Tumore al seno triplo negativo: atezolizumab neoadiuvante non impatta su attività quotidiane e qualità della vita secondo un nuovo studio
In pazienti con carcinoma mammario triplo negativo in stadio iniziale, il trattamento neoadiuvante con l’inibitore di PD-L1 atezolizumab più nab-paclitaxel seguito da doxorubicina più ciclofosfamide migliora i tassi di risposta patologica completa (pCR) rispetto alla sola chemioterapia (più un placebo) senza impattare maggiormente sulle attività quotidiane o la qualità di vita. Lo evidenziano i risultati di un’analisi dei Patient Reported Outcomes (PRO) dello studio IMpassion031, presentata al recente San Antonio Breast Cancer Symposium.
L’analisi primaria del trial, presentata al congresso ESMO 2020, ha evidenziato come il trattamento neoadiuvante con atezolizumab più nab-paclitaxel seguito dalla chemioterapia migliori in modo significativo rispetto alla sola chemio più un placebo il tasso di pCR, che era l’endpoint primario del trial, indipendentemente dallo stato di PD-L1: 57,6% contro 41,1% rispettivamente (P = 0,0044).
Valutare l’impatto sulla qualità di vita
Tuttavia, «bilanciare efficacia e tossicità è fondamentale in un setting come quello del tumore al seno triplo negativo in stadio iniziale, che è potenzialmente curabile», ha ricordato la prima firmataria dello studio Elizabeth Ann Mittendorf, del Brigham and Women’s Hospital e direttrice del Breast Immuno-Oncology Program presso il Dana-Farber Cancer Institute.
Nella nuova analisi, quindi, la Mittendorf e i colleghi hanno voluto valutare se il miglioramento nell’efficacia clinica ottenuto grazie all’aggiunta dell’immunoterapia con atezolizumab alla chemioterapia fosse accompagnato da un calo delle prestazioni nelle attività quotidiane dei pazienti o della qualità di vita.
Lo studio IMpassion031
Lo studio IMpassion031 (NCT03197935) è un trial randomizzato e controllato di fase 3 che ha incluso pazienti 333 pazienti con un tumore al seno triplo negativo, con tumore primitivo di almeno 2 cm, in stadio cT2-cT4, cN0-cN3 e cM0, con uno stato di PD-L1 noto e con un performance status ECOG pari a 0 o 1.
I partecipanti sono stati assegnati in modo casuale e secondo un rapporto 1:1 al trattamento neoadiuvante con atezolizumab 840 mg per via endovenosa due volte a settimana più nab-paclitaxel ogni 2 settimane seguito da atezolizumab più doxorubicina-ciclofosfamide oppure placebo più nab-paclitaxel seguito da placebo più doxorubicina-ciclofosfamide. Dopo l’intervento chirurgico, i pazienti hanno ricevuto 11 dosi di atezolizumab 1200 mg ogni 3 settimane oppure sono stati tenuti in osservazione.
Gli endpoint primari dello studio erano i tassi di pCR nella popolazione intent-to-treat (ITT) e nel sottogruppo PD-L1–positivo, mentre, gli endpoint dell’analisi sui PRO includevano la variazione rispetto al basale del funzionamento sociale, emotivo e fisico e dello stato globale di salute, nonché della qualità della vita legata alla salute (HRQoL), misurati con due questionari validati, lo European Organisation for Research and Treatment of Cancer Quality of Life Questionnaire Core 30 (EORTC QLQ-C30) e il Functional Assessment of Cancer Therapy-General single item GP5 (FACT-G GP5).
I risultati
Gli autori hanno riscontrato che il funzionamento fisico medio al basale, che era del 91% nel braccio trattato con atezolizumab (IC al 95% 89-93) e 90% nel braccio di controllo (IC al 95% 88-92), era elevato ed è rimasto comparabile nei due bracci.Entrambi i bracci hanno mostrato un deterioramento simile e clinicamente significativo del funzionamento fisico all’inizio del ciclo 3 del trattamento neoadiuvante, che si è protratto fino al ciclo 5. Tuttavia, in entrambi i casi si osservato un miglioramento durante la terapia adiuvante e a partire dal ciclo 7 i pazienti hanno iniziato a raggiungere una graduale stabilità sotto questo punto di vista.
Anche per quanto riguarda il funzionamento sociale i ricercatori hanno riscontrato valori medi basali elevati, 89% sia nel braccio atezolizumab (IC al 95% 86-93) sia in quello placebo (IC al 95% 86-92), e anche in questo caso tali valori sono rimasti comparabili tra i due bracci. Durante il periodo di trattamento neoadiuvante si è osservato un deterioramento clinicamente significativo del funzionamento sociale in entrambi i bracci, che hanno mostrato la stessa entità di deterioramento a partire dall’inizio del ciclo 2 nel braccio atezolizumab o del ciclo 3 nel braccio placebo; questa situazione si è mantenuta per tutto il ciclo 5. Sebbene i pazienti abbiano continuato a mostrare un impatto negativo sul funzionamento sociale nel setting adiuvante, si è osservata una sua stabilizzazione nel ciclo 9 nel braccio di controllo, mentre i pazienti non ricevevano il trattamento attivo ed erano sotto osservazione. Il fatto che nei pazienti del gruppo atezolizumab non si siano del tutto stabilizzati i parametri di funzionamento sociale sarebbe da attribuire, secondo la Mittendorf, alla necessità di doversi recare in ospedale per sottoporsi alla terapia, situazione giudicata come penalizzante.
In merito alla HRQoL, gli autori hanno documentato valori elevati al basale in entrambe i bracci: 79% (IC al 95% 76-82) nel braccio atezolizumab e 76% (IC al 95% 73-79) nel braccio placebo, con un deterioramento clinicamente significativo e di entità paragonabile in entrambi i bracci nel periodo di terapia neoadiuvante, iniziato durante il ciclo 3 e continuato fino al ciclo 5. In entrambi i bracci si è osservato un miglioramento e un raggiungimento di una stabilità graduale della HRQoL a partire dal ciclo 6 nel periodo di terapia adiuvante. Nel braccio placebo, i pazienti sono stati in grado di tornare ai valori medi basali entro il ciclo 7.
In conclusione
L’analisi dei PRO del trial IMpassion031 è la prima ad esaminare l’impatto di un trattamento con un inibitore del checkpoint immunitario vissuto da pazienti con carcinoma mammario in stadio iniziale.
«In questo studio, i pazienti trattati con atezolizumab più la chemioterapia nel setting neoadiuvante non hanno mostrato alcun impatto negativo aggiuntivo sulle attività quotidiane di vita o sulla HRQoL rispetto a quelli trattati con la sola chemioterapia», ha commentato la Mittendorf, ribadendo che il funzionamento fisico e sociale e la HRQoL hanno iniziato a stabilizzarsi, per poi tornare ai livelli basali in entrambi i bracci durante il periodo di trattamento adiuvante.
«Il trattamento del tumore al seno triplo negativo in stadio iniziale mira ad essere curativo. In questi casi, dobbiamo essere sicuri che i miglioramenti nei risultati siano controbilanciati da effetti negativi sulla qualità della vita dei pazienti. I nostri risultati suggeriscono che la combinazione dell’inibitore del checkpoint immunitario e la chemioterapia soddisfi questi requisiti», ha concluso l’autrice.
Fonte:
Mittendorf EA, et al. Patient-reported outcomes (PROs) from the Ph 3 IMpassion031 trial of neoadjuvant (NA) atezolizumab + chemo in early triple-negative breast cancer (eTNBC) SABCS 2020; abstract GS3-02. Link