Emergenza Covid, l’Istituto Superiore di Sanità: tasso di letalità a ottobre del 2,4% contro il 6,6% della prima ondata ma il dato è controverso
La letalità di Covid-19 in Italia nella seconda fase dell’epidemia è del 2,4% a ottobre e dell’1,5% nei mesi estivi, più bassa rispetto al 6,6% della prima fase durante la quale però l’accessibilità rallentata ai test diagnostici e la diversa distribuzione geografica dei casi potrebbero aver fornito un dato distorto. Il calcolo è contenuto in un rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) dove sono presentate anche le stime a livello regionale e in riferimento alle diverse fasi dell’epidemia.
Secondo il report, tra i casi confermati diagnosticati fino a ottobre, la percentuale di decessi standardizzata per sesso ed età (il cosiddetto ‘Case Fatality Rate’ o Cfr) è stata complessivamente del 4,3%, con appunto ampie variazioni nelle diverse fasi dell’epidemia: 6,6% durante la prima fase (febbraio-maggio), 1,5% nella seconda fase (giugno-settembre) e 2,4% tra i casi diagnosticati a ottobre. Lo studio sulla letalità è stato condotto utilizzando il database dei casi Covid-19 confermati con test molecolare e notificati al sistema di sorveglianza da inizio epidemia (20 febbraio 2020) al 31 ottobre 2020 dalle Regioni/Pa.
In particolare, sono stati conteggiati i decessi avvenuti entro 30 giorni dalla diagnosi, e il Cfr è stato calcolato standardizzando i tassi per tener conto delle differenze regionali nella struttura demografica della casistica. Il Cfr standardizzato, spiega l’Iss, presenta una variabilità a livello regionale, con i più alti valori osservati in Lombardia (5,7%) ed Emilia Romagna (5,0%), mentre i livelli più bassi si rilevano in Umbria (2,3%) e Molise (2,4%)”.
Nell’interpretare le differenze regionali di Cfr, è importante tenere in considerazione la tempistica con cui l’epidemia si è manifestata nei diversi ambiti territoriali. L’epidemia ha colpito prevalentemente l’area settentrionale del Paese durante la prima ondata (febbraio-maggio), per poi estendersi più diffusamente sull’intero territorio nazionale nelle fasi successive – si legge nel documento – Questa disparità nella distribuzione dei casi nel tempo potrebbe spiegare parte delle differenze del Cfr regionale riferite all’intero periodo esaminato”. Alcune delle differenze regionali che emergono dall’analisi condotta sull’intero periodo (febbraio-ottobre) appaiano infatti meno pronunciate e talvolta invertite quando i Cfr regionali sono confrontati separatamente per ciascuna fase epidemica, evidenziano i ricercatori.