Le Sardine di Bologna senza piazza ripartono dagli orti. Il raccolto nelle mense delle Cucine Popolari di Roberto Morgantini: “Pure questa è politica”
“Molte persone che non conoscevano le Cucine popolari adesso fanno i volontari anche lì, e praticamente tutti lasciano l’intero raccolto alla mensa”. Le Sardine di Bologna, in pochi mesi, hanno raggiunto il loro obiettivo di “fare politica in modo concreto”, trovando un sistema alternativo per fare aggregazione dopo che l’emergenza sanitaria ha ‘tolto’ le piazze da riempire con concerti e manifestazioni. Da agosto infatti, a Bologna, nella prima periferia del Pilastro in zona Caab (e a pochi passi da Fico), le Sardine gestiscono circa 35 orti, aiutati da un team di 80 volontari tra italiani, stranieri, giovani e anziani. Tutti insieme, lavorano la terra per un obiettivo comune: coltivare ortaggi per fare solidarietà. Lo scopo iniziale del progetto, infatti, era assegnare ai volontari degli orti da coltivare liberamente senza pagare alcuna somma, a patto però che metà del raccolto finisca nelle mense delle Cucine Popolari di Roberto Morgantini, che a Bologna servono circa 300 pasti al giorno a chi è più fragile economicamente. “Adesso però molti decidono di portare tutto il raccolto alla mensa”, raccontano alla Dire (www.dire.it) Andrea Garreffa e Giulia Trappoloni, due dei quattro fondatori delle Sardine di Bologna. Non solo, visto che tra le ‘regole’ per la gestione degli orti popolari c’è anche quella che siano gli stessi proprietari degli appezzamenti a consegnare le cassette di frutta e verdura alle Cucine popolari, molti dei ‘contadini urbani’ adesso sono diventati anche volontari alla mensa popolare.