Vasculiti ANCA-associate, terapia di mantenimento con glucocorticoidi associata a infezioni severe e rischio più elevato di mortalità
Nei pazienti affetti da vasculiti ANCA-associate (AAV), il ricorso ad una terapia di mantenimento con glucocorticoidi (GC) aumenta il rischio di complicanze da infezioni severe e la mortalità, mentre non ha alcun effetto sul tempo alla recidiva. Lo dimostrano i risultati di uno studio pubblicato su Rheumatology International.
Razionale e obiettivi dello studio
L’implementazione in terapia della ciclofosfamide prima e di rituximab successivamente, in combinazione con GC, ha migliorato in modo significativo gli outcome delle vasculiti ANCA-associate (AAV) durante gli ultimi decenni, ricordano i ricercatori nell’introduzione allo studio. Va però anche detto che l’elevato effetto immunosoppressivo indotto si associa anche ad eventi avversi seri (SAE), comprendenti le infezioni serie e l’incidenza di neoplasie, con conseguente innalzamento della mortalità. Quest’ultima risulta particolarmente aumentata durante il primo anno dall’insorgenza di malattia in ragione del riscontro di vasculite attiva e di infezioni, a sottolineare la necessità di bilanciare in modo accurato il rapido controllo delle manifestazioni di malattia potenzialmente letali senza esporre i pazienti al rischio non voluto di eccessiva immunosoppressione.
La strategia posologica ottimale per l’impiego di GC in terapia di mantenimento resta ancora oggi non determinata: “Si ritiene – spiegano gli autori dello studio – che una limitata esposizione ai GC e un inizio precoce della prassi della riduzione posologica graduale di GC si associno ad una risposta al trattamento e ad un tasso di recidive paragonabili, ma ad un minor riscontro di AE specifici legati al trattamento, con particolare riferimento alle complicanze infettive”.
“Le terapie di mantenimento a base di azatioprina (AZA) e micofenolato (MMF) – continuano – sono utilizzate, di conseguenza, per ridurre la dose cumulativa di GC. AZA sembra essere più efficace di MMF nel mantenere la remissione di AAC, con tassi di AE paragonabili. Sono recenti, inoltre, i dati di uno studio di fase 2 sull’impiego di un inibitore del recettore C5a (avacopan) nel sostituire i GC a dose elevata insieme a ciclofosfamide o RTX nei pazienti con AAV di entità lieve”.
L’obiettivo dello studio è stato quello di determinare l’impatto di una terapia di mantenimento con GC per os con dosi e durate differenti sulle complicanze infettive gravi come pure sul tasso di recidive, la sopravvivenza dei pazienti, la funzione renale nel lungo termine e il danno fisico irreversibile misurato dall’indice VDI (Vasculitis Damage Index). Lo studio si è proposto anche di studiare l’emersione e lo spettro di agenti patogeni coinvolto nelle complicanze infettive.
Disegno dello studio e risultati principali
I ricercatori hanno reclutato 130 pazienti con granulomatosi con poliagite i poliangite microscopica di nuova diagnosi, sottoposti a trattamento in due diversi centri specialistici tedeschi tra il 2004 e il 2019. Questi avevano iniziato una terapia di induzione con ciclofosfamide e GC, seguita da terapia di mantenimento con GC.
Sono stati messi a confronto gli outcome relativi a 76 pazienti sottoposti a regime di graduale riduzione posologica predefinita (<7,5 mg) con quelli relativi a 54 pazienti trattati con almeno 7,5 mg di GC, 6 mesi dopo il primo avvio della terapia di induzione.
Dai risultati è emerso che, rispetto ai pazienti trattati con dosaggi di GC <7,5 mg dopo 6 mesi, i pazienti trattati con GC con dosaggio pari almeno a 7,5 mg si sono caratterizzati per un rischio infettivo maggiore (0,6 vs. 1,7 episodi per paziente; p<0,001) – infezioni del tratto urinario (p= 0,07); polmoniti (= 0,003); polmoniti opportunistiche (p= 0,022); sepsi (p=0,008).
L’incidenza di polmoniti nel corso dei primi due anni dall’insorgenza di malattia è risultata 3 volte superiore nei pazienti in terapia di mantenimento con GC a dosaggio elevato (HR= 3; IC95%= 1,5-6,1). Inoltre, l’analisi statistica ha rivelato che la dose di GC dopo 6 mesi rappresentava il solo fattore identificato che avesse un impatto significativo sull’incidenza di polmoniti.
Non sono state osservate differenze tra gruppi in relazione al rischio e al tempo di insorgenza di recidive (p= 0,93 e p=0,8, rispettivamente), alla presenza di malattia refrattaria (p=0,67) o alla sopravvivenza dei pazienti (p=0,31).
Inoltre, dopo 4 anni di follow-up, non sono state documentate differenze tra gruppi relativamente alla funzione renale o all’insorgenza di nefropatia allo stadio finale.
Riassumendo
Nel complesso, i risultati hanno indicato che la terapia di mantenimento con GC a dosaggi pari o superiori a 7,5 mg dopo 6 mesi si associa a complicanze infettive più gravi, con un incremento della frequenza di decessi a causa di infezione. Ciò detto, la terapia di mantenimento con GC non sembra avere un effetto sul tempo all’insorgenza di un episodio di recidiva o alla sopravvivenza dei pazienti.
Nel commentare i risultati, i ricercatori hanno ammesso alcuni limiti metodologici intrinseci del lavoro, quali la ridotta numerosità del campione di pazienti considerato e una sproporzione nel numero dei pazienti appartententi ai due gruppi, con una maggiore rappresentatività di pazienti trattati con GC a dosi elevate.
“Tali dati – concludono – suggeriscono un’attenta revisione periodica delle pratiche di riduzione graduale o di sospensione del trattamento con questi farmaci durante la fase di mantenimento”.
BIbliografia
Speer C et al. Glucocorticoid maintenance therapy and severe infectious complications in ANCA‑associated vasculitis: a retrospective analysis. Rheumatol Int. Published online 22 November, 2020. doi:10.1007/s00296-020-04752-9.
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