Luca Burgalassi, chitarrista, polistrumentista e cantautore livornese, torna con “Come To My World” disponibile sulle piattaforme digitali
«Come To My World è un invito a seguirmi nel mio percorso musicale ed emotivo. Un mondo fatto di tante sfaccettature e colori diversi, un viaggio interiore, non solo attraverso vari generi ed atmosfere musicali, ma anche tra emozioni e sensazioni contraddittorie e contrastanti: un percorso introspettivo, in parte dettato anche dal downtime del lockdown». Arriva al quarto album Luca Burgalassi, un lavoro importante e significativo che apre un nuovo spiraglio sul mondo musicale del chitarrista e compositore toscano, trapiantato in USA dal 2016. Ancora una volta la musica americana è al centro della sua opera, Come To My World è un invito alla scoperta, una sorta di diario di viaggio nell’interiorità di un musicista tra le difficoltà della pandemia e la ricerca di un dialogo tra cultura italiana e mediterranea e le grandi opportunità del Nuovo Mondo.
Come To My World è il quarto lavoro di Luca Burgalassi, artefice di un percorso coerente e ricco di sfumature, spunti e risvolti sin dal disco d’esordio del 2015, con il quale rivelò il suo bagaglio musicale. Al crocevia tra acustico ed elettrico, tra folk, blues, rock e country, Come To My World è stato composto, registrato e mixato in Virginia nella primavera del 2020, masterizzato da Kim Person al Wistaria Studio di Yorktown, con la partecipazione di musicisti della Tidewater Scene come Bobby BlackHat, Michael Glass e Pamela Joe Sward. «Il legante tra le varie anime del disco è il mio background musicale, non sono un purista di nessuno stile in particolare e quando compongo non penso mai ad un genere preciso, piuttosto a un’atmosfera che un certo sound mi evoca e da lì poi si sviluppano la composizione e il testo. Immagino sempre i miei pezzi come se fossero suonati dal vivo, magari da una band numerosa e libera di improvvisare e di muoversi sulla struttura del brano., ognuno aggiungendo un colore diverso. L’ossatura principale della mia musica e generalmente la chitarra acustica, strumento che uso di più per comporre, anche se sempre di più mi piace avventurarmi componendo su altri strumenti, dal pianoforte ad altri strumenti a corda».
Chitarrista, polistrumentista e cantautore livornese, trasferitosi in Virginia nel 2016, Luca Burgalassi inizia a studiare musica a sei anni, a scrivere canzoni e ad esibirsi dal vivo a dodici, in seguito si diploma con lode all’Accademia Lizard di Fiesole con Giovanni Unterberger e si perfeziona studiando jazz e improvvisazione con Franco D’Andrea, Franco Morone, Armando Corsi, Steve Trovato, Mike Stern e Franco Mussida. Dopo il suo disco d’esordio nel 2015 è finalista al BluesIn 2016, nel 2017 si esibisce al Pistoia Blues aprendo il concerto di Little Steven. Questo quarto album è «il proseguimento, forse più maturo, del mio cammino musicale iniziato con Shadows and Fragments, una raccolta quasi completamente acustica di composizioni che avevo scritto poco più che adolescente, seguito da Windward (2016), che esprimeva la voglia di guardare avanti, verso il futuro, in cerca di un cambiamento. Nel terzo album On The Other Side Of the Water (2016), il primo registrato e pubblicato negli USA con musicisti americani, il cambio era fresco e il territorio tutto da esplorare, in Come to My World l’esperienza americana è certamente più consolidata, le collaborazioni coi musicisti più mature e l’intreccio di sonorità, strumenti e generi più organico».
Accanto a chitarre acustiche ed elettriche, tra armonie vocali e brani strumentali, Burgalassi rinnova la sua devozione per mandolino, banjo, dobro, lap steel guitar e armonica in dodici brani ricchi di vitalità, pathos e fantasia, ma soprattutto di una cultura e una musicalità americana vissute da dentro. «L’ambiente musicale che ho trovato si è dimostrato molto coeso e unito. Sono i musicisti stessi a creare il pubblico in primis, sostenendosi a vicenda, ad alimentare l’intreccio di locali, festival, radio, tv. Attraverso il passaparola e le collaborazioni. Molto raramente ho trovato gelosie, chiusure o ostacoli. Alla fine ho sempre cercato di essere me stesso, con molta umiltà e voglia di imparare, cercando sempre collaborazioni e dando ai musicisti con cui ho suonato libertà totale di essere se stessi. Le differenze linguistiche e culturali non sono mai state un problema, semmai una scusa per farsi due risate in più».
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