Studio pubblicato su The Lancet Digital Health: su oltre un milione di pazienti i farmaci antipertensivi non hanno aumentato il rischio Covid-19
“Le persone con ipertensione hanno esiti COVID-19 peggiori, e rimane la speculazione che alcuni farmaci antipertensivi possano essere dannosi. La risposta chiara è che gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) o i bloccanti del recettore dell’angiotensina (ARBs) non comportano un aumento del rischio rispetto ad altri trattamenti”. E’ quanto dichiara Marc Suchard, professore di biostatistica della UCLA Fielding School, che ha guidato una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Digital Health.
Lo studio, il più grande del mondo su questo tema, ha esaminato i dati di oltre 1,1 milioni di pazienti negli Stati Uniti e in Spagna che usano antipertensivi. Ha messo in luce come due tipi di farmaci per la pressione sanguigna ampiamente utilizzati non sono legati a un aumento del rischio di infezione o complicazioni da COVID-19.
Il team internazionale guidato da Suchard ha scoperto che non c’è stato un aumento del rischio di diagnosi di COVID-19, ospedalizzazione o complicazioni successive per gli utenti di inibitori ACE inibitori o di ARB.
Questa studio che ha valutato dati provenienti dalla real life, generata attraverso approcci di open-science, supporta le recenti raccomandazioni normative e cliniche che i pazienti non dovrebbero interrompere la terapia con ACE inibitori o ARB a causa delle preoccupazioni di un aumento del rischio COVID-19.
“Sulla base dei nostri risultati, se c’è una differenza di rischio, è marginale e il dato sarebbe molto difficile da raffinare ulteriormente al di fuori di uno studio internazionale su larga scala”, ha detto Suchard.
Il team ha incluso più di 30 studiosi da più di 20 diverse università e centri di ricerca, tra cui UCLA, Columbia University, l’Università di Oxford, Yale University e l’Università di Dundee nel Regno Unito.
“Confrontando le persone esposte all’ACE inibitore e agli ARB con quelle che prendono altri antipertensivi, da soli o in combinazione, usando due metodi su tre database, lo studio ha generato 1280 confronti per valutare la sicurezza di questi farmaci, producendo risultati altamente coerenti”, ha detto il coautore Dr. Daniel Morales, ricercatore del Wellcome Trust presso l’Università di Dundee.
Il lavoro è stato condotto sotto l’egida della comunità Observational Health Data Services and Informatics (OHDSI). OHDSI è una collaborazione globale, multi-stakeholder e interdisciplinare che mira a far emergere il valore dei dati sanitari attraverso analisi su larga scala e un approccio open-science al fine di generare le prove che promuovono migliori decisioni sanitarie e una migliore assistenza.
“La scienza aperta e la collaborazione sono principi della comunità OHDSI, e non sono mai stati più importanti che all’inizio di questa pandemia, quando tutti noi sapevamo molto poco su questioni critiche come i rischi antipertensivi intorno a COVID-19”, ha detto il co-autore Dr. George Hripcsak, presidente del dipartimento di informatica biomedica della Columbia, il centro di coordinamento per OHDSI, e un membro del Columbia Data Science Institute. “La nostra comunità ha collaborato per anni per sviluppare l’analitica di alto livello che ha impostato il corso di questi studi, e il nostro credo nella collaborazione internazionale attraverso la scienza aperta ci ha permesso di generare questi dati affidabili e riproducibili dei pazienti COVID che possono informare e sostenere il processo decisionale critico per questo e altri problemi che sfidano la nostra comunità sanitaria”.
Metodologia dello studio
Il team ha fatto un sistematico e completo studio di coorte federato a confronto attivo facilitato da un modello di dati comune. Il protocollo per gli studi International Covid-ACE Receptor Inhibition Utilization and Safety (ICARIUS) stato redatto e realizzato da un team internazionale di soggetti clinici, accademici, governativi e industriali attraverso la rete Observational Health Data Sciences and Informatics (OHDSI)
Lo studio è stato finanziato dal Wellcome Trust, dal National Institute for Health Research del Regno Unito, dal National Institutes of Health degli Stati Uniti, dal Department of Veterans Affairs degli Stati Uniti, da Janssen Research & Development, da IQVIA, dal Ministry of Health and Welfare Republic della Corea del Sud, dall’Australian National Health and Medical Research Council e dall’European Health Data and Evidence Network.
Riferimenti
Morales, Conover, You et al. (2020) Renin–angiotensin system blockers and susceptibility to COVID-19: an international, open science, cohort analysis. The Lancet Digital Health.
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