Etiopia: l’Unicef esprime grande preoccupazione per i bambini dopo 12 settimane di conflitto nel Tigray tra ribelli e governativi
“Quel poco che sappiamo sull’impatto del conflitto sui bambini nel Tigray – dalle limitate informazioni dei partner e delle Nazioni Unite – è profondamente preoccupante. Nel Tigray, le vaccinazioni si sono fermate. Le infrastrutture civili, comprese le strutture sanitarie, sono state danneggiate o distrutte e gli aiuti essenziali rubati. C’è poco carburante perché i sistemi idrici e igienico sanitari possano continuare a funzionare. I bambini nella maggior parte dell’Etiopia sono tornati a scuola in seguito alle restrizioni per il COVID-19 – eccetto i circa 1,3 milioni di bambini in età scolare nel Tigray. Ci sono notizie di 300 bambini non accompagnati o separati tra i rifugiati scappati in Sudan e potenzialmente molti altri tra le migliaia di sfollati interni”. E’ quanto riferisce Henrietta Fore dell’Unicef sulle violenze nel Tigray, in Etiopia, scoppiate nelle scorse settimane.
Secondo una valutazione degli impatti condotta dai partner all’inizio di gennaio nell’area dello Shire, i tassi di malnutrizione acuta grave arrivano fino al 10% tra i bambini sotto i 5 anni. Un dato molto al di sopra della soglia di emergenza dell’OMS del 3%, che potrebbe potenzialmente mettere a rischio le vite di circa 70.000 bambini. Il livello globale di malnutrizione acuta è arrivato fino al 34% – dato che fa crescere la preoccupazione per i bambini colpiti, che potrebbero incorrere in una forma di malnutrizione pericolosa per la vita.
“A causa delle restrizioni all’accesso, le nostre conoscenze sulla situazione sono veramente molto limitate. La nostra preoccupazione è che quello che non sappiamo potrebbe essere ancora più allarmante. Per 12 settimane, la comunità umanitaria internazionale ha avuto accesso molto limitato alle popolazioni colpite dal conflitto nella maggior parte del Tigray. La piccola ma cruciale apertura che ha consentito all’UNICEF e ai suoi partner di inviare 29 camion con aiuti di emergenza per la nutrizione, salute e protezione dei bambini, è stato un passo nella direzione giusta, ma neanche lontanamente vicino al livello di accesso e alla quantità di supporto effettivamente necessari”.
“Oltre alla distribuzione di aiuti, è essenziale riprendere l’erogazione dei servizi. Affinché questo accada, gli stipendi dei dipendenti pubblici devono essere pagati e deve essere garantito l’accesso al personale umanitario per aiutare le autorità regionali a valutare i crescenti bisogni, identificare le priorità e fornire i servizi tanto necessari. Tutte le parti in conflitto hanno l’obbligo fondamentale di consentire un accesso rapido, continuo e senza ostacoli ai civili che hanno bisogno di aiuto. Gli attori umanitari richiedono autorizzazioni incondizionate e generali per far entrare personale e merci. L’unica cosa che sappiamo è che ogni altro giorno di attesa di aiuti peggiorerà soltanto le sofferenze dei bambini” conclude Fore.