Combinare nanoparticelle e siRNA per combattere l’Alzheimer: una nuova strategia per veicolare gli RNA interferenti direttamente nel cervello e silenziare il gene BACE1
E se l’Alzheimer si potesse curare con la strategia del “cavallo di Troia” della terapia genica ma senza vettori virali? È quello su cui stanno lavorando i ricercatori della Nankai University e dell’Henan University, entrambe in Cina, sviluppando un nuovo sistema di “nanodelivery”, cioè di consegna della terapia in un preciso punto target con nanoparticelle non virali. Obiettivo: trasportare nel cervello RNA interferenti (siRNA) in grado di silenziare l’attività del gene BACE1, coinvolto nell’insorgenza della patologia. La strategia ha mostrato risultati promettenti – su modelli animali – e lo studio è stato pubblicato lo scorso ottobre sulla rivista scientifica Science.
UNA MALATTIA PROBLEMATICA E INARRESTABILE
La malattia di Alzheimer è una malattia neurodegenerativa legata all’età, caratterizzata da un progressivo deterioramento della capacità cognitiva. Ed è anche una delle patologie più complesse dei nostri tempi. In parte perché i precisi meccanismi patologici che portano alla sua insorgenza non sono ancora completamente chiari. In parte perché da anni ricercatori e aziende stanno provando a sviluppare una cura senza troppo successo. Un dato scoraggiante, soprattutto se si pensa che nel 2019 ha colpito più di 50 milioni di persone a livello globale e che la stima è il raggiungimento di 152 milioni nel 2050. Al momento le uniche terapie approvate (inibitori dell’acetilcolinesterasi o antagonisti del recettore N-metil-D-aspartato) possono solo ridurre in parte i sintomi, ma non rallentare la progressione della malattia.
IL RUOLO DI BACE1
Quello che è noto finora, come scrivono anche gli autori del lavoro, è che l’accumulo dell’aggregato tossico β- amiloide è un evento chiave nella malattia di Alzheimer. La sua formazione deriva dalla scissione della proteina precursore dell’amiloide (APP) per opera della proteina BACE1 (enzima di scissione APP del sito β 1) e delle γ-secretasi. Questo è stato il punto di partenza per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche, tra cui un cerotto cutaneo costituito da farmaci inibitori della BACE1 al momento in sperimentazione clinica. Utilizzare direttamente piccole molecole inibitrici di BACE1 era una delle ultime e promettenti idee, poi in parte accantonate dalle aziende farmaceutiche a causa della loro tossicità e per altri motivi di sicurezza. Nonostante questi recenti fallimenti però, BACE1 è ancora considerato uno dei bersagli terapeutici più promettenti per l’Alzheimer.
GLI siRNA
È a questo livello che gli siRNA potrebbero tornare utili per la lotta all’Alzheimer. I ricercatori cinesi affermano, infatti, che gli siRNA potrebbe funzionare bloccando direttamente l’espressione genica di BACE1 che è alla base dell’insorgenza della patologia: “con alta specificità di bersaglio, basse dosi efficaci e un processo di sviluppo di farmaci relativamente semplice”. Finora la strategia non era stata portata avanti per via della mancanza di approcci efficaci nella consegna degli siRNA nel cervello. Esistono infatti diversi problemi su questo fronte: come passare la barriera emato-encefalica, la loro breve durata in circolo delle molecole di RNA, la degradazione enzimatica, l’insufficiente penetrazione nei tessuti, l’endocitosi cellulare e il trasporto citosolico alterato.
LA STRATEGIA DI “NANODELIVERY”
Per ovviare a questi problemi il team cinese ha sviluppato un sistema di “nanodelivery” glicosilato, che utilizza il trasportatore del glucosio-1 (Glut1) per il controllo della glicemia, per facilitare la penetrazione degli siRNA attraverso la barriera-emato encefalica. Inoltre per migliorare la protezione del siRNA incapsulato, i ricercatori hanno utilizzato un metodo a “tripla interazione” per stabilizzare le nanoparticelle polimeriche di siRNA (Gal-NP@siBACE1).
La strategia è stata testata in un topo modello per la malattia di Alzheimer: “Ha mostrato una stabilità superiore nel sangue – scrivono gli autori – ed è stata in grado di penetrare in modo efficiente attraverso la barriera emato-encefalica, facendo in modo che gli siRNA potessero ridurre l’espressione di BACE1”. La somministrazione di Gal-NP@siBACE1 ha ripristinato il deterioramento della capacità cognitiva nei topi senza effetti collaterali di rilievo.
Un risultato importante che dimostra la possibilità di superare alcuni scogli tecnico-scientifici, che finora avevano bloccato l’applicazione di alcune strategie terapeutiche all’Alzheimer, utilizzando una combinazione di nanoparticelle e siRNA nel campo delle malattie neurodegenerative.