Nei pazienti diabetici un consumo moderato di alcol aumenta il rischio di fibrosi avanzata secondo uno studio svedese pubblicato sulla rivista Metabolism
Alcol, ma soprattutto il diabete di tipo 2, sono associati a un rischio più elevato di sviluppare fibrosi avanzata. È quanto emerge dai risultati di uno studio svedese pubblicato sulla rivista Metabolism.
Secondo le linee guida europee, il consumo settimanale di alcol nella steatosi epatica non alcolica (NAFLD) è fissato a un massimo di 30 g/giorno per gli uomini e 20 g/giorno per le donne, anche se non stabiliscono come dovrebbe essere eseguita la valutazione del consumo di alcol. Di norma si utilizzano i colloqui clinici e le informazioni riportate in un questionario auto-riferito. Uno degli strumenti più diffusi e convalidati per escludere il consumo eccessivo di alcol nella NAFLD è l’AUDIT, anche se viene spesso viene preferita una versione semplificata (AUDIT-C) composta da sole tre domande.
Dal momento che chi abusa di alcol spesso riferisce in modo impreciso di non avere problemi, si è creata la necessità di sviluppare metodi più oggettivi per valutarne l’assunzione, hanno premesso gli autori dello studio. L’analisi del fosfatidiletanolo nel sangue (PEth) si è rivelato una misurazione sensibile e specifica per stabilire le abitudini di consumo di alcol, specialmente nei bevitori sociali e in quelli a rischio. Il fosfatidiletanolo comprende un gruppo di fosfolipidi omologhi presenti nelle membrane cellulari che si formano in presenza di etanolo. Non sono stati riportati valori di PEth falsi positivi ed è un marcatore che può essere rilevato nel sangue tra le 2 e le 4 settimane dopo l’ingestione.
«Il consumo moderato di alcol, che corrisponde a 6-12 bicchieri di vino a settimana, è probabile che aumenti il rischio di sviluppare gravi danni al fegato (cirrosi) e insufficienza epatica in futuro nei soggetti con steatosi epatica associata alla sindrome metabolica» ha affermato l’autore senior dello studio Stergios Kechagias, professore di medicina interna nel dipartimento di salute, medicina e scienze della cura presso l’Università di Linköping in Svezia. «Il rischio più elevato è stato osservato nei soggetti con diabete di tipo 2».
Uno studio prospettico svedese
I ricercatori hanno condotto uno studio prospettico trasversale su 86 adulti con NAFLD dimostrata da biopsia epatica. I partecipanti sono stati sottoposti a un colloquio e una valutazione clinica che includeva la storia della malattia, a questionari e analisi del sangue. Il consumo di alcol è stato misurato tramite un colloquio, le risposte a un questionario sul test di identificazione dei disturbi da consumo di alcol (AUDIT-C) e i risultati del test del fosfatidiletanolo.
I partecipanti sono stati divisi in un gruppo con fibrosi allo stadio da 0-2 (n=71) e in uno con fibrosi avanzata allo stadio 3 o 4 (n=15). Nel secondo gruppo il consumo settimanale di alcol era più elevato rispetto ai soggetti con basso grado di fibrosi, sia nell’AUDIT-C (47,5 g contro 27,6 g) che nelle risposte al colloquio (56,3 g contro 31,2 g).
Sono quindi stati ulteriormente suddivisi in quattro gruppi per determinare l’eventuale associazione tra il diabete di tipo 2 e la fibrosi avanzata. Il primo gruppo aveva un basso consumo di alcol e non era diabetico, il secondo aveva un basso consumo di alcol e il diabete di tipo 2, il terzo aveva un consumo moderato di alcol senza diabete e l’ultimo era composto da partecipanti con consumo moderato di alcol e diabete di tipo 2. Quelli con un consumo moderato di alcol hanno riferito di aver bevuto più di 66 g a settimana nell’AUDIT-C e più di 96 g a settimana durante il colloquio e avevano un valore di fosfatidiletanolo di almeno 50 ng/ml.
Maggior rischio di fibrosi avanzata con il diabete
Rispetto ai pazienti con un consumo di alcol fino a 2,99 g a settimana, quelli con diabete di tipo 2 e un consumo moderato di alcol avevano un rischio più elevato di sviluppare una fibrosi avanzata, indipendentemente dalla valutazione. I risultati dell’AUDIT-C sono stati associati al rischio più elevato di fibrosi avanzata (OR aggiustato 9,7), seguito dalle risposte al colloquio (aOR 8,5) e dai valori di fosfatidiletanolo (aOR 5,5).
«Le evidenze supportano il fatto che un modesto consumo di alcol comporti dei benefici sul rischio di sindrome metabolica, resistenza all’insulina e malattie cardiovascolari», ha detto Kechagias. «Tuttavia, anche se potrebbe avere alcuni effetti protettivi, è molto probabile che sia dannoso per il fegato nei soggetti con diabete di tipo 2 e fegato grasso. Agli adulti con diabete e NAFLD dovrebbe essere consigliato di consumare meno alcol per ridurre il rischio di fibrosi avanzata».
«Molti pazienti non riferiscono al medico la quantità esatta di alcol che assumono, perché non la ricordano o perché, per qualche motivo, non vogliono farlo» ha concluso. «Abbiamo dimostrato che la misurazione dei livelli ematici di fosfatidiletanolo è uno strumento affidabile per la valutazione del consumo di alcol. Anche ai soggetti con diabete di tipo 2 e fegato grasso con valori di fosfatidiletanolo di almeno 50 ng/ml bisognerebbe raccomandare di assumere meno alcol».
Bibliografia
Blomdahl J et al. Moderate alcohol consumption is associated with advanced fibrosis in non-alcoholic fatty liver disease and shows a synergistic effect with type 2 diabetes mellitus. Metabolism. 2020 Nov 25;115:154439.