Base editing: una speranza per l’emofilia A, e non solo. Sono tre gli italiani vincitori del Bayer Hemophilia Awards Program
“Base Editing of DNA as a New Therapeutic Option for Haemophilia A“: è questo il titolo del progetto con cui Mirko Pinotti, professore ordinario di biologia molecolare e direttore del Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologie dell’Università di Ferrara, ha vinto il BHAP (Bayer Hemophilia Awards Program), nella categoria dedicata alla ricerca di base. Il progetto è ambizioso e si propone di convertire, grazie alla tecnica di editing genomico denominata ‘base editing’, la sequenza mutata di DNA, responsabile dell’emofilia A, nel suo corrispettivo corretto. Un risultato che spalancherebbe le porte a una nuova era di medicina “personalizzata” e che potrebbe essere esteso anche ad altre malattie genetiche. Ce lo racconta il professor Pinotti.
IL PREMIO
Il Bayer Hemophilia Awards Program sostiene progetti di ricerca clinica e di base, e promuove iniziative educazionali in tutto il mondo, nell’ambito dell’emofilia. Dalla sua istituzione, nel 2002, la multinazionale farmaceutica Bayer ha assegnato oltre 300 premi a medici e operatori sanitari di 33 Paesi, per un totale di 36 milioni di dollari, e ha contribuito alla ricerca con più di 400 pubblicazioni, presentazioni e comunicazioni scientifiche. Per l’edizione 2019-2020 ci sono stati ben tre italiani premiati: oltre a Mirko Pinotti, anche Pasquale Agosti e Roberta Gualtierotti, medici specialisti della U.O.C. Medicina Generale – Emostasi e Trombosi presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, sono stati insigniti del prestigioso riconoscimento. I progetti di ricerca dei tre italiani sono stati scelti tra i 29 candidati di quest’anno, e sono stati selezionati per la loro rilevanza scientifica da una commissione composta da dieci esperti provenienti da Stati Uniti, Canada, Giappone, India, Paesi Bassi, Finlandia, Germania e Italia. “Sono molto soddisfatto, vista l’estrema competizione per questo finanziamento internazionale”, afferma il professor Mirko Pinotti. “Vuol dire che il nostro progetto è risultato intrigante e convincente agli occhi della commissione. Non è scontato, trattandosi di un tema ‘di frontiera’ come quello della modifica del DNA”.
MODIFICARE SENZA TAGLIARE
Il progetto, infatti, presentato in collaborazione con David Liu – del Broad Institute del MIT di Boston (Stati Uniti) e uno dei pionieri dell’editing genomico – e con Antonia Follenzi dell’Università del Piemonte Orientale, abbraccia il vastissimo tema dell’editing, tecnologia altamente innovativa che funziona come un “correttore” del DNA. “La locuzione ‘di frontiera’ sta proprio a indicare la varietà di applicazioni che può avere un approccio di questo tipo. Solo in ambito clinico, la possibilità di riportare il DNA alla sequenza normale permetterebbe la cura di molte patologie genetiche causate da errori nella doppia elica”.
“Rispetto al famoso ‘taglia e cuci del DNA’ mediato dalla forbice molecolare Crispr-Cas9, che quest’anno ha portato Charpentier e Doudna al Nobel per la Chimica, la strategia terapeutica che proponiamo, il ‘base editing’, permette di correggere la sequenza bersaglio senza tagliare la doppia elica”, spiega Pinotti. “Il meccanismo prevede l’identificazione delle basi mutate sul DNA e la loro modifica a livello chimico. Uno dei pionieri di questo sistema è proprio David Liu, con il quale collaboriamo per questo progetto”. Il biologo del Broad Institute del MIT, infatti, è autore del primo studio sull’argomento e, ad oggi, continua le ricerche per sviluppare al meglio questo innovativo strumento di editing genomico.
IL PROGETTO SULL’EMOFILIA
“Abbiamo deciso di unire le nostre forze: la competenza di Liu in ambito di base editing, la mia esperienza e quella della dottoressa Follenzi nel campo dell’emofilia”, racconta lo scienziato. “Sono vent’anni che ci occupiamo di difetti della coagulazione: il nostro laboratorio è attrezzato per creare modelli cellulari e studiare i livelli dei fattori implicati nell’emofilia”. L’emofilia A, ad esempio, è la forma più comune ed è causata da una ridotta produzione, o addirittura dalla totale mancanza, del fattore VIII della coagulazione. “Con i fondi stanziati dalla Bayer per questo progetto intendiamo riuscire a ripristinare la corretta sequenza che codifica per questo fattore in modelli ex vivo, cioè lavorando su cellule endoteliali isolate dai pazienti emofilici”, spiega Pinotti. “La mossa successiva sarebbe il passaggio al modello animale, ma per questi studi saranno necessari ulteriori fondi”.
L’obiettivo non è mettere a punto una semplice terapia ma una cura definitiva per questa grave malattia emorragica intervenendo direttamente alla radice genetica. Ripristinare la presenza del fattore VIII riattiverebbe la coagulazione del sangue, come se non ci fosse mai stata una mutazione. “L’aspetto veramente interessante di questo approccio – conclude Mirko Pinotti – risiede nel fatto che, una volta messa a punto sull’emofilia, questa tecnica potrebbe diventare una strategia per la correzione di qualsivoglia gene, e le patologie alle quali si potrebbe estendere sono tantissime. Le potenzialità di una scoperta di questo calibro sono enormi”.