Tumore del seno, mortalità in calo del 6% dal 2015. Necessaria la norma attuativa per usare la somma destinata dalla Legge di Bilancio alle analisi molecolari
Le morti per tumore della mammella diminuiscono in modo sostanziale in Italia. Dal 2015 a oggi, si stima una riduzione dei decessi superiore al 6% (-6,4%) per la neoplasia più frequente nel nostro Paese (54.976 casi nel 2020). Un risultato molto importante, ottenuto grazie ai programmi di screening, che consentono di individuare la malattia in fase iniziale, e a terapie sempre più efficaci. Oggi, infatti, in Italia vivono più di 834mila donne dopo la diagnosi, con una sopravvivenza a 5 anni che raggiunge l’87%. I test genomici, in alcune tipologie di pazienti colpite da cancro del seno, consentono di prevedere il rischio di recidiva e, quindi, di escludere la chemioterapia in aggiunta all’ormonoterapia dopo l’intervento chirurgico, evitando inutili tossicità. Possono costituire anche un’arma in più nella lotta alla pandemia. Per questo oncologi e pazienti, oggi in una conferenza stampa virtuale, chiedono che sia subito approvato il decreto attuativo che può sboccare i 20 milioni di euro stanziati dalla Legge di Bilancio per l’applicazione gratuita dei test genomici su tutto il territorio.
“La chemioterapia aumenta la probabilità di contrarre il Covid-19 e ne incrementa la letalità, attraverso una diminuzione delle difese immunitarie – spiega Francesco Cognetti, Presidente Fondazione Insieme contro il Cancro e Direttore Oncologia Medica Regina Elena di Roma -. Pertanto, gli strumenti che consentono di evitare trattamenti aggressivi non necessari sono un importante presidio anche contro la pandemia. Lo scorso dicembre, la Commissione Bilancio della Camera dei Deputati ha approvato un emendamento al Disegno di Legge di Bilancio, istituendo un Fondo di 20 milioni di euro per il rimborso diretto delle spese sostenute dagli ospedali per l’acquisto dei test genomici nelle donne con carcinoma mammario ormonoresponsivo in stadio precoce. Il provvedimento è stato inserito nella Legge di Bilancio 2021. Si tratta di un risultato molto importante a favore delle donne colpite dalla malattia e ringraziamo il Governo e il Parlamento per l’impegno nell’approvazione della norma. È necessario un decreto attuativo da parte del Ministero della Salute per sbloccare i 20 milioni di euro del Fondo. Garantire subito l’accesso ai test genomici su tutto il territorio è una battaglia di civiltà”.
“L’introduzione dei test genomici nel percorso clinico delle donne colpite da carcinoma mammario rappresenta un esempio virtuoso di sinergia tra Istituzioni, pazienti e comunità scientifica, costituendo un modello di terapia personalizzata economicamente sostenibile e integrato con i percorsi diagnostico-terapeutici tradizionali – sottolinea Pierpaolo Sileri, Vice Ministro della Salute -. È importante che queste pazienti possano avere subito accesso alle analisi molecolari. Inoltre, in questa fase di emergenza sanitaria, l’utilizzo dei test può evitare a pazienti, per le quali risulta inappropriata la chemioterapia, di abbassare le proprie difese immunitarie e di esporsi ad ulteriori rischi di contagio da Covid-19, alleggerendo il carico per gli ospedali già sottoposti a forte stress organizzativo”.
Questi esami sono raccomandati dalle linee guida dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) e dalle più importanti linee guida internazionali, come quelle della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), del National Comprehensive Cancer Network (NCCN) e della St. Gallen International Breast Cancer Conference. “I test genomici, utilizzati nei principali Paesi europei, in Italia sono gratuiti solo in Lombardia, Toscana e nella Provincia Autonoma di Bolzano, che ne hanno approvato la rimborsabilità – afferma Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia -. La norma inserita nella Legge di Bilancio è molto importante, perché va nella direzione di uniformare su tutto il territorio l’accesso a queste analisi molecolari. Occorre ora che l’iter normativo per usufruire delle risorse stanziate dal Governo si concluda al più presto e che i test siano rapidamente messi a disposizione di tutte le donne che possono beneficiarne. Europa Donna fra pochi giorni avvierà una campagna nazionale sui social network al fine di sollecitare l’accelerazione dei processi di emanazione del Decreto del Ministro della Salute, in assenza del quale i fondi stanziati rischierebbero di restare inutilizzati”.
Circa il 70% dei casi di tumore della mammella è di tipo luminale, cioè esprime i recettori estrogenici ma non la proteina HER2 (ER+/HER2-). “Dopo la chirurgia, il trattamento sistemico prevede l’utilizzo della terapia ormonale nei casi considerati a basso rischio oppure l’aggiunta della chemioterapia adiuvante (cioè dopo l’intervento chirurgico) alla terapia ormonale, in presenza di un rischio elevato – sottolinea Saverio Cinieri, Presidente eletto AIOM e Direttore Oncologia Medica e Breast Unit dell’Ospedale ‘Perrino’ di Brindisi -. Nella malattia luminale a rischio ‘intermedio’, sussiste però una significativa incertezza terapeutica, perché nelle linee guida internazionali e nazionali non vi sono indicazioni vincolanti su quando sia possibile omettere la chemioterapia o quando invece sia necessario somministrarla. Questi casi si collocano in una sorta di ‘zona grigia’, in cui la scelta della corretta terapia successiva all’intervento chirurgico è impegnativa, anche perché i parametri clinico-patologici tradizionali si sono dimostrati poco selettivi nell’identificare le pazienti a cui la chemioterapia può essere risparmiata. I test genomici valutano gruppi di geni espressi in uno specifico tessuto, studiandone le funzioni e le modalità con cui interagiscono tra loro. Forniscono, cioè, il profilo molecolare personalizzato di un tumore. E rappresentano uno strumento estremamente importante per i medici, aiutandoli a decidere in quali pazienti la chemioterapia è realmente utile. Comportano quindi evidenti benefici clinici, migliorano la qualità di vita delle donne e permettono risparmi consistenti per il Sistema Sanitario”.
L’emendamento che ha istituito il Fondo di 20 milioni di euro per i test genomici è stato presentato da Vito De Filippo, membro della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. “La ratio della norma – spiega l’on. De Filippo – è garantire a una specifica categoria di donne, con determinate caratteristiche del tumore della mammella, di evitare chemioterapie inutili sulla base di informazioni genomiche fornite dai test. Estendere l’utilizzo delle analisi molecolari permettendo un equo accesso a tutte le donne, indipendentemente dalla Regione di residenza, è non solo una questione di civiltà, ma anche un importante strumento di razionalizzazione delle risorse”.
Nel 2018, i risultati del più ampio studio mai realizzato sul carcinoma mammario in ambito adiuvante, TAILORx, sono stati presentati al congresso ASCO e pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica The New England Journal of Medicine. “Lo studio, che ha coinvolto più di 10.200 donne con tumore del seno ormonosensibile, senza espressione di HER2 e senza coinvolgimento dei linfonodi, ha dimostrato che la maggior parte delle pazienti con tumore al seno in stadio precoce può evitare la chemioterapia – conclude il Prof. Cognetti -. In particolare, un test genomico a 21 geni è in grado di identificare la quota di donne (20%) che può trarre un reale beneficio dalla chemioterapia e che non sarebbe stata selezionata con i sistemi tradizionali e la percentuale maggioritaria (80%) che, nel complesso, non ottiene beneficio dalla chemioterapia. Possiamo, quindi, stimare circa quattro trattamenti chemioterapici evitati ogni cinque test genomici eseguiti. Il valore clinico dei test genomici è stato confermato anche da sperimentazioni condotte in Italia. Nello studio PONDx, realizzato dal Regina Elena di Roma su 1.738 pazienti, più di un terzo ha evitato una chemioterapia che, senza test, sarebbe stata praticata”. È dimostrato che il test genomico a 21 geni può evitare chemioterapie superflue anche nella maggior parte delle donne in postmenopausa con carcinoma della mammella in stadio iniziale con linfonodi positivi, cioè nei casi a maggior rischio di recidiva, come evidenziato dallo studio di fase III RxPONDER, presentato lo scorso dicembre al ‘San Antonio Breast Cancer Symposium’, il più importante congresso internazionale dedicato a questa neoplasia.