carico di idiozie linguistiche, riesce a convertire il negativo in positivo, il disvalore in asepsi morale; la licenza in libertà, i tradizionali vizi in devianza, l’irresponsabilità in demagogia, l’incompetenza in politica, la scienza in medicina; la medicina in politica e la politica in medicina; il parassitismo in assistenzialismo, lo spreco in socialità, l’egoismo in corporativismo, la prevaricazione in libertarismo, l’immoralità, volgarità, vuoto intellettuale in avanguardie e sperimentalismo, l’autoritarismo in autorità, l’aggressione in aiuto fraterno o umanitario.
Al tempo stesso, riesce a demonizzare o squalificare, attraverso opposti espedienti semantici, le sgradite verità contrarie e disingannanti come qualunquismo, conservatorismo, riflusso, retroguardia, moralismo, pessimismo, autoritarismo, meritocrazia, mistificazione, provocazione, arroganza, macchinazione, negazionismo, complottismo, cercando così di zittire, con ampi successi, gli isolati tentativi di un pensiero critico, autonomo e libero da logiche di apparati o di appartenenze.
Attraverso il gioco dell’investitura di progressismo e della stigmatizzazione dell’oscurantismo e antidemocraticità del pensiero divergente, tutta una “intellighenzia” (intellettuali scrittori, mass-media, medici, veterinari, virologi, immunologi e politici incompetenti), produttrice d’opinione attraverso l’appropriazione dei mezzi d’informazione, si è assicurata l’inattaccabilità della propria mediocrità ed il successo della “genialità compresa”.
La scuola in questo marasma generale si è appiattita e sta causando un nuovo fenomeno di comunicazione di massa: l’emergere di intere generazioni di cretino-intelligenti, prigionieri della solitudine e della paura di vivere, giacché assillati dai media e dal pensiero ‘medico’ che parla da politico e da quello politico che pensa e agisce da ‘medico’.
La stupidità di cui io parlo, si somma alla demenza digitale di cui parla Manfred Spitzer (professor a Harvard, direttore della Clinica psichiatrica e del Centro per le Neuroscienze e l’Apprendimento dell’Università di Ulm). Egli sostiene che l’eccesso di digitalizzazione riduce l’uso del cervello in talune funzioni (attenzione, concentrazione, capacità di memorizzare, capacità di riflessione, orientamento, interazione sociale) e impedisce direttamente la formazione e lo sviluppo di determinate aree di competenza che vengono ‘spente’, in quanto sostituite da abitudini digitali.
Prima di Spitzer, in Corea, alcuni ricercatori medici avevano riscontrato tra i giovani e giovanissimi un aumento dei disturbi della memoria, dell’attenzione e della concentrazione, oltre a un appiattimento emotivo e una generale ottusità. Tale quadro clinico è stato definito ‘demenza digitale’. La parola demenza deriva dal latino de (via da) e mens (mente). Tradotta letteralmente significa declino mentale. Dunque demenza non significa in questo caso mancanza di memoria, ma compromissione del rendimento mentale, del pensiero, della capacità critica del ragionamento.
Io ritengo che così come oggi l’ascolto sia divenuto una professione (se vuoi essere ascoltato vai dallo psicologo e paghi la seduta), in futuro ci si dovrà recare dallo specialista (e pagare) per ottenere un ragionamento intelligente.
di Prof. Saverio Fortunato (Rettore e Professor di Criminologia all’Istituto Italiano di Criminologia degli studi di Vibo Valentia)