Cancro del seno iniziale HR+/HER2- ad alto rischio: dalla ricerca nuove conferme per abemaciclib aggiunto alla terapia endocrina
L’aggiunta dell’inibitore delle chinasi ciclina-dipendenti 4 e 6 (CDK 4/6) abemaciclib alla terapia endocrina adiuvante standard migliora i tassi di sopravvivenza libera da malattia invasiva (IDFS) in pazienti con carcinoma mammario in stadio iniziale. ad alto rischio, con linfonodi positivi, recettori ormonali positivi (HR+) e recettori del fattore di crescita dell’epidermide umano 2 negativi (HER2-).
Lo confermano nuovi dati aggiornati dello studio di fase 3 monarchE, presentati al San Antonio Breast Cancer Symposium (SABCS) 2020.
Inoltre, nei pazienti trattati con la combinazione di abemaciclib e la terapia endocrina si è osservata una riduzione di quasi il 30% del rischio di recidiva di malattia invasiva o decesso rispetto ai pazienti sottoposti alla sola terapia endocrina.
Il problema delle recidive
«Circa il 20% dei pazienti con cancro del seno HR+ in stadio iniziale sviluppa una recidiva nei primi 10 anni, spesso sotto forma di carcinoma metastatico incurabile», ha ricordato l’autrice principale dello studio, Priya Rastogi, dell’Università di Pittsburgh e direttrice medica della National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project (NSABP) Foundation.
«Il rischio di recidiva è più elevato nei pazienti in cui la neoplasia presenta alcuni fattori di rischio clinici e/o istopatologici, come un numero elevato di linfonodi positivi, dimensioni rilevanti o un’elevata proliferazione cellulare valutata sulla base del grado del tumore o dei biomarcatori», ha continuato Rastogi. «Per questa popolazione di pazienti esiste un chiaro bisogno di nuove opzioni terapeutiche in grado di prevenire la ricomparsa del tumore».
Abemaciclib e lo studio monarchE
Abemaciclib è un inibitore di CDK 4/6 approvato nell’Unione europea per il trattamento di donne con carcinoma della mammella localmente avanzato o metastatico HR+/HER2-, in associazione con un inibitore dell’aromatasi o fulvestrant, come terapia endocrina iniziale, o in donne che hanno ricevuto una precedente terapia endocrina.
Lo studio monarchE è un trial nel quale abemaciclib più la terapia endocrina adiuvante è stato confrontato con la sola terapia endocrina in 5637 pazienti con carcinoma mammario in stadio iniziale HR+/HER2– ad alto rischio, con linfonodi positivi.
Dopo l’intervento chirurgico e la radioterapia e/o la chemioterapia, in base a come indicato dai curanti, i pazienti sono stati assegnati in modo casuale a ricevere la terapia endocrina adiuvante standard con o senza abemaciclib (150 mg due volte al giorno per 2 anni).
I criteri di inclusione includevano la presenza di almeno quattro linfonodi positivi o da uno a tre linfonodi positivi in combinazione con una malattia di grado 3, un tumore di almeno 5 cm o un valore elevato dell’indice di proliferazione Ki-67 valutato centralmente (dove “valore elevato” era definito come una positività di almeno il 20% nelle cellule tumorali). Livelli elevati di Ki-67 sono indicativi di un tumore aggressivo a crescita rapida, con maggiore probabilità di recidiva.
L’endpoint primario del trial era l’IDFS, mentre erano endpoint secondari l’IDFS nel sottogruppo di 2498 pazienti con Ki-67 elevato, la sopravvivenza libera da ricadute a distanza (DRFS), la sopravvivenza globale (OS), la sicurezza, i patient-reported outcomes (PRO) e la farmacocinetica.
Riduzione del rischio di malattia invasiva con abemaciclib
Risultati di un’analisi ad interim precedente del trial hanno mostrato, dopo un follow-up mediano di 15,5 mesi, una riduzione del rischio di malattia invasiva del 25,3% nel gruppo trattato con abemaciclib in aggiunta alla terapia endocrina (HR 0,747; IC al 95% 0,598-0,932; P a 2 code = 0,0096). Inoltre, il tasso di IDFS a 2 anni è risultato del 92,2% nel braccio assegnato alla combinazione con abemaciclib e 88,7% nel braccio sottoposto alla sola terapia endocrina.
La nuova analisi presentata al SABCS si riferisce a dati con un follow-up mediano di 19 mesi.
Al momento di quest’analisi, 1437 pazienti (il 25,5%) avevano completato il periodo di trattamento di 2 anni e 3281 (il 58,2%) erano ancora in trattamento attivo.
Rispetto ai pazienti trattati con la sola terapia endocrina, quelli che hanno ricevuto anche abemaciclib hanno mostrato un rischio ridotto del 28,7% di malattia invasiva o decesso (HR 0,713; IC al 95% 0.583-0.871; P a due code = 0,0009).
Inoltre, a 2 anni, il tasso di IDFS è risultato del 92,3% nel braccio assegnato alla combinazione e dell’89,3% nel braccio trattato con la sola terapia endocrina.
Con aggiunta di abemaciclib, meno ricadute a distanza e beneficio anche con Ki-67 elevato
L’aggiunta dell’inibitore di CDK 4/6 alla terapia endocrina ha dimostrato di fornire un beneficio significativo anche sul fronte delle ricadute a distanza.
Infatti, nel braccio trattato con abemaciclib i ricercatori hanno riscontrato una riduzione del rischio di ricadute a distanza o decesso del 31,3% rispetto al braccio di controllo (HR 0, 687; IC al 95% 0.551-0.858; P a due code = 0.0009), e, di nuovo, un miglioramento del tasso di DRFS a 2 anni, che è risultato rispettivamente del 93,8% contro 90,8%.
Gli autori hanno analizzato i risultati anche nel sottogruppo di pazienti con Ki-67 elevato, nel quale il beneficio dell’aggiunta di abemaciclib alla terapia endocrina è risultato ancora più significativo.
In questa popolazione, infatti, il braccio assegnato alla combinazione con l’inibitore di CDK 4/6 ha mostrato un rischio di malattia invasiva o decesso ridotto del 30,9% rispetto al braccio di controllo (HR 0,691; IC al 95% 0,519-0,920; P a 2 code = 0,0111), con tassi di IDFS a 2 anni rispettivamente del 91,6% e dell’87,1%.
Profilo di sicurezza di abemaciclib confermato
Dal punto di vista della sicurezza, i dati sono risultati coerenti con quelli riportati nella seconda analisi ad interim dello studio, e con il profilo di tollerabilità già noto di abemaciclib, senza mostrare nuove tossicità.
La maggior parte delle sospensioni del trattamento dovute a eventi avversi si sono verificate entro i primi 5 mesi. Inoltre, la maggior parte dei pazienti che ha richiesto sospensioni delle somministrazioni o riduzioni del dosaggio ha potuto rimanere in trattamento.
In quest’ultima analisi, gli eventi avversi più comuni sono stati la diarrea, l’affaticamento e la neutropenia, ha riferito Rastogi. Eventi avversi rari sono stati, invece, la pneumopatia interstiziale e il tromboembolismo venoso.
In conclusione
«I dati relativi ad abemaciclib indicano un beneficio consistente dell’inibitore in tutti i sottogruppi di pazienti», ha commentato Rastogi.
«Questi risultati possono rappresentare un importante passo avanti nei trattamenti sviluppati negli ultimi due decenni per le persone con una diagnosi di carcinoma mammario iniziale HR+ e HER2–, ad alto rischio, con linfonodi positivi. I dati clinicamente significativi che emergono da questa analisi hanno il potenziale di cambiare il modo in cui viene trattato questo tipo di tumore del seno», ha concluso l’autrice.
Lo studio monarchE, intanto, proseguirà fino alla valutazione finale dell’OS e tutti i pazienti saranno seguiti per 10 anni.
P. Rastogi, et al. Primary outcome analysis of invasive disease-free survival for monarchE: abemaciclib combined with adjuvant endocrine therapy for high risk early breast cancer. SABCS 2020, abstract GS1-01
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