Covid-19: il progetto PAPSEN a sostegno della popolazione africana e delle zone rurali e più isolate del Senegal, come la Casamance
La pandemia Covid-19 sta mettendo in ginocchio il sistema economico e sanitario globale. Nonostante la malattia sia meno diffusa nell’Africa subsahariana, il Covid-19 non ha risparmiato le zone rurali e più isolate del Senegal, come la Casamance, dove ha aggravato l’insicurezza alimentare e la situazione economica delle famiglie più vulnerabili.
Per limitare la diffusione della malattia, lo Stato senegalese ha introdotto varie misure tra cui il divieto di spostamento, assembramento e il coprifuoco. Allo stesso tempo, ha assicurato il funzionamento delle filiere alimentari prevenendo una crisi alimentare e riducendo gli impatti negativi sull’economia attraverso l’aiuto alimentare e la distribuzione di input agricoli a prezzi agevolati o gratuiti. Di fianco allo Stato, i programmi italo-senegalesi PAPSEN PAIS e il progetto PAPSEN PAIS Assistenza Tecnica e Ricerca per lo Sviluppo (PP AT&RD), fondato dall’Istituto per la BioEconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) e il partner Senegalese, Institut sénégalaise de recherches agricoles (Isra), cofinanziati dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo (AICS), hanno sostenuto le donne produttrici di riso in due delle tre regioni della Casamance, quelle di Sédhiou e Kolda, distribuendo sementi e fornendo assistenza tecnica.
Al fine di comprendere gli effetti del Covid-19 sulla vulnerabilità economica e alimentare delle famiglie produttrici di riso e il ruolo rivestito dalla risicoltura durante un momento così complicato, il CNR nel quadro del progetto PPAT&RD ha lanciato una campagna di raccolta dati in 23 valli risicole della Casamance. L’indagine è stata condotta tra ottobre e novembre 2020 da venticinque intervistatori e ha coinvolto 1.339 produttrici, un campione rappresentativo della popolazione di riferimento.
La coltivazione del riso in queste zone è un’attività cruciale per la sussistenza delle famiglie ed è quasi esclusivamente femminile: sebbene le donne rivestano un ruolo chiave nell’agricoltura e nella sicurezza alimentare sono costrette a produrre l’alimento base della loro dieta, il riso, in presenza di vincoli di natura economica, sociale e culturale. Tali difficoltà contribuiscono a farle rimanere tra la parte di popolazione più vulnerabile in Senegal.
Nonostante il loro isolamento e l’accesso limitato alle informazioni, il 92% delle produttrici è a conoscenza del Covid-19 e si dichiara molto preoccupata per la pandemia che le ha colpite soprattutto in ambito economico, alimentare e sanitario. Al fine di prevenire la diffusione della malattia, l’84% delle risicultrici ha adottato almeno un meccanismo di protezione come l’utilizzo della mascherina, di disinfettanti o il distanziamento fisico.
La maggior parte di queste famiglie, 93%, ha riscontrato gravi difficoltà nell’accesso e nella disponibilità del cibo a causa del divieto di spostamento (55%), della mancanza di denaro (56%), della chiusura dei mercati settimanali (27%), di un calo di disponibilità di prodotti nei negozi (22%) e del conseguente aumento dei prezzi (45%). La pandemia ha quindi contribuito al deterioramento della sicurezza alimentare già minacciata dalla scarsa stagione agricola dell’anno 2019. In particolare, il 71% dichiara di aver dovuto saltare un pasto e il 10% che ha dovuto digiunare per un giorno intero, infine, il 3% è stata costretta a razionare il cibo per garantirsi ogni pasto.
Per compensare la mancanza di cibo, le produttrici hanno utilizzato scorte alimentari (64%), risparmi (47%), venduto bestiame (45%) e acquistato cibo più economico (38%). In questo contesto, il ruolo del governo è stato fondamentale: Il 90% delle produttrici afferma di aver ricevuto un aiuto alimentare da parte dello stato.
Queste famiglie, inoltre, si trovano in condizione di povertà estrema, il 77% ha un reddito mensile inferiore a 100.000 Fcfa (170 €) e il COVID-19 ha contribuito a inasprire tale situazione: l’87% delle produttrici dichiara che la situazione economica della famiglia è peggiorata rispetto allo scorso anno. Infatti, il 78% riferisce che almeno un membro della famiglia ha perso o ha dovuto interrompere il proprio lavoro a causa del divieto di spostamento, per l’interruzione dell’attività o la riduzione del personale e / o per il divieto di assembramento.
In un momento così complicato, la coltivazione del riso ha rappresentato un’importante strategia di resilienza: nonostante le difficoltà economiche, il 56% delle produttrici ha scelto di investire nella produzione di riso, aumentando il numero di parcelle coltivate. Questa scelta coraggiosa è stata resa possibile grazie al sostegno all’agricoltura e alla risicoltura da parte delle istituzioni e progetti: le produttrici hanno infatti aumentato la produzione grazie alla maggiore disponibilità di input e di materiale agricolo. Infine, anche la maggiore disponibilità di manodopera famigliare, dovuta alla perdita del lavoro da parte di alcuni membri della famiglia, le ha incoraggiate a investire nella risicultura.
Il Covid-19 e le sue forti ripercussioni sulla sicurezza alimentare ed economica hanno evidenziato il ruolo cruciale della coltivazione del riso come mezzo di sostentamento e di resilienza della parte più vulnerabile della popolazione e che per l’83% continua a indicare la coltivazione del riso come il primo settore d’investimento per il prossimo anno.
Lo studio e la raccolta dati sono stati svolti dal team multidisciplinare del progetto PP AT&RD che è cofinanziato dall’Agenzia Italiana par la Cooperazione allo Sviluppo (AICS).
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