Vulvodinia, la patologia semi-sconosciuta che non fa dormire: attenzione ai sintomi principali e a quelli secondari come disturbi umorali e urinari
E’ stata un’altra notte insonne per Lara, 25 anni. Ormai sono quattro mesi che quel dolore lancinante le impedisce di avere una vita normale. Sembra quasi una puntura di spillo che non smette di colpire nelle zone intime e che, pian piano, sta interessando anche l’area del perineo. Non sa descrivere bene cosa le stia capitando, ma sa una cosa: la sua vita non è più come prima. Non riesce più a sedersi sulla sedia, tantomeno a studiare: un bel problema per una ragazza universitaria che si appresta a scrivere una tesi di laurea. Rimangono dentro l’armadio anche gli amati jeans stretti, che hanno dovuto lasciare il posto ai più larghi e comodi pantaloni della tuta.
Da subito Lara si è rivolta ad uno specialista, e poi ad un altro e ad un altro ancora. E tutti le hanno dato una versione differente: chi ha parlato di micosi vaginali, chi di semplici infiammazioni. Diverse sono state le terapie proposte, ma ancora nulla: il dolore non scompare.
Un giorno, quasi rassegnata a dover convivere per sempre con questo male, si rivolge al Policlinico di Milano, dove viene visitata da una squadra composta da tre specialiste diverse: una ginecologa, un’ostetrica e una psicologa. Per la prima volta le parlano di vulvodinia, un dolore cronico alle zone intime della durata di almeno tre mesi senza cause apparenti. Le parlano di una patologia complessa, ancora poco conosciuta dagli stessi medici, che deve essere affrontata concentrandosi sulla paziente e non sulla malattia.
In questo team multidisciplinare è presente Veronica Boero, ginecologa al Policlinico di Milano, che spiega cos’è la vulvodinia e come viene affrontata.
Che cos’è la vulvodinia?
Quando parliamo di vulvodinia, ci riferiamo ad un dolore cronico alla zona vulvare di una durata di almeno di tre mesi, senza alcuna causa apparente. Queste possono infatti associarsi a diversi fattori: genetici, infiammatori, ormonali, neurologici, psicosociali e così via. La vulvodinia deve essere distinta dal dolore vulvare. Quest’ultimo infatti viene sempre causato da una patologia specifica (tumore, trauma ecc.). Non è così per la vulvodinia che, vista l’assenza di una causa identificabile, viene dunque classificata in base a dove nasce, alle sue caratteristiche ed al suo svilupparsi nel tempo.
Possiamo parlare di una vulvodinia provocata (causata da un tocco diretto sulla zona vulvare), una spontanea (senza alcun tipo di tocco), oppure mista. Si parla anche di patologia generalizzata, che può quindi riguardare o tutta la zona o solo una parte di essa, prendendo spesso il nome dell’area che colpisce. Altra classificazione è quella di una vulvodinia primaria o secondaria a seconda se vi sia o meno un evento iniziale che l’ha scatenata. Infine si può definire intermittente, costante, immediata o ritardata in base a come si sviluppa nel tempo.
Quali sono i sintomi?
Il sintomo principale è il dolore, spesso descritto come bruciore, prurito o una sensazione di scossa e di puntura di spilli che colpisce la zona vulvare. Questi sintomi in alcuni casi si irradiano a tutto il perineo. A volte il dolore è talmente forte da interferire con le attività tipiche della quotidianità e addirittura con il sonno. Tra i sintomi secondari troviamo invece disturbi gastrointestinali, umorali e urinari (come ad esempio cistiti recidivanti e sindrome della vescica dolorosa), dolore e difficoltà nella vita sessuale, fibromialgia e altre sindromi dolorose. E’ dunque importante capire quali siano le caratteristiche del dolore sia per stabilire la gravità della patologia, sia per valutarne i cambiamenti durante la terapia.
Quali sono le cause?
Essendo una patologia poco conosciuta, le cause della vulvodinia possono essere molteplici. L’ipotesi attualmente più accreditata ritiene come causa principale una forma di dolore neuropatico, cioè la sensibilizzazione delle fibre dolorose a causa di uno stato d’infiammazione o di infezione che lo innesca. Altro oggetto di studio come causa della vulvodinia sono le micosi recidivanti.
Quante donne colpisce in Italia la vulvodinia?
I dati sul numero delle donne colpite dalla vulvodinia sono molto discordanti. E’ una patologia ancora poco conosciuta anche dai medici stessi, tant’è che in alcuni reparti di ginecologia non si occupano proprio della malattia. Può manifestarsi nelle diverse fasce di età della vita della donna, con un picco di incidenza tra i 20 e i 40 anni. Volendo dare una stima, potremo dire che si attesta nel 5% circa della popolazione femminile in Italia, anche se i dati che riguardano la ricerca specifica della malattia parlano di percentuali di donne colpite sino al 12%.
Quali percorsi sono disponibili al Policlinico di Milano per la cura di questa patologia?
Data la poca conoscenza del fenomeno, la vulvodinia è una malattia difficile da diagnosticare e trattare. Per questo motivo al Policlinico di Milano affrontiamo la patologia concentrandoci anche e soprattutto sulla paziente e non solo sul male stesso. Diamo particolare attenzione alla descrizione dei sintomi, oltre che alla storia medica e psicosessuale della paziente. Fra i punti principali del nostro percorso terapeutico vi sono: la riduzione dei fattori scatenanti e degli stimoli irritativi; il blocco della sensibilità del dolore; la riduzione dell’aumento del tono muscolare del pavimento pelvico se presente; fornire un sostegno psico-sessuale della sindrome. Per raggiungere questi obiettivi, nel nostro centro abbiamo istituito un team multidisciplinare che prende in carico la paziente da diversi punti di vista, in modo da fornirle tutto il supporto di cui necessita. La donna viene visitata da tre specialiste all’interno della stessa sede: dopo un primo esame svolto dalla ginecologa e un’analisi del pavimento pelvico svolto dall’ostetrica, la paziente svolge un colloquio con una psicologa specialista dell’ambito. Poiché è inevitabile che l’alterazione della qualità di vita dovuta alla vulvodinia influenzi gli aspetti psicologici di una donna, il colloquio risulta importante per comprendere se via sia su base scientifica una vera e propria associazione fra questi due fattori.
Lara sa bene che il percorso terapeutico è solo all’inizio, ma adesso che conosce il nome del suo nemico è molto più fiduciosa rispetto al passato. Oggi può finalmente sognare di riprendersi la sua vita. E finalmente di rindossare i suoi amati jeans stretti.