La scrittrice e mediatrice culturale Yvette Samnick: “Basta buonismi e ipocrisie di comodo, Agitu è stata uccisa da un nero e nessuno vuole dirlo”
“Basta buonismi e ipocrisie di comodo. Sui social ho letto diversi post sull’imprenditrice nera morta assassinata e stuprata, Agitu Ideo Gudeta. È stato un crimine d’odio, non un semplice femminicidio. Ma la cosa che mi ha più dato fastidio è stata leggere i post degli attivisti neri che, dopo aver fatto l’elenco delle discriminazioni e del razzismo che ha subito l’imprenditrice, si sono dimenticati del fatto che la sua morte con questi motivi non c’entra nulla“.
Così Yvette Samnick, scrittrice, mediatrice culturale e fondatrice dell’Associazione camerunense di lotta contro la violenza sulle donne (Aclvf), in un contributo inviato all’agenzia di stampa Dire (www.dire.it) sulle reazioni alla morte di Agitu Ideo Gudeta, l’imprenditrice agricola etiope trapiantata da anni in Trentino, uccisa da un suo collaboratore il 29 dicembre 2020 a Frassilongo in val dei Mocheni.
“Quando ha subito razzismo, si è fidata del sistema giudiziario, ha denunciato e il colpevole, condannato in passato e che oggi viene menzionato ovunque, si è dimostrato poi totalmente estraneo all’accaduto- continua Samnick- Nessuno vuole dire che è stato un extracomunitario, un nero, un suo fratello che l’ha uccisa, perché che senso avrebbe quando dobbiamo avere e mantenere un unico nemico? Tutta colpa dell’uomo bianco. È ridicolo vedere che nessuno voglia ammettere pubblicamente che le stesse nefandezze che fanno gli uomini bianchi, ammazzando e stuprando le donne, le fanno anche i neri“.
“Nessuno vuole ammettere che gli uomini che arrivano in questo Paese sono portatori di un sistema patriarcale molto radicato- sostiene Samnick- Non si vuole far emergere il fatto che nelle moltissime comunità africane in Italia le donne sono vittime di stereotipi e opprimenti ruoli di genere che le vogliono sottomesse e che subiscono violenza in quanto donne. È invece molto più facile denunciare le violenze dei bianchi e non ammettere che le stesse cose avvengono anche all’interno delle nostre comunità”.
Questo “fatto di cronaca- scrive ancora l’attivista e mediatrice- poteva essere un’opportunità per loro di stigmatizzare la violenza di quell’uomo e non di mascherarla, non nominarla e trovare un colpevole che stavolta, però, non c’entra nulla. Siamo nel XXI secolo. Non siamo migliori delle altre razze (e uso il termine ‘razze’ proprio perché lo usiamo anche noi per discriminare), basta con questo vittimismo, sta diventando ridicolo. È arrivato il momento di prendersi anche le proprie responsabilità e ammettere che gli stessi mostri che denunciamo nelle case degli altri, li abbiamo anche nelle nostre case, fanno parte delle nostre comunità di origine. A forza di lamentarci sempre, rischiamo di non essere presi più sul serio e soggetti a manipolazione”. Conclude Yvette Samnick: “Nei post in cui leggo ‘riposa in pace sorella’, come viene notato che ha subito discriminazione e razzismo dai bianchi, abbiate l’onestà di aggiungere: ‘nostro fratello ha ucciso sua sorella’. E di ammettere che qui non c’era razzismo, ma solo un uomo che uccide una donna per confermare il suo potere su di lei“.