Domicilio digitale e PEC: ecco le differenze


Il domicilio digitale è obbligatorio dal 1° ottobre 2020 per imprese e professionisti e deve essere comunicato a Ordini e Camere di Commercio: perché è diverso dalla PEC

Domicilio digitale e PEC: ecco le differenze

Il domicilio digitale – obbligatorio dal 1° ottobre 2020, per imprese e professionisti – è il luogo virtuale in cui cittadini, imprese e professionisti vogliono ricevere le comunicazioni in formato digitale: per eleggere il proprio domicilio digitale la scelta è tra la Posta Elettronica Certificata (la versione digitale della raccomandata A/R ) e un Servizio elettronico di recapito certificato qualificato (denominato SERCQ o SERC), anche se di fatto quest’ultima categoria di servizi non è ancora operativa. Ma quali sono le differenze tra domicilio digitale e PEC?

Il decreto Semplificazioni (D.L. n. 76/2020) ha reso obbligatoria per professionisti (commercialisti, avvocati, medici, architetti, notai, etc.) e imprese costituite in forma societaria, la comunicazione del proprio domicilio digitale entro il 1° ottobre 2020: una comunicazione da fare, rispettivamente, agli ordini o collegi di appartenenza e alle Camere di Commercio, a pena di sanzione amministrativa, trasformata addirittura in prerequisito per l’iscrizione al Registro delle imprese per tutte le imprese costituite in forma societaria.

La notizia dell’introduzione di questo nuovo obbligo ha generato qualche perplessità in molti dei soggetti tenuti a rispettarlo, che si sono chiesti cosa si intendesse davvero per domicilio digitale e quali fossero le differenze con la PEC, già da molti ampiamente utilizzata per spedire documenti e messaggi di posta elettronica con valore legale tra persone e imprese, pubbliche amministrazioni e professionisti. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.

Il domicilio digitale nel CAD

In base al Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005), il domicilio digitale è “un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, di seguito “Regolamento eIDAS”, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale”.
Tale definizione è stata introdotta nel CAD con la riforma del 2017 (D.Lgs. n. 217/2017) e ci presenta il domicilio digitale come categoria più ampia di quella della PEC.

Cos’è il domicilio digitale?

Il domicilio digitale è un recapito online, un “luogo” digitale, o ancora, un domicilio virtuale che può essere attivato dopo essersi muniti, in alternativa, di un indirizzo di Posta Elettronica Certificata o di un Recapito Certificato Qualificato previsto dal Regolamento europeo eIDAS, servizio di comunicazione elettronica non ancora disponibile per i cittadini italiani.
Potremmo dire quindi che si tratta del luogo digitale in cui i cittadini (imprese e professionisti) indicano alla Pubblica Amministrazione di voler ricevere le proprie “comunicazioni” online con valenza legale.

A cosa serve il domicilio digitale?

Nell’epoca della dematerializzazione dei documenti, la finalità di questo strumento digitale è di sostituire il domicilio fisico per il recapito delle comunicazioni ufficiali: per poter essere ricevuta e poi letta, una raccomandata richiede che il destinatario sia fisicamente presente nel luogo di destinazione mentre una comunicazione recapitata presso il proprio domicilio digitale può essere ricevuta e letta mentre si è in qualsiasi parte del mondo, a costo zero per quanto riguarda l’invio/ricezione e senza le attese legate al viaggio fisico che dovrebbe fare la posta cartacea, ma con la stessa valenza legale di una raccomandata A/R.
In sintesi, il domicilio digitale dovrà garantire l’identità di mittente/destinatario e certificare invio/ricezione delle comunicazioni.

Come si attiva il domicilio digitale?

Per poter attivare il proprio domicilio digitale:

  • si deve avere un indirizzo di PEC o un servizio elettronico di Recapito Certificato Qualificato (SERCQ) in linea con la normativa UE;
  • è necessario richiedere l’attivazione del domicilio al proprio Comune di residenza, compilando l’apposito modulo di domanda;
  • una volta ricevuta la richiesta, il Comune provvederà a inserire l’indirizzo PEC nell’elenco dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR) e reso disponibile alle Pubbliche Amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi per le comunicazioni con i cittadini.

Per quanto riguarda le imprese (individuali e costituite in forma societaria) e i professionisti (iscritti in Albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato), per essere in regola con l’obbligo di comunicazione del proprio domicilio digitale (previsto dal Decreto Semplificazioni con scadenza 1° ottobre), essi avrebbero dovuto essere in regola con il previgente obbligo di dotarsi di una PEC, acquistando il relativo abbonamento da un gestore abilitato iscritto nell’elenco pubblicato sul sito dell’AgID.

A tal fine, le imprese hanno dovuto:

  • controllare la corretta iscrizione del domicilio digitale (PEC) al Registro delle imprese (consultando, tramite il “cassetto digitale”, una visura aggiornata o cercando la PEC dell’impresa sul sito www.registroimprese.it);
  • in mancanza di un domicilio digitale attivo, richiederlo a un gestore abilitato e comunicarlo al Registro delle imprese tramite la procedura semplificata e gratuita “Pratica Semplice – iscrizione PEC” (https://ipec-registroimprese.infocamere.it/ipec/do/Welcome.action).

professionisti hanno dovuto:

  • controllare se il loro domicilio digitale risultava regolarmente iscritto, verificando la presenza della PEC nell’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta certificata (INI- PEC) gestito dal Ministero dello Sviluppo economico (https://www.inipec.gov.it/ordini-e-collegi/cerca-pec-ordini);
  • qualora il proprio indirizzo PEC non fosse presente o fosse diverso da quello in uso, provvedere ad aggiornarlo comunicando quello nuovo all’ordine/collegio di appartenenza.

Rapporto tra PEC e domicilio digitale

Nel quadro normativo attuale, la PEC è uno dei possibili strumenti previsti per attivare il domicilio digitale: potremmo dire che c’è un rapporto di “mezzo a fine”, nel senso che, per poter attivare il domicilio digitale, il cittadino deve essere titolare o di una PEC o di un Sercq.
Al momento, però, la PEC è l’unico strumento utilizzabile, dato che non è stata ancora emanata a livello UE la normativa esecutiva sui SERC. Per tale motivo, è stata anche sospesa dal legislatore italiano l’abrogazione della PEC (era prevista per il 1° gennaio 2019) in attesa di nuove regole.

Domicilio digitale, PEC e SERCQ: quali differenze?

Vi sono però alcune differenze anche tra questi due strumenti per il domicilio digitale.
Semplificando, possiamo paragonare la PEC a una comune casella di posta elettronica la quale, però, grazie a certificati prodotti e firmati elettronicamente dai gestori del servizio, ha valore legale, dal momento che viene per l’appunto certificata la data e l’ora di trasmissione e ricezione del messaggio. Il mittente produce il messaggio di posta elettronica e vi aggiunge gli eventuali allegati.

Per poter avere pieno valore legale, però, è necessario che mittente e destinatario siano in possesso di una casella PEC presso uno dei gestori autorizzati iscritti all’elenco pubblico tenuto dall’Agenzia per l’Italia Digitale.
Se, da un lato, la PEC consente al mittente di disporre di una documentazione legalmente valida dell’invio e dell’avvenuto recapito della comunicazione, dall’altro lato non è in grado, da sola, di identificare il mittente del messaggio: la certezza dell’identità può essere certificata solo tramite un utilizzo congiunto della firma elettronica.

A differenza della PEC, il Servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERCQ) renderà certe le identità di mittente e destinatario – si dice che integri in maniera nativa la certezza delle loro identità – ma richiederà dei meccanismi di autenticazione (strong authentication) da parte di ognuno di essi (mittente/destinatario) che, come accennato, devono ancora essere compiutamente definiti a livello Ue, conformemente al Regolamento Eidas.